V Redattore Sociale 20-22 novembre 1998

Acciaio e Cristalli

Notizie deboli storie forti. Schiave

Intervento di Vincenzo Castelli

 

Vincenzo Castelli - associazione On the Road*

Cercherò di dare le variabili per la costruzione delle notizie rispetto a un tema che, direi, è sovraesposto dal punto di vista della comunicazione dei mass media. In effetti, il sottotitolo che era dato a questo gruppo di lavoro - "Notizie deboli e storie forti" - per quanto mi riguarda può essere totalmente rovesciato: oggi, infatti, il panorama dell'informazione riguarda il tema della schiavitù, della tratta, dello sfruttamento sessuale o della prostituzione che sono cose diverse, ma spesso assimilate, totalmente identificate. Cioè si potrebbe parlare di notizie forti - e per forti intendo piccanti, perverse, scoop, ecc. - su storie molto deboli, vissute da persone deboli, certamente con grandi problemi rispetto alla costruzione della propria storia, del proprio vissuto, della propria gente. In questa prospettiva il tentativo, da una parte, è quello di fornire alcuni elementi, alcuni "indicatori" sulla tratta, perché quando parliamo di schiavitù intendiamo parlare non della prostituzione intesa nel senso generale del termine, ma della costrizione e quindi dello sfruttamento a fini sessuali. La Comunità europea, dal 28 al 29 di giugno di quest'anno, ha celebrato a Strasburgo un grosso convegno europeo proprio sul tema della tratta degli esseri umani ai fini dello sfruttamento sessuale, su cui penso s'investirà, già dal prossimo anno, una grossa riflessione politica e noi vogliamo sperare anche culturale ed economica. Quindi, inizierei da questa riflessione per poi passare al rapporto col mondo della comunicazione e dei mass media. Tema difficile dicevo all'inizio, perché in effetti sono molti i luoghi comuni, le rappresentazioni sociali, le ideologie e tantissima ignoranza. Sulla questione della tratta si registra un discorso di tipo indifferenziato, che va dal rosa al tragico, in una sorta di "tuttologia" che sta molto sopra la testa delle persone. Il 95% delle ragazze "trafficate", come qualcuno le chiama, sono immigrate extracomunitarie, affamate, e soprattutto senza futuro: ma su questo argomento non ci sono ricerche. L'unico tentativo serio portato avanti in Italia è quello della Parsek, che è una delle associazioni Cnca: possiamo individuare dalle 5 alle 10 mila unità di persone trafficate, attorno a un fenomeno che si può, più o meno, individuare tra le 18 e le 30 mila unità relative alla prostituzione di strada. Un fenomeno abbastanza rilevante, che vede le ragazze arrivare fondamentalmente da tre Paesi.


