Il giornalista? “Deve leggere la realtà, non fermarsi agli accidenti”

29nov2013
Aperta la ventesima edizione del seminario per giornalisti Redattore sociale. Don Albanesi: “Nati dall'esigenza di infrangere il muro che nascondeva chi aiutava i disperati”. Di Trapani (Usigrai): “Giornalisti sottoposti a un sottoproletariato che chiamiamo lavoro autonomo”

CAPODARCO - Creare un ponte tra due mondi poco disposti a parlarsi, che si guardavano con diffidenza, che si stimavano poco: il giornalismo da una parte e il sociale dall'altra. Era questo, e lo è tuttora, l'obiettivo di Redattore sociale, che festeggia oggi i vent'anni di seminari rivolti a giornalisti e addetti alla comunicazione, con l'edizione dal titolo "La sostanza e gli accidenti".

Era il 27 maggio 1994 quando per la prima volta su iniziativa del Cnca la comunità di Capodarco aprì le porte a 136 partecipanti. Da allora oltre 6.500 persone e 500 relatori  hanno accompagnato questo percorso e hanno permesso all'esperienza di crescere, esportando il marchio "Redattore sociale" in altre città: a oggi sono 42 le edizioni complessive dei seminari. La storia di quegli incontri è ripercorsa nel volume "Raccontare come va il viaggio" che propone, con le parole degli ospiti che negli anni sono intervenuti, appunti di viaggio utili a chi svolge la professione, una collezione di pensieri e idee senza tempo. "Ci sono molti passaggi da imparare a memoria, da leggere e rileggere - sottolinea il direttore di Redattore sociale, Stefano Trasatti -, che sono tuttora estremamente attuali e che fanno di questo volume un vero e proprio libro sul giornalismo".

"Quando iniziammo qualcuno, anche potente, tentò di scoraggiarmi - ricorda Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco e di Redattore sociale -. Ma io insistetti perché sentivo l'esigenza di infrangere il muro che nascondeva chi aiutava i disperati. Ci fu chi ci incoraggiò, come Andrea Rauch, artista raffinato che da 18 anni accompagna i seminari con le sue grafiche". Entrando nel merito della pratica giornalistica, Albanesi sottolinea che "chi fa il giornalista dovrebbe andare a leggere la realtà, non fermandosi agli accidenti, ai dettagli". Indicazione condivisa da Giovanni Rossi, presidente della Federazione nazionale stampa italiana, che però precisa: "Leggere la realtà vivendo le difficoltà che caratterizzano la professione non è facile". Ricorda che sono 16.904 i giornalisti dipendenti e 30 mila gli autonomi, "cioè lavoratori in nero e precari", e che in pochi anni sono andate perse circa due milioni di copie di giornali. "Serve una categoria che abbia una formazione alta in partenza - afferma -, di tipo universitario, cui aggiungere la formazione permanente. E ci deve essere anche una componente deontologica".

"In questi vent'anni nella nostra professione è cambiato poco - commenta Vittorio Di Trapani, segretario dell'UsigRai - se non per il fatto che il disagio lo abbiamo anche in casa, con giornalisti sottoposti a un sottoproletariato che chiamiamo lavoro autonomo. Quando si è costretti a lavorare per due o tre euro a pezzo l'obiettivo purtroppo è di produrre articoli, non di leggere la realtà". Il problema è che manca un'idea del presente: "Se non ci accorgiamo che sta cambiando tutto rischiamo di compromettere il nostro futuro. Basti pensare al fenomeno del brand journalism, che di fatto consente alle aziende di bypassare i giornali facendo informazione da sè. Per rispondere a questo alla professione serve qualità".

Per Di Trapani è paradossale che la formazione passi per un obbligo di legge: "In qualsiasi altro paese è interesse del datore di lavoro, da noi è un costo". Sulla stessa linea Enzo Iacopino, presidente dell'Ordine dei giornalisti: “Sono indignato che ci sia voluta una legge per costringerci a fare formazione. Noi dobbiamo seminare, come fa da vent'anni Redattore sociale. Dovremmo avvertire la formazione come esigenza morale, perchè abbiamo grandi responsabilità". E aggiunge: "Ormai la regola che sovrintende l'informazione non è più quella delle 5w, ma è quella delle 5s: sport, spettacolo, sangue, sesso, soldi".  (gig)