I giornalisti: “L'informazione sociale esca dalla riserva indiana”

29apr2011
Seminario Redattore Sociale Milano. Paolucci, caporedattore di Avvenire: “Autoghettizzarsi e autocompatirsi è un pessimo modo per fare informazione sociale”. Scaglioni (Radio24): "Occorre approfondire"

MILANO - Il sociale deve uscire dalla riserva indiana in cui è confinato, schiacciato tra la politica, lo sport e la cronaca. In base a quanto emerge dalle rilevazioni dell'osservatorio "Infowatch", infatti, i quotidiani dedicano al sociale circa l'1% delle loro pagine. "Ma non basta parlare di sociale, occorre prestare attenzione anche al modo in cui se ne parla. Pensiamo al dibattito sorto attorno al cinque per mille: nessuno ha raccontato cosa si fa con quei soldi. Tutto il dibattito è ruotato attorno alle questioni politiche", commenta  Walter Passerini, direttore della scuola di giornalismo dell'università Statale di Milano, intervenendo all'incontro "La selezione (in)naturale delle notizie" nell'ambito del seminario "Il tesoretto delle notizie" organizzato dall'agenzia Redattore sociale (vedi lanci precedenti).

Il sociale deve quindi affrontare la sfida (impegnativa) di entrare a pieno titolo nell'agenda delle redazioni. "Autoghettizzarsi e autocompatirsi è un pessimo modo per fare informazione sociale -dice Giorgio Paolucci, caporedattore centrale del quotidiano Avvenire-. Immigrazione, scuola, disabilità sono temi che hanno una valenza trasversale. Non ha senso creare un ghetto perché chi fa informazione sociale ha qualcosa da dire a tutti". Per il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, il sociale non è un tema "che fa paura". Non a caso da diversi anni la pagina tre viene dedicata a reportage o inchieste che, nell'80% dei casi trattano di temi sociali dall'Italia e dal mondo.

Per Alessandra Scaglioni, caporedattore di Radio 24, fare giornalismo sociale significa "andare a rileggere la società, al di là del fatto di cronaca o dell'emergenza. Per farlo però occorre entrare dentro la complessità: i temi del sociale non possono essere raccontati in maniera superficiale o errata. Occorre approfondire". E per farlo ci vogliono le competenze, ci vuole tempo e ci vogliono gli spazi. Elementi che incidono sulla pianificazione del palinsesto tanto quanto i conti dell'azienda editore: "La pubblicità si vende solo se ci sono buoni ascolti. E questo non dobbiamo dimenticarlo, altrimenti non stiamo in piedi", puntualizza Scaglioni.

"Se non ci fossero spazi dedicati, come le due pagine tematiche che escono due volte a settimana sul Corriere, non avremmo modo di raccontare in maniera approfondita e continuativa alcune storie legate al mondo del sociale e del non-profit -commenta Ugo Savoia, caporedattore cronaca del Corriere della Sera-. È venuta a galla una realtà ricca che non conoscevamo. Una bella sorpresa che ci fa ben sperare e che ci ha dato soddisfazione". (is)