I Redattore Sociale Milano 29-30 settembre 2006

Città crudele

La città che ride

Incontro-Spettacolo con Lella Costa

Lella COSTA

Lella COSTA

Attrice, scrittrice e doppiatrice italiana. 

ultimo aggiornamento 29 settembre 2006

Buonasera. Quest'uomo (riferendosi a don Gino Rigoldi) fa casino per definizione, io lo definisco casinista, proprio non ne troverei una migliore, nel senso che quando più o meno 3 mesi fa mi ha chiamato, beccandomi in un momento in cui per altro stavo andando a registrare 4 puntate di "Mitico" e mi dice: cosa fai il 29 settembre? Ho iniziato a preoccuparmi… Allora il fatto è che io so per certo, in genere, cosa faccio in questi giorni qua, perché domani è il mio compleanno e va bene, questo chi se ne frega, ma il 29 settembre è il compleanno di Berlusconi, questo dimostra che don Gino è un casinista!!! L'ex presidente del consiglio, poche volte nella vita mi è capitato di pronunciare con tanta soddisfazione la parola ex… Se per caso vi interessa saperlo, la sua mamma Rosa, per il suo compleanno, giuro, lo so per certo, gli ha regalato un golfino di cashmire blu, perché ne ha uno solo, infatti lo mette sempre, sono 15 anni che ha su sempre quello nelle fotografie. Però la signora Rosa era un po' provata perché c'è una concentrazione di compleanni alla fine di settembre, il giorno prima o il giorno stesso è anche il compleanno del Luigino, che è il più piccolo dei nipoti. In questa zona poi c'è anche il problema del compleanno del Paolo, sempre il sor Paolo, però anche lì è un'esposizione economica pesante, per la signora Rosa, dice che adesso va meglio perché non c'è più la stupidina, la stupidina è la Natalia Estrada, dalla quale Paolo Berlusconi si è separato. Questo per dire che si può fare non dico spettacolo, ma un minimo d'intrattenimento praticamente con qualunque stupidaggine che ti viene in mente, basta avere un po' di materiale a disposizione.

Allora quello che volevo dire è che don Gino mi aveva illuso di volermi qui per i contenuti e non per la forma, che a volte nel mio caso coincidono, e mi ha detto: ho bisogno della tua presenza perché sai è importante la comunicazione del sociale, ci sono dei giornalisti… Io mi ero illusa che mi volesse come relatore sul palco, in realtà mi voleva come soubrette, ma non me l'ha detto. Quando mi arriva la mail da non so chi degli organizzatori che mi dicono che poi abbiamo messo questa cosa dello spettacolo, ho detto no, ma l'ho detto in un modo un po' più hard, il senso era questo, ma per un altro motivo, che non è di tirchieria, giuro, anche perché è una delle cose che mi danno più fastidio nella vita; ci sono grandi nefandezze, ce ne sono alcune piccole, secondo me forse altrettanto, se non più gravi, una di queste è la tirchieria, non tanto come solo la tirchieria dei beni, ma la tirchieria di sé, trovo che sia veramente, per parlare un linguaggio che a te dovrebbe essere vagamente familiare, un peccato mortale, ti ricorda qualcosa l'espressione "peccato mortale"? Qualcosa che in gioventù ti ha sfiorato? Non hai in mente bene il concetto, ci sono i peccati mortali e i peccati ve…natori, che sono quelli dei calciatori in questo periodo… Allora la tirchieria di sé è quella per cui uno non si spende, non si fa coinvolgere, ecc. Io sono molto contenta di essere qui questa sera, lo considero un privilegio e un modo per incontrare persone e ascoltare cose importanti. Non mi piace, non me la sentivo di venire qui e salire sul palco a fare il pezzettino pronto di repertorio. Magari a voi vi piaceva di più se raccontavo barzellette, ma non sono buona a raccontarle, per me vale di più fare una chiacchiera, porsi due domande, magari provare a parlarne insieme, ovviamente quello che dicevamo, che abbiamo sempre detto con don Gino, ma che insomma è un po' la chiave del mio modo di fare questo mestiere, esistono diversi modi di raccontare le cose. La scelta dello sguardo, dell'ironia, del grottesco, degli approccio ironico, non è una cosa che cambia il mondo, è difficile cambiarlo pare, però cambia, può cambiare il modo di guardare le cose del mondo. E a volte guardare le cose da un altro punto di vista sicuramente non è risolutivo, ma può essere un buon punto di partenza, può essere più facilmente condivisibile, può essere qualcosa che capita un pochino a tutti noi.

