V Redattore Sociale 20-22 novembre 1998

Acciaio e Cristalli

Notizie deboli storie forti. Presentazione della ricerca sulla gerarchia delle notizie di alcuni grandi mezzi di informazione nazionale

Incontro con Michele Sorice

 

Michele Sorice - Docente, Università La Sapienza*

Presentazione della ricerca sulla gerarchia delle notizie di alcuni grandi mezzi di informazione nazionali [1]

Una ricerca "in-utile"

La ricerca che abbiamo realizzato - io dico immediatamente e senza mezzi termini - è inutile. Difficilmente troverete qualcuno che presentando un proprio prodotto dice che quel prodotto è inutile. Non è inutile il tipo di ricerca che abbiamo svolto né sono fallaci le modalità metodologiche che l'hanno animata, l'inutilità è data dal fatto che in qualche modo dice delle cose che ci aspettavamo. È vero che non sempre le ricerche servono semplicemente a mostrare o a illuminare cose nuove hanno, anzi, fra le varie possibilità lo scopo di confermare delle tendenze evolutive già in atto oppure delle ipotesi che vengono a questo punto attraverso la ricerca stessa validate. Una delle problematiche emerse dall'Osservatorio era relativa ad una scarsa visibilità di alcuni soggetti nel sistema dell'informazione. Su questi c'erano stati già in passato degli studi, in particolare una collega di Torino Franca Roncarolo aveva realizzato degli studi molto approfonditi su come alcuni quotidiani avevano tematizzato i cosiddetti soggetti deboli e ne aveva studiato anche le modalità di rappresentazione cioè come venivano indicati e definiti. È dello scorso anno un'analoga ricerca (diversa però negli approdi metodologici e negli esiti) sulla presenza nella stampa italiana di alcuni particolari temi: quello della cooperazione internazionale e quello delle Ong organizzazioni non governative. Se dovessi in maniera molto giornalistica dire che cosa emerge direi: "un "sovradimensionamento" della politica, in particolare della politica interna e uno straordinario "sottodimensionamento" di tutte le tematiche cosiddette sociali.". Nulla di nuovo, in qualche modo ce l'aspettavamo.

Difficoltà di natura metodologica e asperità presenti

Il primo problema di natura metodologica è il periodo di rilevazione, periodo d'analisi. Abbiamo analizzato cinque settimane di quotidiani - non di tutti ovviamente ma di sei concordati col coordinamento - che rispondevano a caratteristiche di natura socio-politica e non necessariamente legati a dati di vendita. Abbiamo cercato di trovare dei testimonials che rappresentassero alcune tendenze in atto e volutamente eliminato quelli che probabilmente potevano cambiare gli esiti della ricerca. È il motivo per cui non trovate il Manifesto, l'Unità; non trovate quotidiani che tradizionalmente si occupano non soltanto di soggetti deboli. Ci interessava soprattutto tastare il polso ai grandi quotidiani nazionali: la Repubblicail Corriere della sera; giornali che in qualche modo hanno costituito una pietra miliare nella storia del giornalismo; Il Giornalenuovo, fondato da Montanelli ma approdato ad altri esiti; il Resto del carlino che copre un'area molto vasta del centro Italia e che dunque raggiunge un numero e soprattutto una qualità di persone estremamente eterogenee; il Mattino, grande e storico quotidiano del centro sud e Avvenire, giornale della Conferenze episcopale che ci interessava particolarmente anche per il tipo di relazioni che spesso si hanno con il mondo cattolico.
Quando abbiamo analizzato i giornali lo abbiamo fatto espungendo programmaticamente tutte le pagine locali. Volevamo tastare il polso alla stampa nazionale. Lo stesso osservatorio sulla comunicazione sociale del corso di laurea di scienze della comunicazione di Roma compie annualmente un monitoraggio, in particolare legato ai fenomeni di razzismo e violenza xenofoba. È un lavoro per conto del Ministro della Solidarietà e che in qualche modo riesce a darci il polso della stampa locale. Qui avevamo sei quotidiani per di più sei quotidiani che non rappresentano territorialmente l'intero paese. Fare un'analisi sulle pagine locali di questi quotidiani avrebbe significato falsare completamente il quadro di localizzazione dei fenomeni informativi. Cosa che invece è possibile avere in maniera corretta in presenza di un numero molto ampio di quotidiani locali, come facciamo con il ministero: 20 quotidiani locali uno per regione con una copertura sostanzialmente di circa il 90% del territorio nazionale.
Abbiamo scelto delle classificazioni assolutamente tradizionali; molti di voi sono professionisti, altri sono allievi delle scuole di giornalismo, sapete che le classificazioni delle tipologie informative, delle notizie, dei generi, sono soggetti a mutamenti legati a scuole di pensiero, a scuole culturali, ecc. Sapete anche che oggi si usano classificazioni abbastanza moderne relative alla tipologizzazione - brutta parola - dell'informazione. Abbiamo scelto una strada in qualche modo in contro tendenza quella di ricorrere ad una classificazione tradizionale, interni, esteri, politica, attualità, costume, ecc., proprio per cercare di puntualizzare all'interno dell'organizzazione strutturale dei giornali e dei telegiornali alcuni avvenimenti informativi e andare a studiare come alcuni soggetti venissero rappresentati.

