La Ledha a Belpietro: "I disabili non sono una tassa"

08feb2017

Lettera aperta della Ledha al direttore del quotidiano La Verità. In un articolo sull'obbligo, introdotto dal Job act, di assumere persone con disabilità anche per le aziende sotto i 35 dipendenti, le persone disabili sono equiparati a un nuovo balzello. "L'inclusione lavorativa è un diritto e non una forma di assistenza”

La Ledha a Belpietro: "I disabili non sono una tassa"

MILANO - Titolo: "I disabili trasformati in tassa". Sommario: “Il Jobs act di Renzi scarica il welfare sui privati: da febbraio le 100.000 aziende che contano tra i 15 e i 35 dipendenti obbligate ad assumere un handicappato”. Questo su "La verità" del 27 gennaio 2017, quotidiano diretto da Maurizio Belpietro. Già senza leggere l'articolo ce n'è abbastanza per far arrabbiare le associazioni che si occupano di persone con disabilità. Innanzitutto la parola "handicappato", termine ormai desueto perché ritenuto offensivo.
E poi il concetto che l'assunzione di un disabile sia un peso, un ulteriore balzello per gli imprenditori. Il lavoro è un diritto anche per chi è disabile. Il problema, però, è che il titolo è fedele all'articolo, non è una sparata di un titolista annoiato. Ed è così che la Lega per i diritti delle persone con disabilità (Ledha), alla quale aderiscono una quarantina di associazioni, ha scritto una lettera aperta al direttore del quotidiano. "Nell'articolo sono contenute diverse inesattezze e gravi imprecisioni sul tema -scrive la Ledha-. La prima, e di certo non indipendente da stereotipi, riguarda l'uso delle parole dal momento che nel 2017 siamo ancora obbligati a ribadire un concetto che oramai credevamo assodato: usare il termine “handicappato” per riferirsi a una persona con disabilità è sbagliato. E non per un presunto amore del politically correct. Ma perché la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità (ratificata dal Governo Italiano e quindi legge dello Stato) ci dice chiaramente che stiamo parlando di persone.  Di uomini, donne, bambini, studenti, sportivi e – in questo caso – lavoratori.... con disabilità. L’uso del termine “handicappato” o “disabile” fa coincidere la parte con il tutto, annullando una persona e tutte le sue caratteristiche in una sola: la sua disabilità".

Il secondo grande errore del giornalista de La Verità, Claudio Antonelli, è quella di non considerare il lavoro un diritto anche per le persone con disabilità. "Dobbiamo sottolineare l'altrettanto ingeneroso attacco del pezzo: 'Trasformare i disabili in una tassa e a scaricare sulle aziende quello che dovrebbe essere un sacrosanto dovere pubblico'. Qui il giornalista dimostra di non conoscere l’ordinamento giuridico italiano perché l’inclusione lavorativa per le persone con disabilità è sancita da una legge dello Stato (legge numero 68/99), rappresenta un diritto e non – come erroneamente suggerisce l'articolo – una forma di assistenza. Che è cosa profondamente diversa.
Equiparare l’assunzione delle persone con disabilità o le multe che l’azienda deve pagare in caso di mancata assunzione a un mero strumento messo in atto dallo Stato per fare cassa, oltre a essere offensivo, significa non aver compreso lo spirito della legge sull'inclusione lavorativa. Perché proprio attraverso il lavoro le persone con disabilità possono emanciparsi, diventare soggetti attivi, produttori di reddito e persino contribuenti".

"Il pezzo poi contiene varie inesattezze -aggiunge la Ledha-. La modifica introdotta dal “Jobs act” alla legge 68/99 è minima e ampiamente annunciata. Di fatto, dal 1° gennaio 2017, anche le aziende che impiegano tra i 15 e 35 dipendenti (come già avviene in tutte le altre aziende con più di 35 dipendenti) hanno l'obbligo di assumere, entro 60 giorni, una persona con disabilità. La chiamata non avviene mai su base numerica, ma si tratta sempre di chiamata nominale. L’azienda può scegliere la persona con disabilità che vuole assumere. L'autore dell'articolo si è poi dimenticato di spiegare che esistono tutta una serie di strumenti (tra cui quelli previsti dall'articolo 11 della legge 68/99 e dalla D.Lgs. 276/03 attuazione L.30/03 Legge Biagi) che permettono alle aziende di avviare un percorso formativo in collaborazione con enti qualificati per costruire un percorso di integrazione e inserimento lavorativo realmente efficace per la persona con disabilità. Le multe che vengono pagate dalle aziende non finiscono in un calderone indistinto. Ma confluiscono nei fondi regionali per l'integrazione lavorativa delle persone con disabilità. Risorse con cui vengono finanziate politiche proattive di inserimento lavorativo (formazione, accompagnamento, ….). Il costo del lavoro per l'assunzione di una persona con disabilità sia identico a quello che la stessa deve affrontare per assumere qualsiasi altro lavoratore. Dalla lettura dell'articolo del dott. Antonelli traspare un forte pre-giudizio. Ovvero l'idea che l'assunzione di una persona con disabilità sia un impiccio, un peso morto. Un costo extra per un'azienda che invece dovrebbe dedicarsi a produrre e a far lavorare (gli altri). Da qui l'equazione “disabilità = tassa” senza considerare che in Italia il tasso di disoccupazione delle persone con disabilità è superiore al 50%".

"Ci rendiamo conto che la normativa in materia di inserimento lavorativo per le persone con disabilità è complicata -conclude Ledha-, non di facile comprensione per chi, per la prima volta, si avvicina a questi temi. Come LEedha siamo disponibili a darvi tutte le informazioni necessarie ogni volta che avrete bisogno". (dp)