XI Redattore Sociale 26-28 novembre 2004

Nascondigli

Workshop: Il benessere “facile”. Illusioni e speranze della manodopera dell’Est Europa

Incontro con Alexandru Cobzaru. Conduce Paolo Lambruschi

Alexandru COBZARU

Alexandru COBZARU

Sacerdote, direttore della Caritas di Bucarest (Romania).

 

Paolo LAMBRUSCHI

Paolo LAMBRUSCHI

Giornalista di Avvenire, è direttore del mensile di strada Scarp de’ tenis.

 

Paolo Lambruschi*

La tematica che affronteremo stamattina mi è vicina, mi è abbastanza familiare, ma non nella sua interezza.
Abbiamo scoperto che molto spesso nelle nostre stazioni, nelle aree dismesse di una città metropolitana, ci sono le cosiddette persone invisibili che poi grazie ad alcuni casi di corretta informazione diventano, con le loro problematiche, sempre più visibili. Non è un problema che riguarda solo l'Italia, ma tutta l'Unione Europea.

I servizi europei di accoglienza per i senza dimora non ce la fanno più, perché vengono invasi letteralmente dai clandestini; il problema è molto grosso e ha molte implicazioni anche legali come potete immaginare. Infatti, il clandestino con i trattati di Schengen è una persona che c'è ma non ci dovrebbe essere e il tacito accordo che viene fatto spesso in Italia è che se ne occupi il volontariato o la Chiesa. Noi intanto cominciamo a fare finta che questa persona non esista più.
Il senso dell'incontro di stamattina è quello di capire cosa c'è dietro questo fenomeno epocale demografico e anche economico della mobilità umana, vista però da un altro punto di vista, dalla partenza, per capire cosa motiva tante persone a venire nel nostro paese in cerca di un lavoro molto spesso al di sotto della loro qualifica. Noi conosciamo tante persone che vengono dall'est, non solo dalla Romania, persone che fanno i servizi che noi non facciamo più come assistere gli ammalati, i muratori. Ci sono tanti ingegneri che vengono dall'est e fanno gli operai, i gessisti, magari per 6 mesi e poi se ne ritornano a loro Paese.
Questo è un settore molto importante nella nostra economia, ma è anche un settore molto importante per le famiglie che rimangono nel loro Paese e che vivono condizioni di povertà, condizioni che vengono dalla storia, da sistemi sociali che mutano.
Credo che don Alexandru che è il direttore della Caritas di Romania, ci possa dare con la sua relazione di stamattina, un quadro importante sul nascondiglio, il primo nascondiglio dal quale partono, nel nostro caso i rumeni, che per fare la prima cifra, sono più di mezzo milione in Italia; rappresentano il primo gruppo etnico di emigranti che ci sono nel nostro Paese; quindi una cifra considerevole.
Un altro dato che aggiungo, poi lascio la parola a don Cobzaru, è che le mete preferite ultimamente dai rumeni sono l'Italia e la Spagna, un po' per motivi di legge, ma anche soprattutto per affinità culturale. La parola a don Alexandru.