L'informazione "spettacolarizzata"

Abbiamo fatto un'altra rilevazione contemporanea sui telegiornali, non su tutti - da qui la mia remora a parlare di sistema dell'informazione in senso pieno - i telegiornali sono soltanto tre e sono quelli che abbiamo in qualche modo riconosciuto essere a maggior peso politico e di seguito di pubblico: il Tg1 per la Rai, il Tg5 per Mediaset e TMC Newsper Telemontecarlo di Cecchi Gori. In realtà dei telegiornali ci interessava avere un quadro che ci consentisse una verifica sulla stampa. Non era possibile un'analisi sul sistema informativo televisivo studiando solo i telegiornali a dir la verità se volessimo essere corretti dovremmo studiare anche altre modalità di veicolazione dell'informazione, ad esempio il genere particolare che nasce dall'incrocio fra informazione e intrattenimento come le trasmissioni di Santoro o il programma Lerner "Pinocchio". Trasmissioni che veicolano l'informazione in forma spettacolarizzata attraverso delle modalità espositive e narrative di tipo spettacolare appunto in questo caso se volete più o meno leggero. Si tratta di un elemento molto importante nel sistema dell'informazione. Nel '94 ricorderete ci fu la prima grande campagna elettorale mediatica di questo paese: Berlusconi era sceso in campo. Questo aveva significato anche una scesa in campo del sistema dell'informazione che per la prima volta si era dedicato in maniera molto più assidua alla politica.
Da quel momento c'è stato un interesse anche di natura spettacolare alla stessa informazione politica fino ad allora abbastanza paludata. Ricorderete che le vecchie tribune elettorali erano trasmissioni estremamente interessanti spesso molto corrette ma allo stesso tempo poco vivaci, c'erano domande che non si potevano porre almeno non sempre, c'erano alcuni uomini politici che venivano invitati con un'attenzione particolare a che ci fosse poi anche il giornalista della parte avversa ecc. Se volete, elementi anche positivi perché garantivano una presenza dell'intero mondo politico. Erano trasmissioni che il grande pubblico non seguiva perché non riuscivano a colpire la fantasia, l'interesse della massa. Dal '94 la politica è diventata spettacolare la televisione ha assunto i linguaggi della politica prima e successivamente la politica ha assunto i linguaggi della televisione se le tribune elettorali usavano un linguaggio asettico, generico, i giornalisti parlavano il politichese talvolta arzigogolando essi stessi come politici, poi sono stati i politici ad acquisire il linguaggio dei giornalisti. Avete mai sentito dal '94 in poi discussioni e dibattiti politici in cui i membri dei partiti riescano ad argomentare le loro posizioni? È difficile anche perché le modalità stesse dell'informazione sono tali da imporre tempi stretti limitatissimi e dunque risposte giornalistiche, tanto più il politico viene considerato bravo quanto maggiore è la sua capacità di usare un linguaggio giornalistico di parlare in maniera secca e sintetica. Ci sono politici che hanno fatto la loro fortuna attraverso questa capacità di rapporto diretto con i mezzi di comunicazione di massa e non soltanto Berlusconi. Abbiamo studiato questi telegiornali per avere in qualche modo una forma di controllo sull'analisi che compivamo sulla stampa. Una serie di grafici espongono la situazione poche le righe di commento per evitare analisi particolarmente sofisticate.

