Albanesi: così il Cristianesimo sta diventando una religione "animista"

25nov2015

Un’analisi del sacerdote discussa con il vaticanista Luigi Accattoli in apertura del seminario per i giornalisti alla Comunità di Capodarco (27 novembre). “Per l’uomo moderno conta solo la propria l’individualità. Dio diventa divinità, il peccato un limite, i sacramenti dei riti…”

Albanesi: così il Cristianesimo sta diventando una religione "animista"

Cristianesimo trasformato in una "nuova religione animista", frutto della sintesi operata dall'uomo moderno "materialista, veloce, solo, incerto", "pressato da annunci e mode, da ideologie lontane e invasive" e che "vive il senso della paura fin da piccolo".

È questo il rischio che si intravede oggi dalle frontiere pastorali e che sarà al centro del dialogo tra don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco, e Luigi Accattoli, tra i maggiori vaticanisti italiani, che aprirà il 22esimo seminario per giornalisti di Redattore sociale dal titolo "Frontiere" in programma dal 27 al 29 novembre nella comunità di Capodarco di Fermo. Un confronto che parte da una riflessione di Albanesi sui cambiamenti della religiosità in un'epoca influenzata da forti tendenze globali, minacciata dalla paura del terrorismo, dagli effetti di una lunga crisi economica, in cui la Chiesa cerca di dare vita ad un nuovo corso, ma si trova anch'essa ad affrontare tensioni intestine e scandali che mirano ad indebolire il percorso di riforma voluto da Francesco.

Frontiere da cui si intravedono i "sintomi" di una "nuova religione" assemblata con quel che rimane del passaggio della fede all'interno del nucleo familiare, dove per la Conferenza episcopale italiana si è consumata una rottura del "patto religioso" tra generazioni, e le stratificazioni silenziose dei cambiamenti sociali del nostro tempo. "Recentemente i termini della religiosità sono cambiati - scrive Albanesi -. Una nuova sintesi è apparsa all’orizzonte, spiazzando teologi, biblisti, liturgisti, pastori. Chi è in frontiera avverte i sintomi di questa “nuova religione”, rimanendo perplesso e disorientato".

Ad influenzare la spiritualità del nostro tempo ci sono diversi fattori, spiega Albanesi. "Il mutamento del modello economico che ha accentuato l’aspetto finanziario a discapito di quello produttivo; - scrive Albanesi - la diffusione di una cultura di massa, con la conseguenza di conoscenze massificate e non personali; la marginalità della politica che è gestita dal mondo anonimo e determinante del potere finanziario internazionale; l’intreccio di popoli e di razze con differenti riferimenti culturali e religiosi". Trasformazioni che hanno avuto effetti sulle persone e sul loro vissuto interiore, segnato dall'idolatria del denaro, dalla cupidigia, dalla perdita dell'interiorità, dalla "fuga nel soggettivismo con la trasformazione del vizio in virtù".

"L’unico valore che rimane è quello dell’affermazione della propria individualità - scrive don Vinicio -: occorre essere primi e soltanto primi". Un contesto in cui, spiega Albanesi, l'uomo moderno "è costretto, per le necessità della vita di ogni giorno a provvedere alle risorse di benessere sempre più elevate, con l’affanno di non perdere la corsa, in completa solitudine perché chi è accanto corre più veloce di lui".

Tendenze che sulla religiosità cristiana hanno avuto "effetti pratici", suggerisce ancora Albanesi, che si notano bene in tutta una serie di "varianti". A partire da quella che don Vinicio indica come "autorità negata". "L’uomo moderno non concede a nessuno il valore assoluto di autorità - scrive Albanesi -: tutti i riferimenti, indicazioni, comandi sono sottoposti alla propria discrezione. La norma eterodiretta (di qualcuno all’esterno) non può esistere. Il concetto di Dio è sfumato verso il significato generico di divinità: forse esiste qualcosa, qualcuno, mescolando ricerche scientifiche, credenze, intuizioni e desideri".

Ulteriore variante è l'assenza del senso di peccato che, per Albanesi, si è "molto affievolito, sostituito dal concetto di limite. Il limite è da tutti sperimentato e quindi è giustificabile". E così ogni azione, anche peccaminosa, trova la propria giustificazione in spiegazioni che "fanno da antidoto alla disobbedienza alle norme". "Gli esempi sono molti, anche gravi - avverte Albanesi -, ma non creano né allarme, né sensi di colpa. Anche le azioni negative hanno cause umane giustificabili". Infine i sacramenti, che per l'epoca moderna sono diventati "riti utili" che hanno trasformato il battesimo in una "benedizione", la messa domenicale in una possibilità delimitata dalle incombenze quotidiane e la comunione come "dovere di cortesia" in funerali, matrimoni e battesimi. Il matrimonio come "completamento della propria volontà di vivere insieme a un compagno/a", inteso oggi più come "tappa di un percorso non necessariamente concepito come esclusivo e indissolubile", aggiunge Albanesi.

Tutti elementi che nel quotidiano diventano tasselli di una "nuova prassi religiosa" che Albanesi definisce "animista" perché "i riferimenti non sorgono dal nulla, ma evolvono in una sintesi che caratterizza il nostro popolo nel nostro tempo". Una prassi legata al concetto di "memoria", con il ricordo dei sacramenti, delle preghiere e dei "riferimenti morali" che vengono miscelati "con la scienza, le attitudini, le mode, i modi di sentire del momento". Una prassi anche soggettiva. "La religione animista è interpretata dai singoli soggetti - spiega Albanesi - e, a seconda delle epoche e dei momenti della vita, influisce sui comportamenti delle persone in maniera diversa, sia qualitativamente che quantitativamente. Non ci sono scale di valori e nuclei fondamentali di fede, ma soggettivamente vengono offerti valori e significati secondo la propria sensibilità".

Infine, la "vaghezza". Nella religione animista "non si hanno verità certe, ma intuizioni che ondeggiano tra la paura, il ricordo e la speranza". Una prospettiva di vita, ricorda Albanesi, in cui è "assente la prospettiva dell’eterno, relegata in una vaga speranza che può assumere i volti della negazione, ma anche di altre forme di seconde vite o di “praterie” celesti".

La risposta pastorale al dilagare di queste nuove prassi non è semplice, né scontata. Per Albanesi occorre ripartire dalla scoperta del volto di Dio, con passi graduali. Dalla riscoperta della "vita dello spirito" attraverso il silenzio, la meditazione, la ricerca e le opere di bene. Poi la ricerca di un volto di Dio "proprio" che seppur lontano da quello cristiano, può instradare verso la giusta via. "Il desiderio della spiritualità aiuta a vivere una vita che ha prospettive diverse dal semplice quotidiano". Infine il passo decisivo, segnato dal confronto tra il "proprio Dio" e quello cristiano. Un percorso "possibile" in cui, secondo Albanesi, occorre "molta pazienza e comprensione: non preoccuparsi delle verità raggiunte, ma del cammino intrapreso".

Qui il testo integrale della riflessione di don Vinicio Albanesi. (ga)