Alexandru Cobzaru*

Buongiorno a tutti; ho 60 anni, nato, cresciuto ed educato in Romania, però ho studiato quasi due anni teologia ecumenica a San Nicola di Bari.
Nella relazione scritta che vi ho dato trovate molte informazioni e due storie significative che riguardano la Romania.
In "Poveri ma ricchi" trovate una storia realmente accaduta e narrata da un reportage di un giornalista romano che è andato in Romania e ha visitato un luogo dove sorgevano delle villette con piscina formate da 20-25 stanze. Lì intervista una zingara che si lamenta di non essere riuscita a farsela anche lei la piscina perché "ha perso i soldi alla Caritas". Il giornalista non specifica che in Romania la Caritas è una sorta di banca che promette rapidi e facili guadagni. La zingara dice che andrà in Italia a chiedere l'elemosina: "Così riuscirò a farmi anche la piscina". Questa mancata informazione ha creato un caso. In Italia è scoppiato un grande scandalo e la Caritas italiana mi ha chiesto di renderne conto: "Cosa è successo? Cosa hai fatto lì in Romania? Perché queste cose scritte nei nostri giornali?"
Ecco perché nella mia relazione ho scritto che un giornalista deve scrivere tutto, perché altrimenti esce fuori uno scandalo di questo genere.
Nella relazione ho riportato anche un altro esempio.
Tempo fa mi trovavo in un centro per ex ragazzi di strada e ho chiesto ad un ragazzino di nome Nicola Nicola se avesse una famiglia, se andava trovarla.Lui è diventato triste e mi ha detto: "Andare a visitare la mia famiglia? Mai! Da piccolo i miei genitori mi hanno messo sul marciapiede e non si sono mai sono chiesti dove ero, se avessi un casa, una giacca da indossare, qualcosa da mangiare, un lettino. Andare a trovarli lo considero un'ingiustizia!" E soffriva tanto poverino. E allora perché questa situazione? La povertà in Romania ha distrutto anche la cellula principale della società: la famiglia. Per questo ho deciso di iniziare la mia presente relazione con alcuni dati sulla situazione della Romania oggi, per poi continuare con alcune riflessioni sul ruolo di un giornalismo onesto ed informato per combattere la marginalizzazione, poiché marginalizzazione vuol dire appunto questo: nascondere e nascondersi, vivere in una cultura dei nascondigli.
Dopo questi esempi comincio a parlare un po' di cosa è successo in Romania, ma anche in tutti i paesi dell'est.
Certo che 50 anni di dottrina comunista è riuscita a distruggere la cultura, la religione e anche la mentalità dell'essere della persona umana, perché prima di tutto era interdetto parlare con una persona che veniva da fuori. Se veniva un italiano nessuno aveva la possibilità e il permesso di parlargli. Se parlava lo stesso doveva andare alla famosa "Securità" per dire ho parlato con Giovanni, oppure non so con chi. Non era permesso, se tu eri membro comunista, andare in chiesa, né andare a fare il battesimo del bambino, il matrimonio e così via. La presenza di spie ha distrutto la fiducia nell'altro. Ecco per questo è sparita anche l'amicizia, ma anche diciamo il coraggio di parlare, di dire.
Era obbligatorio lavorare tutti, però si diceva: lo Stato fa finta che mi paga ed io faccio finta che lavoro. Il primo esodo è avvenuto nel '65, dai villaggi verso le città perché il compagno Chaucescu ha voluto trasformare la Romania da un paese agricolo in un paese industriale e ha creato fabbriche nelle città e soprattutto nel sud-ovest. Ecco è stato un esodo, si sono svuotati i villaggi, tutti andavano nel sud ovest per motivi di lavoro.
Subito dopo la cosiddetta rivoluzione c'è un altro esodo dalle città verso i villaggi, perché le fabbriche chiudevano e almeno in campagna si poteva avere un pezzo di giardino, una casa e con qualche legume, ortaggio si riesce a vivere.
Cresce in questo momento il numero dei bambini di strada, soprattutto nella città di Bucarest, città grande con 2 milioni e 500 mila abitanti.
