Randall: “Formare giornalisti più raffinati, meglio formati, più bravi”

15apr2010
A Roma “Giornalisti nonostante”. Per il senior editor del settimanale Independent on Sunday di Londra occorre “rivoluzionare la formazione”. Critico su citizen journalism e i blogger: “C’è bisogno dei media tradizionali”

ROMA - Se internet può essere un 'pericolo' per i portafogli dell'editoria, per i giornalisti il problema più grande è quello di non essere più al passo con l'evoluzione del mondo che cerca di descrivere, con le fonti e con i nuovi strumenti a disposizione. Per David Randall, senior editor del settimanale Independent on Sunday di Londra, intervenuto al seminario di formazione "Giornalisti nonostante" in corso a Roma, la parola 'crisi' applicata al giornalismo significa innanzitutto questo, ma tutto sommato non cambia il ruolo del giornalista. "Magari avessi un euro per tutte le volte che ho sentito parlare di crisi e difficoltà - ha spiegato -. Sono un giornalista. Non importa se le mie notizie arrivano sulla carta stampata o sullo schermo. Non mi interessa. Internet sta facendo cose straordinarie. Come tutti sappiamo ha migliorato il modo di fare le ricerche".

Per Randall, però, il web pone il problema del costo delle notizie e delle fonti.  "Vi è un processo incredibile che è soltanto agli inizi e ha reso il giornalismo più alla portata di tutti. Abbiamo maggiori feedback, si può utilizzare il video, il sonoro. Tutto questo è positivo. Il problema è che i titolari dei media, in particolare dei giornali, si comportano come se volessero suicidarsi. Dicono: "abbiamo speso milioni e milioni di euro per produrre questo giornalismo e adesso lo diamo tutto via" ed è folle". "Io costo abbastanza, lo stesso dicasi per i miei colleghi - ha aggiunto -. Spendere tutti questi soldi e poi dare via quello che noi stiamo producendo è una follia. La cosa opportuna è utilizzare internet in modo diverso, rispetto al dar via le nostre storie". Una strada percorribile, anche se Randall stesso ci tiene a sottolineare di non avere le risposte, potrebbe essere l'abbonamento ai servizi, ma per il giornalista britannico per trovare una vera soluzione bisogna percorrere strade non ancora battute.

"Non è una crisi, ma è un fatto che come giornalisti dobbiamo affrontare - ha spiegato Randall -. Oltre a internet il problema più grave per la nostra professione è che le capacità e le risorse di cui dispone non sono progredite quanto sono progrediti Stato, governo e gruppi di pressione. Sono diventati molto più professionali e molto più competenti, mentre molti giornalisti non lo sono altrettanto. Sono diventato giornalista 36  anni fa e da allora il governo, lo Stato, le grosse aziende e i gruppi di pressione sono diventati più professionali per quel che riguarda le relazioni pubbliche e il controllo del flusso delle informazioni. Quando ero giovane potevo parlare direttamente con chi gestiva i servizi. Nel frattempo sono nate le divisioni per le relazioni pubbliche e questo non ha migliorato il flusso delle informazioni per noi, bensì per loro".

Critico verso il citizen journalism e i blogger, Randall crede ancora nei media tradizionali, anche se tuttavia non andrebbero tagliati i ponti con i cittadini sul web. "I media più importanti dovrebbero costituire dei nessi verso il basso con i cittadini, con i blogger - ha spiegato -. Spesso mi trovo di fronte ad una storia importante, ma l'idea che i cittadini giornalisti vadano a sostituire persone come noi è assolutamente folle. È come parlare di un cittadino dentista. Quello che noi siamo è una risorsa. La maggior parte dei blogger sono lì seduti in camera in pigiama, si grattano la testa e scrivono quello che pensano, ma è semplicemente quello che pensano". Per Randall, quindi, la professione del giornalista oggi è ancora più importante. "Ecco perché c'è bisogno dei media tradizionali, perché le informazioni e i fatti hanno molto più valore rispetto alle opinioni".

Eppure, secondo Randall, oggi c'è una 'sovrapproduzione' di giornalisti, tanto da non far combaciare la domanda con l'offerta di lavoro. "Produciamo troppi giornalisti in pectore - ha aggiunto -. Ogni anno ci sono decine di migliaia di giovani che dicono di essere giornalisti perché hanno frequentato un corso, ma non si diventa giornalisti con dei corsi". Per questo il senior editor di Independent on Sunday propone di puntare su un nuovo modo di fare formazione. "Una delle cose che dobbiamo fare è rivoluzionare la formazione - ha spiegato  -, come usare i computer e conoscere le leggi. Quello che non è facile da capire è rappresentato da quelle leggine che spiegano i diritti e ci danno facoltà di intervenire. Dobbiamo insegnare questo ai giornalisti. Molti pensano che le parole sono belle e i numeri sono un orrore, la maggior parte dei giornalisti non capiscono più niente di fronte ai numeri. Credo che dobbiamo mettere a punto dei giornalisti più raffinati, meglio formati, più bravi".