VII Redattore Sociale 1-3 dicembre 2000

Corre la lepre...

Workshop - Pedofilia: Tra malattia, allarme e reazione sociale

Incontro con Claudio Foti

 

Claudio Foti - sociologo, presidente dell'Associazione "Rompere il silenzio"*

Pedofilia: dalla grande attenzione al grande silenzio

Come Centro studi Hansel & Greatel usiamo molto le modalità interattive nel lavoro di formazione e sensibilizzazione. Formazione di insegnanti, educatori, operatori sociali, psicologi, pediatri, giudici, personale di polizia giudiziaria, tutti ruoli professionali chiamati ad acquisire strumenti e competenze per affrontare il problema della pedofilia, dell'abuso sessuale, in generale il problema della sofferenza dei bambini dovuta a maltrattamento o a cattivo trattamento.
Ogni tanto nel nostro paese c'è un accadimento che fa porre al centro dell'attenzione nell'agenda collettiva dell'opinione pubblica, dei media, il tema della pedofilia, dell'abuso sessuale. Recentemente è stata data la notizia dell'indagine promossa dalla Procura della Repubblica di Torre Annunziata: ben 831 indagati, persone che sono state in qualche modo coinvolte in una domanda di consumo di materiale pedopornografico, sullo sfondo una holding internazionale che si occupa di traffico pornografico, di materiale a luci rosse che coinvolge direttamente e implica uno sfruttamento sessuale di bambini e un'ipotesi di organizzazioni anche di matrice italiana che gestiscono traffici e pratiche abusanti nei confronti di gruppi di bambini.

Mi sono occupato in alcune pubblicazioni di analizzare l'oscillazione pendolare tipica che esiste nel momento in cui viene enfatizzato il tema della violenza ai minori in tutte le sue sfaccettature, un oscillazione pendolare in cui si sviluppano momenti di grande commozione, grande indignazione che vengono cavalcati, sollecitati anche in modo più o meno scrupoloso dai media, a cui seguono momenti di grande rimozione, accantonamento. Il filosofo Umberto Galimberti ha ripreso questo concetto recentemente: si va dalla grande indignazione al grande silenzio, magari con uno spostamento, come è successo negli ultimi avvenimenti, di attenzione all'esistenza di organizzazioni che si occupano di sfruttare sessualmente i bambini, non solo dal punto di vista delle immagini ma sfruttarli nel senso di coinvolgerli in pratiche sessuali gentili o sadiche che siano. Per quanto possa essere stata magari discutibile la scelta dell'orario e delle forme con cui è stata data la notizia, il vero scandalo è che si è persa una grande occasione, nelle scuole, nelle famiglie, per partire da una realtà inquietante che tendiamo ad evacuare, ad allontanare mentalmente e riflettere sulla realtà delle componenti di atrocità, di crudeltà, di perversione che fanno parte dell'animo umano e si traducono in tutta una serie di situazioni che attengono all'abuso sessuale ma che vanno al di là dell'abuso sessuale. Si è persa una grande occasione per fare oggetto di dialogo tra adulti e bambini, cose di questo genere a partire dagli stimoli inquietanti che vengono dati. Gli adulti sono troppo imbarazzati, sono troppo affrettati, troppo angosciati dai temi in generale inerenti la sessualità per reggere un dialogo, per affrontare la curiosità, i dubbi, le ansie, le paure dei bambini e degli adolescenti. Questo è vero nella famiglia, nelle comunità, nella scuola. Gli adulti sono troppo abituati a rimuovere, a negare certi aspetti problematici, sofferti, conflittuali dell'esistenza umana per dare delle risposte ai dubbi, alle ansie, alle curiosità dei bambini e dei ragazzi. La nuova attenzione al tema della pedofilia ha riproposto vecchi ed importanti interrogativi.