Un altro fenomeno dopo la rivoluzione è quello della tratta. Noi abbiamo vinto la Turchia nel 1877, mentre adesso sono i turchi che ci stanno conquistando con la tratta dato che sono proprio turchi gli autisti che portano verso Occidente dei camion pieni di ragazze rumene.
Mi ricordo di un caso: un giorno mi telefonò da Brescia una suora che mi diceva che c'era una ragazza rumena arrivata in Italia da un paio di anni e a cui era stato detto che sarebbe andata a fare la ballerina e invece si è ritrovata a fare la prostituta. Voleva tornare a casa in Romania e non riuscendoci si è buttata giù dal terzo piano.
Perché c'è la povertà? Se il salario minimo è 60-70 € al mese e un salario medio è 150 € al mese, e se una famiglia ha 5-6-7-8-9 bambini come fare a vivere con 150 o con 60-70 euro al mese? È impossibile. I giovani non hanno nessun futuro, nessun orizzonte e pensano sempre a come scappare. Di queste ragazze che vengono in Italia per prostituirsi di certo alcune vengono imbrogliate e ricattate, perché gli rubano i documenti. Però ci sono anche alcune che vengono qui e vanno a prostituirsi per scelta: lo fanno per alcuni mesi poi fanno una denuncia e riescono a rimanere per sempre in Italia.
La tratta significa sradicarsi dal proprio Paese, dalle proprie famiglie, da tutto. Se non si trovano bene non tornano in Romania perché si vergognano.
Dal 1990 fino a adesso, quasi 2 milioni di giovani sono andati via. Certo che la maggioranza sono in Italia, penso che siano più di 600 mila in Italia, però a loro non importa dove, a loro interessa solo andarsene dalla Romania. Non tutti però trovano un lavoro, diventano illegali e cominciano a rubare.
Per noi rumeni è una grande perdita perché sono molti i laureati che se ne vanno ed anche per loro spesso ad aspettarli c'è un lavoro molto diverso da quello per cui hanno studiato come fare le badanti.
Nel 2000 ho partecipato ad un convegno a Vicenza alla Camera di Commercio e si diceva che in quel tempo lì c'erano più di 13 mila imprese italiane in Romania. Adesso penso che siano intorno a 20 mila. Vengono con una bella idea, cioè di aiutare, di far crescere anche la cultura, anche l'economia, invece quasi tutti cercano le regioni povere dove sono esenti dalle tasse.
Vengono soprattutto perché si trova la mano d'opera e le materie prima a prezzi più bassi.
Infatti la maggior parte dei soldi che entrano in Romania sono dei giovani che lavorano all'estero, non so quanti milioni e milioni di euro all'anno.
Certo un altro motivo per il quale la Romania ancora non si muove è la corruzione dei governanti oltre alla frequentissima evasione fiscale e al lavoro nero.
Possiamo dire che la società rumena odierna può essere divisa in 4 gruppi: il gruppo dei governanti che hanno dei salari da 10 mila euro al mese, il gruppo dei ricchi,m ex appartenenti alla famosa "Securità" di una volta che subito dopo la rivoluzione, che io definisco invece colpo di Stato, hanno avuto soldi a disposizione con cui hanno comprato tutto ciò che hanno voluto: fabbriche, boschi, terreni. Adesso sono molto ricchi, sono miliardari. Poi c'è il terzo gruppo quelli che guadagnano appena sufficientemente per coprire le spese e infine il gruppo di quelli che vivono al di sotto del limite della povertà.
Dopo un periodo di reclusione dietro la cortina di ferro ecco che i giovani e i cacciatori di benessere facile hanno subito adottato dall'Occidente non solo ciò che era buono, bello e degno dell'essere umano, ma anche tanti elementi negativi come la filmografia americana occidentale che veicola violenza, pornografia, non valori, ma droga, libertinaggio, traffico di essere umani.
La povertà e il desiderio di un guadagno rapido a tutti i costi hanno condotto alla vendita dell'essere umano in tutti i suoi aspetti Con le adozioni la Romania era considerata il bazar dell'Europa. Se è certo che così si assicurava un futuro degno e sicuro al bambino, dall'altro lato si assiste alla triste vendita da parte di una mamma del proprio bambino.
