“Raccontare senza deformare”: ancora troppi pregiudizi su omosessualità e identità di genere

22ott2013
L’analisi di Giuseppe Burgio e Delia Vaccarello al IV seminario sulle persone Lgbt, in corso a Palermo. Invito ai media: “Lavorare su molti concetti chiave per aggiornarsi continuamente, senza enfatizzare o indebolire e, soprattutto, senza incasellare realtà che si conoscono poco”

PALERMO – Numerosi gli interventi al IV° seminario sul tema Lgbt tenutosi questa mattina nella sala delle carrozze di Villa Niscemi di Palermo. Il quarto appuntamento di “L’orgoglio e i pregiudizi”, dopo le tappe a Milano, Roma e Napoli.

“Il lavoro da fare su questo campo è ancora enorme – afferma  il docente di pedagogia, Giuseppe Burgio -. L’omofobia colpisce tutti ma le ricerche si sono concentrate principalmente sulla sfera adolescenziale. Attaccare l’altro attraverso pregiudizi e stereotipi è la regola condivisa. Tra i fortissimi pregiudizi con cui fare i conti ci sono quelli che etichettano l’omosessuale come sicuramente un non aggressivo che non si sa difendere, non sa giocare a calcio, fa danza classica e non sa stare in coppia a lungo. Difficile purtroppo allontanare il pensiero comune profondamente radicato nella società. Le lesbiche invece sono brutte, non hanno senso materno e così via. Spesso il comportamento omofobico in pubblico serve agli adolescenti come performance di virilità – continua il docente -. Esiste sicuramente una asimmetria perché l’omofobia risulta ancora più diffusa nei maschi. Gli uomini sono più omofobici con i maschi che con le donne”.

La giornalista Delia Vaccarello, prendendo come esempio un fatto di cronaca, ha parlato dell’inadeguatezza di un informazione ancora poco preparata a raccontare ed affrontare i temi che riguardano l’omosessualità. In particolare, ha citato il caso del giovane omosessuale romano di 15 anni che si è suicidato nel novembre del 2012 noto come “il ragazzo dai pantaloni rosa”. 

“Nessun collega ha parlato in quell’occasione di identità e ruolo di genere – dice Delia Vaccarello -. Il risultato è stato fare emergere una serie di pregiudizi in senso tecnico. In assenza di concetti chiari è esplosa la babele dei linguaggi etichettando un ragazzo di cui si è saputo poco o nulla. Dalla Babele poi si è anche caduti nei balbettii inutili”.

“La discriminazione sul tema è continuamente trasversale – aggiunge -. Non abbiamo come giornalisti ancora gli strumenti per riuscire a saper trattare l’argomento. Per questo dobbiamo imparare a vederci chiaro in una realtà sempre più complessa con il dovere professionale di raccontare senza deformare. Dobbiamo attrezzarci all’imprevisto in cui le variabili sono tantissime. Invito i colleghi a lavorare su molti concetti chiave per aggiornarci continuamente senza enfatizzare o indebolire e soprattutto senza incasellare realtà che si conoscono poco”. (set)