Partiamo dalle nigeriane, che sono state le prime ad approdare in Italia, ma sono attualmente le ultime nella scala sociale, perché anche la strada ha le sue scale sociali di riferimento, con protettrici donne (le famose "maman"); con una forte pressione psicologica religiosa e tribale che si vive come costrizione; con una esperienza unica per quanto riguarda la forma di pagamento: la vita di queste ragazze è una sorta di leasing a riscatto, "costa" 80 milioni e nel corso di alcuni anni la spesa deve essere coperta. Molte di loro vivono insieme, una sorta di "comunità di scopo", molte arrivano sulla strada attraverso i famosi treni, mezzi normali che, però, noi chiamiamo ormai "treni a luci rosse". Quelli, tanto per intendersi, che partono da Rimini arrivano a Civitanova Marche, poi a S. Benedetto del Tronto o da Milano, Piacenza, Bologna, o da Firenze, Roma. Le nigeriane rappresentano il 40% ancora delle ragazze "trafficate". Il secondo gruppo è quello delle albanesi, su cui va spesa una riflessione molto seria rispetto al traffico ed alla schiavitù. Possiamo chiamare queste ragazze le "sottomesse" - la donna albanese viene da una cultura totalmente maschilista e di tipo oppressivo, totalizzante - le "bambine", considerato che molte di loro sono minorenni, si arriva anche ai 12-13 anni. Anche in questi nostri territori, si può parlare di protettori amanti e aguzzini, di ragazze in totale caos economico, abitativo, relazionale; si può parlare di persone, perché di persone si tratta, molto spesso introverse, diffidenti, quasi atomizzate a differenza delle nigeriane, chiuse dentro di sé, dentro storie molto profonde, spesso più grandi di loro, con un'angoscia senza fine. Le albanesi rappresentano attualmente il 30% di questo mondo: nel corso di questo anno la loro presenza si è abbassata di quasi la metà perché con la possibilità del rimpatrio, fornita dalla nuova legge 40 sull'immigrazione, molte di loro sono state prese rispedite a Durazzo o a Valona. Ve le immaginate arrivare a Durazzo in minigonna e con i tacchi alti? Una seconda, grande denigrazione. Le ultime arrivate - prime oggi della classe sociale - sono le ragazze dell'ex Unione Sovietica. Dico ex Unione Sovietica perché intendo dire Russia, Ucraina, quell'area pre Urss con Romania, Moldavia, Macedonia. Ne voglio parlare perché è un fenomeno nuovissimo, per cui vale la pena solo fare delle ipotesi. È quasi un passaggio da "imprenditrici" a "trafficate": qualche anno fa arrivavano, si fermavano alcuni mesi e poi ripartivano. Si organizzavano la vita da imprenditrici, cercando di recuperare un po' di soldi da investire nel proprio paese; oggi molte di loro, invece, sono entrate dentro un ricatto, una costrizione forte da parte della malavita organizzata. Da trafficate spesso diventano amanti, mogli, cioè stanno rompendo una delle regole forti della prostituzione di strada, che è fatta da regole molto rigide: come dire, un trascinamento prostitutivo al di là della strada, cioè una sorta di mezzadria tra la prostituzione e la tratta. Le ultime dieci ragazze che abbiamo in accoglienza sono tutte di quest'area; le albanesi le conosciamo da una vita, con le altre conviviamo da un anno. Proprio per questo motivo possiamo fermarci al campo delle ipotesi e delle tendenze sottolineando che non è ancora un fenomeno concretizzatosi nella sua totalità. Traffici e trafficanti Terzo indicatore: i traffici e i trafficanti. Noi possiamo parlare di rotte, di traffici e di trafficanti. Le rotte le conoscete tutti: la costa pugliese in maniera centrale; le "camionabili dell'est"; i charter dell'amore, Forlì, Falconara e Pescara; i normali voli di linea con visto turistico. Per quanto riguarda i traffici, vorrei segnalare una sola cosa: oltre a quello delle ragazze, oggi ci sono altri traffici di commistione con questo problema. Il mondo delle droghe, di molti tipi di droga che arrivano insieme alle stesse ragazze sui vari gommoni. O tutto il mondo dei clandestini.