Non parliamo poi della tragica azione della vendita di organi dei bambini venduti dagli stessi genitori.
Diciamo che i Paesi dell'est sono colpevoli, ma anche alcuni stati occidentali.
E' incomprensibile spiegare come in un paese povero sia apparsa la droga. Certo i primi sono stati i figli dei ricchi, dei senatori, dei parlamentari.
Guardando questa situazione in Romania posso dire che è uno dei paesi dai mondi sconosciuti, pieno di nascondigli.
La dignità della persona umana è calpestata da una parte ed esaltata dall'altra. Ci troviamo di fronte a moltitudini di persone i cui diritti fondamentali sono violati anche in seguito all'eccesso di tolleranza e persino alla palese ingiustizia di certe leggi civili. Il diritto alla vita e all'integrità, il diritto alla casa e al lavoro, il diritto alla famiglia e alla procreazione responsabile, il diritto alla partecipazione alla vita pubblica e politica, ecc. Tremende sacche di povertà e di miseria fisica e morale sono ormai di casa e colpiscono mortalmente interi gruppi umani, soprattutto le donne, i giovani, la vita familiare, scolastica, culturale, economica, sociale, politica. Esseri umani calpestati, umiliati, disumanizzati che si vergognano di uscire dai loro nascondigli. Anche le loro illusioni e speranze minime per quell'Eldorado occidentale cominciano ad essere spente, perché lì spesso trovano una realtà diversa da ciò che speravano.
Chi e come può tendergli una mano, un aiuto per tirarli fuori dai loro nascondigli?
La Chiesa e certo i mass-media.
L'aiuto al'esclusione sociale vuol dire lotta alla paura, dato che alla base di qualsiasi processo di esclusione si trovano varie forme di paura. La paura e la vergogna per la situazione in cui uno si trova, di possibili rischi e pericoli, del ridicolo: tutti motivi di auto-esclusione. Poi la paura dell'altro, dello sconosciuto, del diverso. Ecco tanti motivi per escludere gli altri.
Nell'approccio all'esclusione sociale i mass media possono avere un ruolo molto importante, un ruolo negativo o uno positivo. Si può sia accrescere la paura fornendo soprattutto notizie di cronaca nera, oppure offrendo al pubblico dati incompleti, fuorvianti, di parte.
Dall'altra i mass media possono anche facilitare l'inclusione, con notizie ad impatto positivo, attraverso servizi che rivelano il volto umano demarginalizzato e le modalità di venirgli incontro. I mass media possono e devono anche informare bene per denunciare le ingiustizie sociali e per promuovere la disponibilità e la capacità dei marginalizzati a lavorare e a vivere una vita dignitosa. Di più il giornalista deve essere, e lo è per forza, un formatore di atteggiamenti e di opinioni. Il giornalista può contribuire al cambiamento della mentalità. Gli operatori media, forse più di qualsiasi altro, hanno la capacità e il dovere di guardarsi intorno, facendo attenzione a scoprire nascondigli, i motivi che hanno creato e che mantengono la situazione di esclusione. Loro devono cercare spiegazioni e verificarle con varie fonti. Devono dare un giudizio imparziale ed etico, non la ricerca del sensazionale e il bisogno di vendere le informazione ma il bisogno di obiettività e di giustizia sociale. I giornalisti hanno un ruolo molto importante pure nel promuovere le attività sociali della chiesa nel creare spazi di comunicazione e dialogo fra tutte le strutture della società civile e i suoi cittadini.
Lancerei un appello: abbiamo bisogno dei mass media. Insieme possiamo fare molto. Cosa ne pensate? Personalmente rimango nella speranza che lo Spirito Santo riunirà la chiesa, affinché tutti, anche i giornalisti, aiutino le persone, i gruppi e i paesi marginalizzati ad uscire dai propri nascondigli, affinché tutti possano vivere alla luce del Vangelo una vita degna di essere umani e da figli di Dio. Grazie.

