Donne e welfare, in Italia tanti errori e poca chiarezza

29nov2010
Al seminario “Oltre l’apocalisse” Isabella Menichini, dirigente del comune di Parma e Elena Sisti, economista, spiegano come superare l’arretratezza delle politiche di genere e superare la crisi partendo da una visione al femminile dell’economia

CAPODARCO DI FERMO - Tanti errori e poca chiarezza esistono ancora in Italia in merito a donne e welfare. E' quanto emerso dal workshop intitolato "Se la società diventa meno maschile", che si è svolto nell'ambito del 17° seminario di Redattore Sociale "Oltre l'apocalisse" sabato scorso a Capodarco di Fermo. A sostenerlo è Isabella Menichini, dirigente del comune di Parma dell'Area servizi alla persona e alla famiglia (e in passato collaboratrice del ministero del Welfare), che ha illustrato gli stereotipi da smontare.

"Il primo errore che si fa - ha spiegato Manichini - è la commistione tra politiche per le donne e politiche per la famiglia. In Italia siamo abituati a ragionare come se fossero un'unica questione, invece non è così, perché si tratta di due cose diverse. Questo avviene in parte per abitudine e in parte per scarsa consapevolezza". Un esempio lampante di questa commistione sbagliata è l'iniziativa di Trenitalia "Frecciarosa", che ha scatenato polemiche recentemente. Si tratta della possibilità per le donne di viaggiare gratis se accompagnate. "Questa iniziativa - ha osservato Menichini - è stata venduta come un'agevolazione per le donne, che invece l'hanno giudicata discriminatoria, invece avrebbe dovuto essere venduta invece come un'iniziativa per la famiglia, come uno sconto per poter viaggiare insieme".

Un altro esempio è quello del Programma di azioni per l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro presentato dal ministro delle Pari opportunità Mara Carfagna nel dicembre 2009 con l'obiettivo di favorire la conciliazione dei tempi di vita e lavoro. "Anche in questo caso - ha detto la dirigente - c'è stato un errore a causa del mancato approfondimento, perché le misure contenute in quel piano, come le tagesmutter, le badanti o i voucher per i servizi, in realtà non sono per la donna, ma per la famiglia".

Ancora sul piano degli errori, Menichini ha parlato dell'approccio problematico alla maternità nel mondo del lavoro: il 76% del top management pensa infatti che la maternità sia un inconveniente per l'azienda. E secondo l'Isfol, prima di avere un figlio lavorano 59 donne su 100, mentre dopo solo 43. Come se non bastasse, nel nostro paese è molto diffusa la lettera di dimissioni in bianco che viene fatta firmare alle donne al momento dell'assunzione. "Questo è un segnale di arretratezza culturale sconfinata - ha commentato Menichini - . Di recente si sta iniziando a smontare questo luogo comune con degli studi che dimostrano che i costi della maternità per le aziende sono irrisori e che semmai il vero problema è la riorganizzazione del lavoro. Allora la sfida è quella di cambiare l'approccio problematico alla maternità assumendola come un beneficio per l'azienda e per la lavoratrice".

Un ultimo errore da sfatare è la convinzione che il lavoro domestico sia una competenza innata della donna. Ne è un esempio clamoroso la pubblicità del panno Swiffer, in cui una gigantesca palla di polvere suona alla porta di casa di una coppia, il marito va ad aprire la porta e dice: "Cara, è per te". Per Menichini, è "impressionante quanta ignoranza passi da un messaggio del genere, che però in Italia, a differenza degli altri paesi, trova terreno fertile".

Insomma, ha concluso Menichini, in Italia, l'aspirazione di arrivare a una conciliazione dei tempi di vita e lavoro che sia condivisa da uomini e donne non c'è ancora e nel frattempo il grande capitale intellettuale delle donne viene relegato tra le mura domestiche. Con il risultato che le donne non sono libere di scegliere e il modello di società rimane bloccato.

A seguire, l'intervento di Elena Sisti, economista e autrice di "Le donne reggono il mondo" (Altreconomia), ha messo in luce come il cambiamento culturale di cui c'è bisogno possa partire proprio dalle donne. Ed è paradossalmente la crisi a fornire una grande occasione: "La crisi - ha spiegato Sisti - ha messo in discussione gli assoluti degli ultimi 20 anni. Oggi le donne possono portare la relazione all'interno dell'economia, che non può più occuparsi solo di salari, capitali, rendimenti. Le donne possono dare valore al benessere, che è più importante della massimizzazione dei profitti. Le donne possono far passare l'idea che le cosiddette 'cose da donne' hanno la stessa importanza delle infrastrutture nella società".
Due indicazioni: ripensare il Pil, che sottovaluta sistematicamente il lavoro svolto dalle donne e capire che il nodo vero dell'Italia è che il welfare è basato sul lavoro di cura gratuito e volontario fornito in maggior parte dalle donne. "Il mio sogno - ha concluso - è che un giorno il ministero del Welfare abbia la stessa importanza di quello dell'Economia".

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