VI Redattore Sociale 26-28 novembre 1999

Di razza e di classe

Zingari: il lato oscuro della città

Interventi di Carla Osella e Osmani Bajram

 

Carla Osella - presidente e fondatrice dell'Associazione Italiana Zingari di Torino*

Osmani Bajram - giornalista, conduttore radiofonico di un programma sulla cultura rom*

"Dare" una notizia

Sappiamo tutti come i mass-media abbiano oggi un ruolo fondamentale nell'informazione e nella formazione delle persone e come influenzino il nostro modo di pensare. Giornali, radio, televisioni hanno il potere di portare alla ribalta una persona e il potere di denigrarla, di ingigantire certe situazioni e di minimizzarne altre e chi opera nel settore dell'emarginazione ed è per scelta dall'altra parte della barricata ha certamente parecchie valutazioni da fare sul ruolo dell'informazione. Coloro che scrivono in maniera obiettiva e sanno entrare nel disagio si sforzano di capirlo per comunicarlo correttamente dandosi strumenti di approfondimento, denunciano situazioni ma cercano la verità. Coloro che scrivono per scandalizzare aumentano la tensione sociale. C'è un episodio veramente scandaloso che mi è capitato circa 10/12 anni fa e che mi ha fatto riflettere sul significato dell'informazione. Ricordate quando a Milano è scoppiato lo scandalo dei bambini schiavi? Una nota corrispondente nazionale per cercare lo scoop mi ha detto: le offro qualsiasi cifra purché mi trovi una persona disponibile a dichiararsi un bambino schiavo e a raccontare la sua storia. Naturalmente la risposta è stato un no secco! Ridendo poi ne ho parlato a un gruppo di zingari la risposta loro è stata: se una persona a livello nazionale chiede queste cose tutte le volte che scrivono di noi dove è la verità?

La conoscenza diretta della realtà

Il problema degli zingari è soggetto a molte interpretazioni, quella pietistica, denigratoria, quella folcloristica. La nostra associazione da sempre ha cercato di mediare il rapporto con i giornalisti perché abbiamo capito che vale di più un buon articolo che dieci anni di lavoro in silenzio. Li abbiamo accompagnati nei vari campi perché potessero conoscere la realtà dal di dentro. Questo funziona fino a quando i giornalisti sono persone non conosciute quando poi diventano dei nomi importanti ti contattano per telefono o si inventano addirittura le risposte che avresti potuto dare e citano anche il tuo nome. Escono degli articoli dove la realtà zingara è mistificata zeppa di luoghi comuni e senza quei particolari che permettono al lettore di arricchirsi di una conoscenza veritiera e di usufruire, non ultimo, del diritto di cronaca. Se uno zingaro ruba o commette un reato nessuno dice che si debba tacere ma sarebbe comunque giusto parlare anche della perdita dei loro mestieri tradizionali e della difficoltà dell'inserimento nel mondo del lavoro all'interno del sistema sociale italiano. Cosa dire poi dei titoli e dei sottotitoli che sono dei veri allarmismi sociali: "l'Italia invasa dagli zingari, sbarcati sulle coste centinaia di rom" e il lettore di fronte a questo reagisce dicendo: "siamo alle solite, questi zingari vengono soltanto in Italia per rubare aumenteranno perciò i furti e questa sinistra apre le porte a tutti..". Se invece i titoli approfondissero le motivazioni della fuga: "i rom fuggono dalla pulizia etnica accogliamo chi è obbligato a fuggire" forse le reazioni sarebbero diverse. L'obiettivo del titolista è comunicare attraverso il sensazionalismo altrimenti non si desta stupore e sappiamo benissimo che bisogna vendere. L'informazione è dominata dall'economia di mercato.

Il colore dell'informazione

Perché non parlare degli zingari e spiegare che con le 12 leggi regionali - quella della provincia autonoma di Trento ad esempio -  che tutelano questa popolazione potrebbero esserci aree di sosta, villaggi ad ok, inserimenti effettivi per migliorare il loro stile di vita?  Come mai non si presentano mai notizie propositive o positive nei loro confronti?  Sembra che il colore dell'informazione sia il nero. Guai se il mondo quotidiano fosse il mondo dei giornali saremmo tutti degli ultra depressi. Le notizie positive non interessano assolutamente a nessuno specialmente quelle degli zingari. A chi interessa che 30 rom sono inseriti nel mondo del lavoro? Non fa notizia anche se queste persone si alzano alle 5 del mattino per andare a lavorare tutti gli italiani lo fanno, perciò perché parlarne. È molto più facile sbattere il mostro in prima pagina che rettificare quando è necessario farlo. Anni fa due ragazzini di Torino hanno ucciso una suora il giorno dell'Epifania sui giornali italiani escono tutti grandi titoli e le foto dei minori (non era ancora passata la carta di Treviso) naturalmente anche noi ce ne interessiamo. Conoscendo la realtà di questo gruppo - gruppo di ortodossi - abbiamo scritto che essendo legati al sacro non avrebbero mai ucciso una persona tanto meno una suora ma soprattutto non sarebbero ritornati dopo essere fuggiti da una casa di accoglienza per poi correre il rischio di essere presi. Non hanno trovato niente a carico di questi ragazzini e nessuno di loro è stato condannato ma la rettifica non è venuta da nessuno solo un giornale ha scritto due righe.