Paolo Lambruschi*

Mi sembra che la denuncia di don Alexandru e questa richiesta aprono tantissimi spunti di riflessione. Ecco ci sono due domande che io vorrei far subito, non per togliere spazio a nessuno, ma per migliorare il quadro.
La prima domanda che mi viene in mente non c'entra assolutamente niente con il sociale. La Romania sostanzialmente è uno stato ortodosso, dunque la Chiesa Cattolica numericamente che presenza ha e che ruolo ha? Perché chiaramente è una posizione diversa quella della Caritas rumena rispetto a quella della Caritas in Italia. Seconda domanda: ma i rumeni che cosa sanno dai loro media di questa situazione? Sia del Paese, sia della situazione degli immigrati? Cioè se c'è l'Eldorado in Italia e poi non è l'Eldorado?

Alexandru Cobzaru*

I cattolici sono in Romania una minoranza. La maggioranza dei cattolici sono nella diocesi di Albajulia, centro Romania e poi nella provincia di Moldova ai confini con la Moldavia. Il 10% della popolazione è cattolico-cristiana, per il resto sono ortodossi.
Adesso la chiesa ortodossa vorrebbe essere nominata chiesa nazionale, però lo stato rumeno non è d'accordo con questo.
Noi cattolici siamo minoranza però come sappiamo la Caritas nella chiesa è ecumenica. Anche se siamo una minoranza siamo molto forti riguardo agli aiuti per la popolazione bisognosa. Cerchiamo di aiutare bambini, famiglie, giovani e anche le persone anziane con i nostri progetti. Ma non possiamo fare tutto.
Possiamo dire che ancora ci sono tante vocazioni nella chiesa cattolica, sia per diventare preti sia fra le suore, e le congregazioni. Bene anche la partecipazione alla vita ecclesissiastica: possiamo dire che 60% dei rumeni frequentano le chiese.
Per rispondere alla seconda domanda: certo che adesso pian piano i mass media hanno cominciato a parlare di cosa succede in Italia, in Germania. Certo che adesso sono molti più rumeni conoscono cosa può succedere, però vanno lo stesso per provare.

Intervento

o volevo sapere quante persone lavorano nella Caritas in Romania e quante di queste hanno una formazione giornalistica o si occupano di giornalismo o di comunicazione. Inoltre se fate dell'attività di comunicazione, non so un dossier, una raccolta di dati, la presentazione delle conferenze stampa.

Intervento

La mia più che una domanda è una riflessione. Proprio ieri a Roma ho ascoltato la testimonianza di due sorelle rumene arrivate in Italia, vittime di tratta, tornate in Romania attraverso il programma di rimpatrio dell'organizzazione internazionale per l'immigrazione. In quel contesto si sottolineava quanto importante fosse stato il ruolo proprio dei mass media, un processo che dura da tantissimo, perché comunque è iniziato circa 14 anni fa.
Quanto ad oggi non possiamo dire che in Albania il fenomeno sia stato debellato, però comunque c'è stato un palese calo del numero delle ragazze che arrivano in Italia proprio perché si è operato nel Paese di provenienza. Sicuramente c'è un problema legato all'offerta e lei giustamente lo ha sottolineato, però ad oggi in Albania è stata fatta una campagna d'informazione tale per cui nell'ultimo villaggio ai confini con la Macedonia, nel Kosovo si sa, o comunque si è più attenti al fatto di lasciare le ragazze in mano, anche solo a vicini di casa, perché molto spesso è un conoscente che fa da tramite per queste cose. La mia riflessione è legata a quanto sia importante non solo l'attività fatta a livello delle organizzazioni non governative, ma anche legarsi al governo e ai mass media per far capire che ci sono dei problemi reali legati appunto a questo Eldorado.

Intervento

Una curiosità: io provengo da una città dove un gruppo d'imprenditori ha deciso di realizzare alcune aziende in Romania, in una di quelle regioni che lei dice senza tasse, al confine con la repubblica della Moldavia. Volevo sapere le condizioni di lavoro dei rumeni che vengono assunti in questa aziende, se lei le conosce insomma, quanto guadagnano, sono assunti con quali contratti.

Alexandru Cobzaru*

Alla prima domanda rispondo che in Romania ci sono 11 Caritas diocesane con più di 300 operatori oltre ai tanti volontari.
Riguardo alla seconda domanda: ogni Caritas ha un responsabile che si occupa dei rapporti con i mass media, però non siamo ancora arrivati ad avere un giornalista vero e proprio, non siamo ancora capaci di pagare un giornalista.
Ogni Caritas comunque ha una pagina web e poi anche un foglietto mensile dove appare cosa ha fatto e cosa sta facendo.
Riguardo alle aziende italiane che vengono in Romania, alcuni imprenditori pagano come dicevo il salario minimo o medio mentre altri che anche di più, 200 euro al mese. Insomma ci sono quelli che sfruttano giovani disperati e imprenditori a loro modo molto onesti.
Ci sono diversi sindacati, però non hanno la forza d'intervenire per obbligare i nostri governanti a cambiare.

Intervento

Volevo sapere secondo lei cosa cambierà con l'ingresso della Romania nell'Unione Europea sia dal punto di vista della situazione economica che da quello del traffico di persone, di donne di bambini.