La rappresentazione dei soggetti deboli

Studiando i sei quotidiani nel dettaglio escono fuori abbiamo detto cose che in qualche modo ci aspettavamo: un sovradimensionamento della politica, un sottodimensionamento dei soggetti deboli. Un' attenzione notevole più forse di quella che ci saremmo aspettati dall'economia una grossa attenzione al tema della giustizia anche se è uno dei temi fluttuanti. È raro che si possano trovare articoli sul 513 o su altre problematiche della giustizia ordinaria del nostro paese se non in presenza di una forte tematizzazione politica sulla giustizia. Il leader di turno è quello che dice: "I magistrati sono tutti quanti corrotti o viceversa i magistrati sono tutti quanti buoni. Quindi ancora una volta è la politica a farla da padrona.".
Abbiamo studiato le prime pagine dei giornali per avere un quadro complessivo di quello che è il biglietto da visita del giornale come si presenta e l'intero corpus testuale in termini però quantitativi. Abbiamo semplicemente calcolato la percentuale di articoli dedicati ai diversi argomenti, ai diversi temi e la percentuale di spazio in termini di pagine dedicati alle varie classificazioni possibili. Lo scopo dell'osservatorio non era quello di fare una graduatoria fra i buoni e i cattivi. Non c'era questa volontà anche perché i giornali obbediscono a logiche che non sono direttamente controllate dagli operatori e i lavoratori dell'informazione, cioè non sono direttamente controllate dai giornalisti ma rispondono a esigenze di natura editoriale e politica di controllo della proprietà, ecc.
Fatte queste premesse qualunque forma di graduatoria o di giudizio non avrebbe senso. Una comparazione bisognava farla per vedere come i diversi quotidiani si rapportano a certe tematiche. Due fra tutti presentano una forte attenzione ai soggetti deboli: Avvenire e La Repubblica. Non abbiamo studiato le modalità di rappresentazione ma esclusivamente la loro rappresentazione; il fatto che si parli dei soggetti deboli e in termini che in qualche modo sono quelli dei soggetti deboli stessi permette alla nostra ricerca di segnalarne la presenza. Che poi se ne parli usando il registro della comprensione dell'analisi in profondità oppure della superficialità ecc. questo non l'abbiamo analizzato. Non avrete pertanto la possibilità di leggere attraverso i dati presenti la qualità dell'informazione sui soggetti deboli ma di verificare soltanto la loro presenza. Il discorso sulla qualità della rappresentazione è un po' delicato bisognerebbe per farlo trovare degli indicatori oggettivi.

Quando un evento diventa veramente notiziabile

C'eravamo prefissati di studiare - è una cosa che facciamo sempre e con molte difficoltà - la presenza sui quotidiani dei "fattoidi" quei fatti che in realtà non sono fatti ma eventi costruiti dallo stesso sistema d'informazione: l'intervista del giornalista X all'uomo politico Y che viene tematizzata come un grande evento e sulla base di quel grande evento si costruisce un castello di notizie. Ci sono stati moltissimi casi di questo genere, l'intero sistema dell'informazione che è un sistema autoreferenziale molto pronto a guardare sé stesso costruisce un evento, una notizia, rendendo notiziabile un fatto altrimenti non notiziabile, come appunto una semplice e banalissima intervista. I fattoidi sono un elemento complicato da analizzare nel senso che è possibile evidenziarli all'interno delle testate giornalistiche ma è molto difficile valutare quando è veramente costruzione più o meno manipolatoria degli organi di informazione e quando invece derivano da una normale distorsione. Sapete che l'informazione giornalistica si fonda su un minimo elemento di distorsione, distorsione involontaria quindi inevitabile. Come il giochino del telefono senza fili dove bisogna parlare stando in cerchio e dare un'informazione al primo bambino su un lato per far sì che questa informazione giunga poi alla fine del cerchio di nuovo all'adulto. Ad Achela che ha dato l'informazione la stessa tornerà ma in maniera completamente distorta, non perché i bambini abbiano una volontà di distorsione ma perché l'informazione è un prodotto che si modifica nel momento stesso in cui viene veicolata. Per sua stessa natura è distorta e distorcente tutto ciò che si può fare è cercare di limitarne gli effetti ma non sicuramente eliminarla completamente.
Per studiare quando un fattoide è veramente tale c'è bisogno di un'analisi incrociata delle fonti che lo hanno determinato, questo significa fare studi che durano mesi. Pur se avessimo voluto non avremmo disposto dei tempi necessari. Talvolta - è un'impressione di chi come me legge molti giornali - il sistema dell'informazione è pieno di eventi che in qualche modo diventano notizia solo perché qualcuno li vuole notiziare e non necessariamente perché abbiano una rilevanza collettiva.