Ecco, nel mio mestiere, che ormai faccio da parecchi anni, ho cercato di essere il più possibile curiosa del mondo che mi sta intorno, penso che in questo senso, questo mio mestiere sia un po' cambiato. Fino a non molti anni fa l'attore era una persona che interpretava dei ruoli in genere scritti da altri, che poco o niente avevano a che fare con la vita reale. Io appartengo a una generazione, invece, che si è molto posta il problema di quello che sta intorno, anche perché penso onestamente che se hai la pretesa di salire sul palco e raccontare delle storie, devi sapere che cosa sta a cuore, che cosa tocca la vita e il cuore delle persone a cui ti rivolgi. Ci sono molti modi di raccontare le cose, io credo che si possa, senza mai scappare dalla serietà, dalla profondità e anche dalla drammaticità quando c'è bisogno, ma credo che gran parte delle stesse cose si possano raccontare con lievità. Credo che il sorriso, la leggerezza, siano delle grandi doti e forse soprattutto quando si affrontano temi che sono delicati, che vanno a toccare sfere difficili, cerco di farlo in quella maniera lì. Poi non so dare delle risposte ai temi forti che sono stati posti qua oggi. Credo che però possa essere un piccolo suggerimento per chi poi prova a raccontare quello che succede per esempio nel mondo delle difficoltà, le cosiddette disabilità e tutte queste cose. Non si tratta di prendere in giro, per carità, né tanto meno di svilire o di svuotare di serietà, si tratta però di avere una forma di empatia, per cui poi se entri in relazione veramente allora riesci a raccontare con quella tenerezza, magari un po' brusca, o quella complicità che è fatta anche di battute; a me piace molto prendere in giro don Gino, penso che sia una delle persone più straordinarie, di qualità che abbia mai incontrato nella mia vita; inoltre credo che questa città sia un pochino più fortunata e un pochino migliore perché c'è lui e alcuni altri come lui di cui non faccio i nomi, perché sono quasi tutti dei nomi un po' così, almeno questo è quello che penso. Chiedimi, vuoi dire che sono stata esaustiva?

Gino Rigoldi

Oggi si diceva che si parla del sociale facilmente o magnificando persone straordinarie che poi fanno le cose normali, che sarebbe il caso di dire che sono normali esattamente come gli altri, oppure mettendo lì una serie di problemi senza mai immaginarsi né i perché, né prefigurare un po' le soluzioni possibili, perché dovrebbe esser logico che per tutti le difficoltà sono fatte per essere risolte, mica per essere contemplate…

Lella Costa

Se lo dici tu che fai il prete, figurati se non sono d'accordo con te, non è molto mistico come atteggiamento, però insomma c'avrai la tua convenienza, che cosa ti devo dire? Sono assolutamente d'accordo. Mi sembra però anche che, io non è che voglio sviolinare quelli che si occupano di comunicazione sociale, però mi sembra che oggettivamente lo spazio che viene dato nei mezzi di comunicazione e nei giornali cosiddetti media, a questo tipo di comunicazione, d'informazione, sia assai limitato e soprattutto la richiesta che viene fatta, più o meno esplicita, poi non lo so, magari lo spiega meglio chi lo fa quel mestiere lì, sia quella di dare sempre, come dire, il colore grigino, il dramma, la difficoltà appunto che non è lì per essere risolta, ma per essere raccontata come peso. 

