Welfare, Sgritta: "C'è di che essere pessimisti, non vedo vie d'uscita"

30nov2013
I mali del modello italiano: individualizzazione, divario territoriale, disagio sociale in aumento, abbandono della famiglia a se stessa. La fotografia impietosa presentata nel corso del seminario "La sostanza e gli accidenti"

CAPODARCO -  "Sul welfare tutte le considerazioni sono negative, è un tema da stomaci forti". Mette le mani avanti Giovanni Battista Sgritta, professore ordinario della facoltà di Scienze statistiche all'Università la Sapienza di Roma, direttore del master in "Fonti, strumenti e metodi della ricerca sociale", intervenuto questa mattina al seminario per giornalisti "La sostanza e gli accidenti" a Capodarco.

La crisi del welfare, ha spiegato, viene da lontano: "La classe politica ha tradizionalmente scaricato sulla donna l'onere del mantenimento, pensando che avrebbe comunque continuato a fare figli come prima, a creare una famiglia, a garantire assistenza. La storia dimostra che così non è stato".

I "mali" dell'attuale modello italiano, per Sgritta, sono quattro. Il primo è "la tendenza all'individualizzazione del rischio e alla negatività solidaristica". Ci sono poi le disuguaglianze sociali in aumento: "In Italia c'è stata una riproduzione delle condizioni di marginalità - ha sottolineato -, la povertà oggi si eredita, è elevata, stabile, trasmissibile. C'è una bassissima mobilità sociale". Un terzo aspetto critico è il divario territoriale che "non è così significativo in nessun altro paese, per peso e consistenza - ha aggiunto -. Al Sud, dove si concentra il trenta per cento della popolazione, si assomma il 65 per cento della povertà. Il meridione è il serbatoio della povertà minorile italiana (l'87per cento) e la famiglia funziona come moltiplicatore del disagio". L'ultima caratteristica è la "rifamilizzazione": il settore pubblico si defila e delega tutto al terzo settore, che però da solo non ce la fa a reggere tutto il peso, costringendolo ad abbandonare la famiglia  a sè stessa. "Di nuovo, la riproduzione di una disuguaglianza, tra chi può cavarsela da sola e chi invece non ne ha le possibilità".

"Se questo è il quadro - ha concluso - l'unica opzione per il futuro è di far arretrare una di queste quattro tendenze. Ma sinceramente non vedo come". Per finire, però, l'esperto trova un messaggio di speranza: "Recuperare risorse, economiche ma anche sociali". (gig)