Chi sono

Questi zingari, rom e sinti che vivono invisibili nelle nostre città, in Italia sono circa 80-120.000 e nel mondo forse 12, forse 35 milioni. In Italia i nomadi sono circa un 30% e i sedentari sui 40-60%, gli altri li riteniamo seminomadi. Abbiamo gruppi italiani e rom storici. Nel '70 comincia l'immigrazione dai paesi della Jugoslavia, l'arrivo dei rom risale al '91 con il conflitto bosniaco, nel '96 arrivano i rumeni quelli che sono veramente più invisibili degli altri e nel '99 i kossovari.  Quali sono le problematiche di questa popolazione? L'emarginazione, l'habitat, la salute, la disoccupazione, l'analfabetismo e la crisi di identità. In Italia ci troviamo a combattere con una minoranza fatta da quelli che fanno accattonaggio, che vivono anche di furti. Una parte cerca di inserirsi ma vuole restare fedele alla propria cultura appartenere al proprio popolo, vuole vivere una vita senza doversi spostare da un luogo all'altro con la cultura del mitra, non vuole essere emarginata. Quando le forze dell'ordine arrivano al mattino presto nei campi sbattono via i bambini dalle roulottes e non permettono per ore alle persone adulte di fare assolutamente niente. Le tengono al centro del campo senza la possibilità di usare i servizi solo loro possono raccontare ciò che vivono e alcune cose vi assicuro sono veramente tremende. A Genova è morta una bambina zingara e durante i funerali i genovesi hanno applaudono. Perché? 'Meno uno'. 

Dobbiamo riflettere.

Alle soglie del terzo millennio

C'è un'emarginazione, un razzismo veramente lercio e vergognoso. Di tanto in tanto le televisioni e i giornali ci portano le immagini dei vari accampamenti. Ma questa popolazione dove vive? Nelle discariche coi topi vicino all'immondizia, nelle 'favelas' istituzionali. Esistono due razzismi: quello dell'uomo della strada e quello più duro dell'istituzione. Molti comuni hanno la politica dello sgombero con il decreto di allontanamento sempre pronto ad essere tirato fuori appena un gruppetto di famiglie si ferma. Dove li mandano?  Nel comune vicino pronto a sua volta a tirar fuori lo stesso decreto. In Italia ci sono in questo momento 150 aree di sosta attrezzate: 100/120 sono delle buone aree anche se sono dei mega campi col problema della ghettizzazione e una trentina un po' così, senza servizi (200 persone con due gabinetti). Ultimamente a Napoli hanno aperto un campo lager, Bassolino dice che nessuno l'ha aiutato, nessuno ha dato la consulenza perché facessero un campo piccolo. A Torino o in altre zone avere 200 persone e sotto gruppi diversi nello stesso campo crea veramente dei problemi e in questi campi sosta sia autorizzati che non negli ultimi 10 anni sono morti 50 bambini. L'80% di loro vive in baracche senza gabinetto e senza acqua e sapete qual è il desiderio di una donna zingara?  Non di potere avere il computer ma l'acqua nella baracca e neanche calda.

Quali identità?

Di che cosa hanno bisogno? Dei campeggi, dei villaggi e sarebbe possibile solo se le politiche sociali fossero nei loro confronti migliori. È importante vedere, dire chiaramente che questa popolazione sta vivendo una grossa crisi di identità che nasce dal divario tra la società maggioritaria e la società nomade. Forti pressioni della società tecnologica portano all'interno dei campi modelli nuovi. I giovani passano molto tempo fuori, prima vivevano abitualmente al campo oggi utilizzano le discoteche, i bar, la televisione, il cinema, il calcio e anche la scuola, ed esiste anche all'interno del gruppo una crisi istituzionale. Questo vuol dire che la famiglia zingara è una famiglia estesa, le nuove coppie cercano spazi di indipendenza per sfuggire al controllo degli anziani, vogliono fare da loro, contare di più, decidere. Viene meno l'autorità nei confronti dell'anziano che fino a ieri era un po' la biblioteca del gruppo quello che trasmetteva la cultura oralmente ai ragazzi. Esiste una crisi sociale norme comportamentali e assunzioni di modelli esterni che allentano la coesione all'interno del gruppo creando difficoltà di rapporto tra le generazioni non facili da superare. Esiste anche una crisi economica: il cambiamento di attività crea una crisi di ruoli, prima l'uomo faceva molte cose, generalmente era lui a sostenere la famiglia oggi invece è la donna. Le donne hanno in mano la trasmissione culturale, l'educazione e ormai da un decennio anche la risorsa economica. Il giorno in cui prenderanno coscienza di essere il futuro e il destino del popolo zingaro forse questa crisi d'identità assumerà toni più gravi e non sarà più una crisi di transizione.

* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.