Prima di venire qua oggi sono stata alla Libreria Babele dove si presentava un libro che tratta del tema della sieropositività, un libro fotografico piuttosto bello, in cui alcune persone che convivono con questa malattia da più o meno anni, raccontano la loro esperienza sia attraverso le fotografie, sia attraverso le loro testimonianze, e mi sono resa conto stando lì con loro che io stessa per esempio è un po' di anni che non partecipo a questa cosa bella, simbolica e molto straziante delle coperte, della giornata in cui si stendono le coperte con i nomi delle persone che sono morte di Aids… E' una cosa che ha un fortissimo valore simbolico, perché a un certo punto si ha un po' la sensazione, che certe emergenze, certe tragedie, certi drammi, certe difficoltà non esistano più, unicamente perché sulle prime pagine dei giornali, per semplificare, ne vengono delle altre e allora sembra quasi che quelle lì non ci siano più, o siano state risolte. Il più delle volte non è così e c'è una sorta di lotta tra sfighe, non so come dirlo diversamente, per avere una visibilità e questo mi sembra atroce. Perché quante sono le questioni? Quante sono le emergenze? Quante sono le cose che andrebbero costantemente seguite, costantemente raccontate? Io credo che fare questo mestiere sia particolarmente difficile, perché si deve mettere insieme l'informazione con la narrazione. Se non racconti storie è molto difficile che si crei un legame che poi porti le persone a continuare ad interessarsi, a continuare ad appassionarsi, a continuare a condividere.

Gino Rigoldi

Oggi si è detto che è importante che i giornalisti raccontino qualcosa che vedono coi propri occhi, che possano entrare in tutti i posti, anche i più critici, quelli più nascosti, più vergognosi da esibire, per raccontare quello che vedono realmente, non invece quello che passa per convenienza. Si diceva anche un'altra cosa, quella che a me sta abbastanza a cuore, cioè che bisogna essere un po' di parte, se non sei di parte, se sei quello che sta equilibrato, né di qui, né di là, racconta delle balle, finisci sempre col raccontare la voce del padrone, se invece sei di parte allora hai un punto dal quale guardare la realtà e quindi capisci pure qualcosa. Ho buttato lì poi un mio sogno, di fare a Milano un istituto della relazione e della comunicazione, dal punto di vista pedagogico, filosofico, antropologico, politico, in modo che re-impariamo a parlarci guardandoci negli occhi, ad accettarci con le nostre belle qualità, i nostri limiti, insomma voi uomini e donne normali ne avete una quantità, noi preti un po' meno, ma comunque come si sa…

Lella Costa

Quando tu dici "noi preti" è un plurale maiestatis perché gli altri si dissociano tendenzialmente da te…

Gino Rigoldi

Per ricominciare ad imparare a stare insieme in maniera positiva, costruttiva, anche conflittuale, ma per rimettere l'argomento in circolo, questo poi è quello che si diceva, una qualità che dovrebbe essere tenuta in conto anche da chi fa la comunicazione sociale, poi dentro a questo marchingegno del passare notizie, ricominciare mettendo qualcosa che possa rifar cultura. Magari è semplicemente un'illusione, ma…

Lella Costa

Cosa diceva Gramsci? Odio gli indifferenti! E' una bella frase secondo me, cioè dice un po' quella cosa lì no? Prendere parte secondo me, in questo caso, stare da una parte non vuol dire, un'assunzione ideologica, vuol dire che ti appassioni e che fai tua una causa, che non è la tua. Una delle cose che mi hanno messa di più a disagio in questi anni nel mio paese, non che prima ne andassi pazza, è stato quello che ha iniziato ad intravedersi nei primi anni '90, ma anche dopo, nel 2001 appunto, quando c'è stata questa formidabile campagna di lancio di Forza Italia, di questi partiti qua che sono nati come nuovi o presunti tali. A me colpiva molto di questa comunicazione elettorale, ma anche non elettorale, questa roba che tutto era incentrato sul "stai con noi così difendi i tuoi interessi, la tua libertà, le tue priorità", cioè totalmente ego riferito, cioè ci si muove unicamente per sé e questo mi sembra esattamente la negazione del fare politica come l'ho imparato io quando ero piccola, come una cosa intanto molto alta, molto nobile e il cui centro etico fondamentale era "ciò che si fa, si fa per il bene comune", ovvero chi faceva politica in qualche modo prescindeva dai propri interessi. Mi sembra che nelle tematiche sociali questo sia il punto, cioè non te ne occupi soltanto perché ti riguarda a te, sicuramente esiste un coinvolgimento delle persone, delle famiglie delle persone, che sono toccate da svariati tipi di problemi in cui ovviamente c'è un coinvolgimento maggiore emotivo, pratico, quotidiano. 