Intervento

Volevo chiederle se poteva approfondire un po' meglio la condizione di vita dei rom rumeni in Romania. Lavoro per un'associazione di volontariato che si occupa di asilo politico al centro Astalli. I rom oggi in Italia rappresentano la vera sfida nell'accettazione del diverso. Spesso si sente dire: non sono razzista ma ce l'ho solo con gli zingari perché rubano o non vogliono lavorare.
E poi un'altra cosa che succede è che spesso si dice che le domande di asilo politico sono troppe e ne vengono accolte pochissime. Ci sono tantissimi dalla Romania che fanno richiesta di asilo politico sapendo che è l'unico modo per avere un permesso di soggiorno in questo momento in Italia e per molti queste sono tutte domande strumentali.

Intervento

Io volevo ricordare un episodio che è successo in Italia uno o due anni fa e volevo sapere se aveva avuto un'eco anche in Romania.
E' successo che un cittadino rumeno, un ingegnere che per mantenersi lavorava nella zona di Varese e andava nei cantieri, è stato bruciato dal suo datore di lavoro. A livello nazionale non si è saputo più nulla; c'è stato un processo, ci sono state polemiche perché secondo alcuni la condanna è stata troppo lieve nei confronti di questo datore di lavoro, secondo altri no, sono entrate in gioco le distorsioni della politica italiana, anche perché c'è il fenomeno leghista.
Il problema poi tra l'altro è stato quello per la famiglia di potere rimanere in Italia, perché con la Legge Bossi-Fini le figlie rischiavano di non poter avere il permesso di soggiorno o comunque la possibilità di poter studiare in Italia.

Alexandru Cobzaru*

Tutti i rumeni aspettano il 2007 per entrare in Europa, però badate bene che noi siamo europei da sempre. Certo che la mentalità è stata distrutta dai comunisti e dai russi.
Aspettano da voi una cultura, una mano per uscire fuori dall'inferno, dai nascondigli, come dicevo prima. E soprattutto noi rumeni che siamo latini come voi, nascosti in una marea di slavi, turchi, ci aspettiamo molto da voi. E non diciamo tanto come aiuto materiale, ma soprattutto la vostra fratellanza, la vostra amicizia perché quando qualcuno di voi viene a trovarci non ci sentiamo da soli.
Certo per noi è la salvezza entrare nella casa europea ma molte saranno la problematiche da affrontare. Adesso i Paesi che fanno parte della Comunità Europea hanno invaso il mercato dell'est, vendono i loro prodotti a metà prezzo e i prodotti rumeni non si vendono più.
E poi i rom o indianos come li chiamiamo noi. Tutti noi li guardiamo come diciamo briganti, violatori, così via, però anche loro hanno parlamentari, sono presenti nel governo.
Noi come Caritas abbiamo creato una scuola per zingari. E certo che sono un po' esclusi, però anche loro per un verso si auto escludono. La maggior parte di loro non vuole neanche studiare.
E riguardo a quel romeno che è stato bruciato, io l'ho appreso qui in Italia e successivamente hanno scritto alcuni articoli anche i nostri giornali. E' vero comunque che 2 o 3 anni fa non si raccontava cosa succedeva fuori, Adesso si scrive di più. I giovani rumeni reagiscono perlopiù dicendo che se poi è successo ad uno non è detto che lo stesso deve succedere a tutti. E poi c'è il fatto che i nostri governanti non parlano e non fanno nulla a tal proposito. Alcuni giornalisti certo hanno cominciato a scrivere però non tanto come qui in Italia.

Intervento

Volevo chiederle di alcune caratteristiche dell'immigrazione: che effetto ha sulla società e sulla famiglia il fatto che molte donne oltre i 50 anni partono dalla Romania. Un'altra cosa, un fenomeno in crescita in Italia è il problema dell'alcolismo di tanti stranieri dei paesi dell'est e della Romania in particolare. E' un fenomeno sociale, un problema sociale anche alla partenza o peggiora soprattutto con l'emigrazione?

