Free lance a “Zero Potere”: voci e storie di giornalisti invisibili

27nov2014

Un documentario di Marina Piccone fa luce su una figura diffusissima, ma spesso nascosta nel mondo dell’informazione. Sarà proiettato a margine di “Rimozioni”, il seminario per i giornalisti organizzato da Redattore sociale a Capodarco questo week-end

#Zeropotere è il titolo del documentario realizzato da Marina Piccone (riprese e montaggio di Cristiano Piattoni e Valeria Valli) sui giornalisti free lance, una categoria di lavoratori a volte “invisibili” che svolgono un lavoro prezioso di cui tutte le testate si avvalgono ma che, al contempo, non viene riconosciuto. Attraverso le storie di alcuni giornalisti, il documentario racconta una realtà che pochi conoscono e, inevitabilmente, il mondo dell’informazione italiana. Il documentario inedito (durata 50’) verrà proiettato a margine del XXI seminario di formazione per i giornalisti organizzato da Redattore sociale il prossimo fine settimana alla Comunità di Capodarco; in particolare, un suo spezzone avvierà la tavola rotonda del sabato sera, intitolata appunto “Il giornalismo: una professione fondata sui free lance”.

I giornalisti free lance vengono pagati a cottimo, con compensi bassi quando non indecenti, spesso non hanno rimborsi spese, né assicurazione, ferie, malattia: non hanno potere contrattuale. Eppure, spesso, si occupano di inchieste scomode, di reportage in zone di guerra, dove rischiano anche la vita. Articoli che riempiono le pagine di quotidiani e settimanali ma non le tasche di chi li redige.

A risentire dello stato delle cose non sono solo i diretti interessati ma anche la qualità dell’informazione. Come essere sicuri, infatti, che una persona che riceve 1, 3, 5 euro a pezzo, dovendone fare decine al giorno per sbarcare il lunario, controlli adeguatamente le fonti e faccia le dovute verifiche? “Ma sembra che editori, direttori, e caporedattori non si interessino al tema – dice l’autrice –. Tutto si gioca su quanto una persona è disposta a farsi sfruttare: ‘se ti va bene è così, sennò c’è la fila fuori’, è la frase che ogni giornalista precario si è sentito dire, come testimoniano gli intervistati. E non importa se nella fila ci sono persone meno capaci, meno preparate, meno affidabili”.

Come appare dai racconti, il punto di riferimento di direttori e caporedattori, nonostante il crollo del mercato editoriale che dovrebbe indurre a riflettere sull’argomento,msembra essere la pubblicità e non i propri lettori.

Il documentario, interamente autofinanziato, più che una serie di sterili lamentazioni, è una denuncia puntuale e coraggiosa di fatti e situazioni che hanno dell’incredibile. Le testimonianze dei giornalisti freelance, critici anche sulla propria categoria, formata da persone divise e in competizione fra loro, si intersecano le une con le altre in un discorso unico in cui si svelano retroscena sorprendenti, si fanno confronti con giornali e giornalisti di altri paesi, si sollevano dubbi e si avanzano proposte.

Nella parte finale del documentario gli interventi di aspiranti giornalisti, giovani e entusiasti, fanno da contrappunto alle testimonianze di coloro che, già attivi da anni, esprimono il proprio malessere per le difficoltà che incontrano nel praticare un mestiere che, però, nonostante tutto, continuano ad amare.