Mi piacerebbe pensare che la soluzione che dicevi tu passi proprio attraverso la comunicazione, perché deve passare per forza attraverso la condivisione, perché, adesso sembra che dico una roba un po' blasfema, ma è esattamente il problema, non tanto dei graffiti perché come dice il nostro attuale assessore alla cultura che è bello picchiatello e non è esattamente un personaggio affidabile, però ogni tanto ne dice qualcuna giusta e poi soprattutto fa delle robe che fa venire una crisi di nervi a tutta la sua giunta e questo ci fa piacere, questo qua che se ne va al Leoncavallo come se niente fosse e dice: giù le mani da questo posto, perché questo posto è arte contemporanea! Lo dico alla Maiolo, è un bel momento per me, Sgarbi dice delle robe estremamente provocatorie di cui magari si dimentica domani mattina, però lo dice, allora non si possono fare i graffiti sui muri delle cose belle. Le cose belle però hanno smesso di farle, ad esser generosi, con la fine degli anni '50, quindi su tutte le case costruite dal 1960 in avanti, non solo si può, ma si dovrebbero fare i graffiti perché fa bene alla città. Questa roba qui è il motivo per cui deve passare questo senso di appartenenza, cioè la bellezza, l'arte e anche le nuove forme di bellezza e di arte, sono roba nostra, sono roba di tutti; solo in questo modo passa il principio dell'aver cura e quindi del difendere, del tutelare, dell'interessarsene, perché è roba di tutti. Anche il disagio è roba comune, anche le malattie, anche le diverse disabilità sono roba di tutti. Io credo che molti di voi avranno incontrato Franco Bomprezzi oggi e penso ne siate rimasti incantati, io sono una sua grande fan perché è uno che è riuscito, nonostante le problematiche anche visibili, ad attraversare la vita con un'ironia, una leggerezza, un'intelligenza assolutamente fuori del comune e usa questo totale spiazzamento di sguardo rispetto al mondo, cioè scrive delle cose meravigliose e soprattutto dice: a me non me ne frega niente di come mi vedete voi perché io dentro sono alto, biondo, bello e con gli occhi azzurri. È così che deve essere. Non tutti sono così bravi, ma credo che l'esistenza di persone così poi aiutino altri a liberare anche questi paradossi, o questa voglia di raccontare anche come si vorrebbe essere; si può ogni tanto maledire il destino cinico e baro? Ha detto che si può (parla di don Rigoldi), altra scomunica in arrivo, tu dovresti dire no, non si può perché tutto ha il suo perché, perché tutto è volontà del Signore, bisogna accettare, non bisogna dire: che sfiga!

Gino Rigoldi

Non ci risulta. Questa è una cosa che mi piace anche ripetere: questo modo di vivere è anche un bel modo di vivere, perché ci si diverte molto di più a far così, ci s'incavola un tantino di più, però invece di star sempre ingrugniti a dir sempre "Signore ti apporto la mia libertà" è anche una maniera per darsi un'esistenza. Io credo che a far così sembra che noi siamo i più eroici, ma in realtà è anche una maniera più divertente per vivere, non è così?

Lella Costa

Sono assolutamente d'accordo. Adesso sempre per andare totalmente a ruota libera, forse non è esattamente pertinente, ma è un'osservazione che mi è venuta in mente in questi giorni. Io non ho capito niente della vicenda Telecom ma secondo me non hanno capito niente nessuno o quasi nessuno, tranne quelli che l'hanno fatta e forse neanche loro. Delle volte preferisco il dolo all'idiozia, temo che siano solo idioti, ma va bene, però penso più a Bush quando dico queste cose qua che a te… Di questa vicenda di cui non ho capito niente, però quello che mi sembra che sia un dato oggettivo è che questi qua che hanno fatto, forcato, brigato, hanno fatto delle robe infime, controllato e intercettato, in realtà poi i mandanti pare siano dei signori che sono straricchi e strapotenti. E allora ma che te ne fai di altri quattrini… In questo mondo qua manca qualcuno che ponga le domande giuste e soprattutto c'è un'enorme confusione tra i fini e i mezzi: il denaro anziché essere un mezzo per conquistare delle cose, magari sordide, magari che non ci piacciono, ma per comprare delle cose, è diventato lui un fine, è una totale confusione. Bisogna fare come dicevi tu prima, ridare una sorta di senso delle proporzioni, di scala di priorità, fai le domande giuste, come per esempio i genitori, quando dicono ma a quanti anni i figli possono avere il telefonino e la macchina? Dipende per farne cosa, non bisogna credo confondere il fine con i mezzi. Quelle robe lì dal telefonino al motorino sono dei mezzi, non sono dei fini. Non è così?