Una vastità di argomenti che rende il discorso delle "schiave" molto più ampio, molto più complesso. Esistono diversi tipi di trafficanti: le "maman" nigeriane di cui parlavo prima, che diventano riferimento forte rispetto alle ragazze nigeriane; l'artigiano albanese, che da solo gestisce tutto il suo grande patrimonio, cioè la ragazza che sta sulla strada; la mafia russa; la manovalanza e la logistica italiana... Molta manovalanza, molta logistica, molto presenza nell'ambito dell'organizzazione del traffico della tratta. Attori in gioco Secondo tipo di discorso, quello sugli "attori in gioco". Ne abbiamo almeno sei in questo mondo del traffico, della tratta e della schiavitù. Prima di tutto, le donne ridotte in schiavitù. Mi sembra di cogliere fra queste ragazze delle situazioni veramente conflittuali, contrastanti, certamente ambivalenti, tra una sorta di incanto. Cioè persone che sono rimaste incantate, che non si muovono più, non riescono più a riaversi, con grossi problemi psichiatrici. Abbiamo alcune ragazze che sono uscite dalla normale relazione sociale, ormai vivono in una sorta di autismo provocato, di grandissima angoscia interiore. Ragazze assuefatte a quel tipo di vita, a quella storia, senza nessun futuro possibile. Ragazze che colludono con i protettori, che spesso controllano le altre sulla strada, e che sperano di avere qualcosa di più. Ragazze che denunciano, cioè che cercano di uscire da questo grande circuito tragico, per loro e per le loro amiche, e che quindi si mettono in gioco in maniera fortissima, rischiando moltissimo sulla propria pelle, ma soprattutto sulla propria famiglia, sulle proprie radici e sulla propria memoria. Non torneranno più indietro, non potranno più tornare indietro, perché nessuno le riconoscerà più per tantissimi motivi. Da ultimo, ragazze che perdono la memoria, una cosa che mi ha sempre fatto pensare, ragazze che non riescono più a parlare nella propria lingua. Un secondo attore in gioco - di cui si parla tantissimo, ma di cui quasi nessuno conosce niente - sono le bambine, che vengono portate in Italia a 12, 13, 14 anni. In tal senso, esiste una sola ricerca effettuata nel '97 dal Censis di Roma. Ma è una ricerca senza dati, non c'è alcun tipo di confronto possibile. Si parla di circa 1500-2000 ragazze-bambine che sono sulla strada. Mi sembra un numero esagerato, ma comunque un grande indicatore. Il dato molto parziale (ricavato attraverso il nostro lavoro di strada come associazione) ci dice che è un fenomeno in aumento: delle ultime 5 ragazze accolte, che venivano proprio dall'esperienza della tratta, 3 sono minorenni. Abbiamo avuto una ragazza di 13 anni soltanto. Abbiamo ricominciato a vedere i cartoni animati insieme, potete immaginare cosa significa. Un terzo tipo di attori in gioco è quello relativo alla prostituzione maschile da traffico. Qui potremmo parlare di schiavi o - come li chiama uno dei pochi libri interessanti usciti su questo fenomeno e pubblicato da Castelvecchi - di "mignotti". Un mondo difficile, molto impermeabile, in cui però le linee di tendenza sono le medesime: molti di questi ragazzi vengono presi dall'est Europa, dalla Romania, dal nord Africa (in particolare Marocco e Tunisia) e vengono avviati alla prostituzione. Un quarto attore in gioco: i clienti. Questo fenomeno è in fase di mutamento soprattutto rispetto ai temi del traffico (perché noi parliamo solo di traffico e non di prostituzione... altrimenti avrei detto altre cose molto più articolate e più complesse).

Oggi abbiamo tre tipologie di clienti. Possiamo parlare del cliente detective, che sa tutto della strada, del luogo da dove arriva quella ragazza, di dove e con chi abita, come si chiama il protettore, che cosa fa: una sorta di aiutante delle forze dell'ordine. C'è, poi, il cliente molto importante, il salvatore, che magari ci telefona per segnalare una ragazza, una storia. Spesso i clienti salvatori sono i più grandi ostacoli che abbiamo, perché sono quelli che poi capiscono tutto, danno consigli, si pongono come figure di riferimento fortemente diseducative nel momento in cui le ragazze vengono prese in carico. Un terzo tipo di cliente, che sta emergendo con forza, è quello innamorato. Ne abbiamo molti che chiedono di sposare le ragazze che abbiamo in accoglienza. Alcuni matrimoni sono stati già celebrati, alcune convivenze esistono, ma certamente è forte questo tipo di presenza, che chiede a chi opera anche di modificare totalmente il proprio lavoro. Quinto attore, le forze dell'ordine. Qui va fatta una riflessione, molto profonda, anche rispetto all'art. 16 delle legge 40, che riguarda la tutela della prostituzione, della tratta ed in cui le forze dell'ordine hanno un grosso ruolo. Abbiamo un mondo profondamente ambivalente: l'agente che lavora fortemente sulla repressione; quello che ha una grande attenzione nei confronti di questo mondo, quindi anche competenza oppure ignoranza, se non addirittura collusione e utilizzo da cliente delle ragazze, senza pagare nulla. Il grande lavoro che le nostre associazioni, a volte, compiono è quello di avvicinare le forze dell'ordine, che hanno un "significato forte", che possono fornire permessi di soggiorno ed altro alle ragazze, le quali spesso vivono in una situazione di oggettiva diffidenza. Ritengo importante condurre in porto questo lavoro formazione, riuscire insieme a ragionare su tali fenomeni. Da ultimo, gli operatori. Quello che siamo, quello che fanno molti di noi. Oggi possiamo darci una sola grande parola d'ordine: navigare a vista! Non abbiamo certezze, le nostre operatrici vivono in case di fuga e di accoglienza di cui non si deve assolutamente sapere nulla, in appartamenti anonimi dove si trovano delle ragazze che hanno studiato, hanno frequentato corsi di formazione, immigrate che lavorano sulle tecniche del freddo, che lavoreranno per un'industria. In genere l'operatrice è l'insegnante, è la maestra, è la professoressa. Metodologie precarie o mutuate da altri mondi come la tossicodipendenza. Il primo ed unico corso per operatrici della tratta è stato effettuato in Abruzzo (con il riconoscimento ufficiale da parte della comunità europea), ma la formazione è in alto mare: la messa in gioco della propria persona, della propria identità, della propria sessualità, della propria storia, diventa molto difficile.