I cosiddetti criteri di notiziabilità

C'è tutta una serie di classificazioni, ciascuna si fonda su un'idea che la notizia è tale se l'evento interessa un pubblico vicino, oppure ideologicamente interessato, oppure curioso. Esistono leggi un po' strane, cervellotiche, leggi matematiche come quella che sostanzialmente recita che un americano morto equivale a 28 cinesi. È una legge ironica che serve semplicemente a dire che se un evento interessa perché colpisce un target, un destinatario in qualche modo più interessato a quell'evento, sicuramente quell'evento è più notiziabile di un altro che ci tocca meno da vicino.
Trovate in questa nostra analisi anche una piccola comparazione sui soggetti deboli in prima pagina e all'interno del giornale. Una grossa presenza di soggetti deboli in prima pagina per la Repubblica una grossa presenza di soggetti deboli nelle pagine interne dell'Avvenire. Questo può significare due cose, per quale motivo la Repubblica non dedica lo stesso spazio anche all'interno ai soggetti deboli? Perché probabilmente vengono trattati con una sensibilità e una modalità diversa non dico migliore o peggiore, diversa da quella che invece utilizza Avvenire.

Sapersi autorappresentare

Molto spesso abbiamo evidenziato nello studio non soltanto una scarsa tematizzazione dei soggetti deboli ma una scarsissima presenza del cosiddetto terzo settore che è sostanzialmente assente. Non esiste se non in casi particolari. Il Giornale ha per esempio uno 0,9% di presenza del terzo settore che in questo caso è rappresentato da San Patrignano. Per cui anche laddove è presente lo è per compartimenti stagni. Perché il terzo settore manca nel sistema dell'informazione? La prima risposta, la più banale, se volete la più scontata è che i giornalisti sono tutti quanti brutti sporchi e cattivi; la seconda, forse un po' più analitica potrebbe essere che accanto al disinteresse del sistema dell'informazione il terzo settore non è spettacolare. Non è spettacolare sicuramente, e i giornalisti sono brutti sporchi e cattivi, però diciamocelo, il terzo settore non è presente perché non sa autorappresentarsi. Spesso utilizza delle modalità molto belle, talvolta eroiche ma assolutamente poco professionali.
Abbiamo realizzato un altro studio sulle riviste del cosiddetto terzo settore analizzandone 120. Meno del 5% degli uffici stampa delle associazioni contattate ha al suo interno giornalisti professionisti o praticanti o almeno pubblicisti. Si tratta di persone dotate di buona volontà ma che comunque non sono inquadrati come giornalisti molto spesso non hanno nemmeno un contratto giornalistico, anzi quasi mai. Questo è un problema che, dal punto di vista non del docente universitario ma di membro dell'osservatorio della Federazione della stampa, di un organo sindacale della categoria, guardo con estrema preoccupazione. Il terzo settore dovrebbe probabilmente anche acquisire una modalità giornalistica di approccio all'informazione. Non c'è niente di peggio che sminuire o ledere le proprie radici, le proprie identità, siamo d'accordo; ma è anche peggio se per non sminuire queste identità le presentiamo in maniera scorretta, poco giornalistica e dunque poco apprezzabile. Ho visto comunicati stampa di 35-40 pagine di associazioni di volontariato, movimenti, di soggetti legati al cosiddetto terzo settore che nelle redazioni scompaiono o meglio vengono archiviati in un apposito contenitore che è quello che si trova normalmente sotto le scrivanie dei redattori.
Accanto ad una scarsa abitudine del sistema dell'informazione a tematizzare i soggetti deboli c'è una scarsa capacità di chi lavora con i soggetti deboli di autorappresentarsi e di autorappresentarli, cioè di diventare veramente mediatore delle dinamiche di informazione su questi temi. Lo dico con preoccupazione perché mi sento in qualche modo partecipe, per esperienze del passato e presenti di volontariato. C'è che una spinta alla professionalizzazione almeno di questa specifica qualità dell'informazione sia necessaria, oggi più che mai in un clima di informazione spettacolarizzata ineludibile.


[1]
 La ricerca è stata concretizzata, in occasione della V edizione di Redattore Sociale, attraverso la collaborazione scientifica fra il corso di laurea in Scienze della comunicazione, presso l'Università "La Sapienza" di Roma, ed il C.N.C.A. Scopi dell'iniziativa, quelli di individuare le aree di eventi che ottengono una maggiore copertura mediatica e stabilire l'ordine dei temi per come vengono proposti al sistema sociale italiano. La sintesi della ricerca è riportata nell'ultima parte del presente fascicolo.

* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.