Intervento

Tornando un attimo alla questione delle aziende, ai rumeni impiegati magari con salari bassi nel vostro Paese, volevo sapere se sui mass media si fanno anche denunce di questo tipo.
Visto che si diceva che prima non si parlava del fatto che l'occidente sia o meno Eldorado, adesso che l'occidente è lì, come lo percepite?

Intervento

Secondo lei il popolo rumeno reagirà? Va bene l'attesa dell'Europa, va bene l'aiuto della Caritas, però visto che siamo in un contesto cattolico, aiutati che Dio ti aiuta: perché il popolo rumeno è così passivo davanti a queste incredibili situazioni che lei ha descritto così bene?

Intervento

Volevo chiederei se piuttosto il grande assente non sia il recupero di una cultura rumena, perché io in Romania ci sono stata quest'estate, ho avuto la sensazione che la predilezione per l'Italia non sia solo un fatto economico, ma una sostituzione culturale.

Intervento

Io volevo sapere se quello che ha raccontato finora sui rumeni è assimilabile un po' anche alle aspettative degli albanesi.

Alexandru Cobzaru*

Allora cominciamo step by step, prima di tutto con le donne. Certo che questo fenomeno ha distrutto molte famiglie rumene. Proprio quest'anno un mio collega mi raccontava di una mamma della sua parrocchia che è andata un anno, due anni per lavorare in Italia e quando è tornata il suo ragazzino non andava più a scuola, si drogava e suo marito era andato con un'altra donna. Ha distrutto la famiglia, questo è il pericolo. Perché molti non considerano le conseguenze, partono pensando "mi faccio un po' di soldi e torno per aiutare il ragazzino a studiare", ma quando tornano trovano tutto distrutto.
Oppure succede che sia la mamma a trovare un altro e si pone lo stesso problema.
Per la questione dell'alcolismo, l'alcol è un problema serio anche in Romania.
Riguardo alle aziende: sono rari i casi in cui un romeno fa una denuncia perché è pagato meno perché pensa che ci sono altri migliaia che aspettano e l'imprenditore non avrebbe problemi a licenziarlo.
Io non ho letto fino ad adesso nessun articolo di un giornalista che scrivesse che quella ditta tedesca o francese ha pagato solo 50 euro invece di pagare 150 o 200. Dunque perché non dire la verità? I nostri giornalisti non s'impegnano in tutti questi problemi, perché non fanno soldi.
Noi abbiamo fatto qualche anno fa due riunioni sul tema della violenza domestica. Abbiamo invitato i giornalisti e anche la Tv e sono venuti ma quando hanno visto che non li pagavamo se ne sono andati via.
Riguardo alle passività del popolo rumeno che non reagisce. Sono tutti un po' pessimisti perché hanno visto che quella rivoluzione che è esplosa in passato non ha risolto nulla, anzi.
E adesso sono un po' delusi, i giovani si sono sacrificati ma altri si sono impadroniti della rivoluzione e adesso hanno tutto loro in mano: l'esercito, la polizia.
I comunisti di una volta adesso occupano a pieno la politica e i giovani non riescono a penetrare in questo blocco. Ti dicono: "Se vuoi entrare devi ballare e cantare come noi".
Allora è questo il problema: sono un po' rassegnati, tutti gridano, tutti dicono, però non hanno la forza come voi italiani, di correre in strada a protestare. Io penso che l'Occidente deve darci una mano per uscire fuori da questa situazione.
E poi riguardo alla cultura rumena; con Chaucescu non era permesso di guardare un canale televisivo occidentale, leggere un giornale occidentale e non era permesso sentire alla radio Europa libera e chi non ubbidiva veniva perseguitato. Per questo quando i rumeni sono arrivati alla libertà dopo la rivoluzione hanno dimenticato la cultura rumena. Adesso si sta ricominciando a riscoprire il folclore, anche con indumenti popolari di una volta.
Poi riguardo all'ultima domanda sulla Romania e l'Albania. Prima di tutto gli albanesi non sono un popolo latino e non lo so cosa pensano loro. Io ho sentito che i rumeni sono un po' più elevati degli albanesi, so che la Bulgaria è un popolo slavo, però desidera tanto far parte della Comunità Europea, anche se loro sono stati più severamente russificati.


* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.