Allora, se questo è il fenomeno, se tutti questi sono i problemi, penso che valga veramente un vecchio adagio che ci hanno insegnato quando abbiamo iniziato a lavorare nelle politiche sociali cioè nel sociale, nell'emarginazione: "Ciò che si vede e ciò che si capisce è solo una parte della realtà". Spesso l'informazione non riesce ad andare al di là del ciò che si vede e del ciò che si capisce. Spesso sembra veramente di assistere alla sagra delle spettacolarizzazioni, degli scoop, della celebrazione dei luoghi comuni, della tanta ignoranza, superficialità e sufficienza. Quindi, il tema che rimane forte è come costruire la notizia. Che non sia piccante, un po' perversa, pietosa e ambivalente. Penso che il fenomeno della tratta rappresenti uno dei mondi più ambiti di questa decostruzione. L'art. 16 della legge 40 prevede, per la prima volta, la tutela e la protezione sociale per ragazze vittime della tratta. Noi e le associazioni del Cnca, le organizzazioni della Caritas , il comitato per i diritti civili delle prostitute, ci siamo ritrovati per costruire insieme un tavolo di confronto, per fare una proposta politica forte su questo articolo 16. Abbiamo anche organizzato una conferenza stampa a Roma. nessuno ne ha assolutamente parlato. Abbiamo scritto a tutti gli amici i giornalisti... nessuno ne ha assolutamente parlato. Poi, abbiamo dato per caso, dico veramente per caso, la notizia che un nostro progetto di avviamento al lavoro, di ragazze che venivano dalla tratta, è terminato con una grandissima, altissima percentuale di riuscita. Pensate, ero in Portogallo ma ho avuto tantissime telefonate da "Domenica In". "Carramba che fortuna!", lì mi sarebbe piaciuto... Prima di Natale ricordo una giornalista che mi ha chiamato per una delle più grandi trasmissioni popolari. Dice: però facciamola prima di Natale, porti una ragazza che magari ha già un figlio con il marito italiano e così mostriamo alla gente che per Natale si può stare tutti felici e bene. In questo senso, direi che è facile fare un atto di accusa al mondo del giornalismo e dell'informazione. Ma nonostante i codici deontologici tanto sbandierati, che fine hanno fatto le nostre due denunce, nei confronti di altrettanti famosi giornalisti, proprio per il non rispetto della privacy di ragazze che hanno avuto il coraggio di parlare in Tv? Abbiamo alcune ragazze "blindate" per essere state viste in Tv. Un atto d'accusa, dunque, quando la notizia "vende" gli affetti, le sofferenze e sopratutto le persone che vivono tutto questo ed infine un atto d'accusa quando la notizia azzera la lotta, banalizza le speranze e uccide le utopie in cui noi ancora crediamo.


* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.