Gino Rigoldi

Sembrerebbe proprio di sì.

Lella Costa

Si finisce col definire delle robe di assoluta banalità e consenso che però suonano misteriosamente rivoluzionarie soprattutto per i piani alti Telecom, che invece con quella roba lì, con i telefonini hanno fatto un bel casino… Io posso pure andare avanti a dire cazzate in libertà per ore… e poi non ho nulla da perdere al contrario tuo… Ho fatto uno spettacolo molti anni fa, c'era un pezzo che mi divertiva molto, perché a un certo punto dice: la storia non si fa con i se, però va be', proviamo. Allora succede che se uno si diverte a cambiare una sola variabile del passato, apparentemente minore, poi succede che tutta la storia successiva cambia. Per cui la mia ipotesi, la nostra ipotesi, mia e dei miei autori allora era: ma se quel giorno lì di 40 anni fa, in gennaio dopo Sanremo, dopo quella roba lì brutta che era successa a Luigi Tenco anziché suicidarsi si fosse imbarcato su una nave che andava negli Stati Uniti, perché voleva andare in America a cambiare vita, e su quella nave lì casualmente si esibivano come intrattenitori di bordo un pianista e il suo cantante confidenziale, lombardi tutti e due, cioè Silvio e Fedele, che facevano quel mestiere sulle navi, è storia e non è cronaca, allora vedono Luigi Tenco a bordo figurati loro, lo ammirano moltissimo, gli chiedono consigli, gli dicono: ma insomma, qui ci sembra un po' la vita da pirla, poi vorremmo portare a casa qualcosa di concreto, di duraturo nella vita, uno dei due, il cantante, dice che si è fatto delle idee sulle imprese immobiliari, sulle televisioni… E se Luigi Tenco li avesse convinti che per diventare famosi, ma famosi veramente, avrebbero dovuto fare qualcosa di unico, non scendere mai più da quella nave? Guarda che ci stava… da quella cosa lì cambiava tutto. C'era tutta una cosa molto carina che le Brigate Rosse che mantenevano prigioniero Aldo Moro per 755 giorni quindi e poi lo liberavano e lui usciva e si trovava davanti un mondo diverso che era cambiato, lui non lo sapeva perché era stato prigioniero e si trovava davanti un tipo che gli sembrava di avere già visto, uno simpatico, con una salopette bianca che gli dice: ma tu sei Albino Luciani, no? Ma non eri prete? E lui gli risponde: no, guarda, prete proprio mai, mia mamma ci teneva tanto, avevo anche un po' di vocazione, ma non so perché ogni volta che m'immaginavo prete, m'immaginavo morto, allora non ho mai fatto il prete, allora Moro gli dice: ma allora chi è il Papa? Come chi è il Papa? Ernesto Che Guevara, abbiamo fatto Papa Che Guevara, il che era carina come idea no? In questa cosa qui al posto di Ernesto potevi fare il Papa tu.

Gino Rigoldi

Questa è una bella idea, ho mandato il curriculum ma non mi hanno risposto…

Lella Costa

A chi si manda il curriculum per fare i papi?

Gino Rigoldi

Al Vaticano in genere…

Lella Costa

Non alla De Filippi? Secondo me ti conviene, hai qualche fans in più, don Gino C'è posta per te… Allora, noi dovremmo rilasciare quest'uomo, nel senso che è stanco, stanco, stanco. Le sue giornate sono lunghe, mica come le mie che essendo una donna non faccio niente dalla mattina alla sera… Allora vi salutiamo e ringraziamo e vi incoraggiamo a continuare questo compito arduo e delicato di provare a raccontare il mondo e i mondi che stanno nel mondo, e le persone che li compongono. Buonanotte, grazie.

Gino Rigoldi

Buonanotte.


* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.