I pedofili non sono "mostri"

Che cos'è questa pedofilia? È un fenomeno recente, magari frutto di una società consumistica che propone modelli in qualche modo di ricerca sfrenata del piacere, di ricerca illimitata o un fenomeno vecchio come il mondo, che finalmente esce dalla tabulizzazione, dal silenzio che lo circondava? Che differenza c'è tra la pedofilia e l'abuso sessuale? E' possibile che i pedofili siano così numerosi? Che siano così impuniti? Oppure è un fenomeno che viene gonfiato ad arte, dice qualcuno, dalla società che in qualche modo vuole sentirsi buona e ha bisogno ogni tanto di creare dei mostri che rappresentino il personaggio del cattivo, di colui che vuole male, distrugge i bambini? Il pedofilo chi è, un malato, un criminale? La prima cosa è chiarire il concetto di pedofilia in senso stretto, in senso specifico. Pedofilia è un'attrazione sessuale, una preferenza sessuale ben precisa di un adulto che si sente impotente a costruire l'intimità e quindi a raggiungere il piacere se si rapporta ad una donna adulta o ad un uomo adulto. Il pedofilo è disturbato da una posizione di reciprocità, mentre invece è rassicurato dai piccoli partner sessuali che gli garantiscono una posizione di controllo, di dominio, di superiorità, quindi la libertà e l'autonomia della persona lo rendono impotente mentre ciò che rassicura, eccita il pedofilo è la sproporzione: sproporzione di maturazione fisica, di età, di potere. Vittime dei pedofili sono quindi i bambini prepuberi, quelli che non sono arrivati alla pubertà. È stato giustamente osservato che sono vittime dei pedofili anche i preadolescenti e anche alcuni adolescenti, che, pur avendo raggiunto la maturazione fisica, non hanno raggiunto quella maturazione psicologica per poter negoziare, per poter dare un consenso consapevole al rapporto sessuale. Parlare della sessualità è un problema di negoziazione, problema di scambio, di arricchimento sul piano del piacere libidico, ma anche sul piano della conoscenza reciproca dell'intimità. Talvolta stupisce il fatto che certi pedofili in qualche modo sono interessati a soggetti con handicap, uno può dire "ma cosa ci trova in una ragazza disabile?". Una ragazza con handicap presenta proprio un deficit di capacità talvolta linguistica, comunicativa, in qualche modo garantisce quel divario di potere che interessa al pedofilo. La pedofilia è qualcosa di molto complesso: è una preferenza sessuale rigida, Esistono i pedofili gentili non che siano meno distruttivi degli altri, anzi, lo sono per certi versi anche di più, ma usano la seduzione come arma di conquista, cercano di individuare il bambino solo, con carenze comunicative, con carenze affettive e di compensarle per poter in qualche modo portare avanti la propria conquista, il proprio dominio erotico e psicologico; esistono pedofili sadici, che godono a vedere la smorfia di sofferenza di un piccolo essere, il sadismo non ci piace tanto, ma non si capirebbe nulla della storia umana se non facessimo riferimento ad una componente sadica. Pedofili gentili, sadici, pedofili che ricorrono solo a materiale pornografico o che invece hanno bisogno di agire sessualmente, pedofili che preferiscono il contatto post-moderno telematico, che vanno in rete, per conoscere bambini, altri che privilegiano i canali tradizionali dell'individuazione del bambino solo, della conquista. Il problema della pedofilia in qualche modo è un fenomeno reale da un lato, dall'altro è sempre di più fenomeno di una rappresentazione ideologica mediatica. Le due cose non necessariamente coincidono, come per tanti fenomeni sociali.

Credo sia importante affermare che il pedofilo non è un mostro anche se fa cose mostruose, anche se aggredisce la speranza, la fiducia, la capacità di amare dei bambini, anche se può effettuare al di là di un imbrattamento del corpo, un "assassinio dell'anima" (espressione del primo psicoanalista che si è occupato seriamente di traumi sessuali). L'abuso sessuale può essere un assassinio dell'anima, perché coinvolge la vittima che è costretta a partecipare all'abuso. Non configuro una responsabilità morale, psicologica e giuridica nella vittima che partecipa, partecipa per il fatto che non è da un'altra parte, perché è lì nella stanza con la porta chiusa, partecipa con l'eccitazione, con le fantasie, con la curiosità, perché i piccoli bambini sono figli di questa natura e quindi hanno un corpo sessuato con pari potenzialità. Questa partecipazione sarà poi la base esperenziale su cui si costruiscono i sensi di colpa rovinosi, su cui viene a costruirsi un'immagine del sé del bambino profondamente sporca, degradata e noi sappiamo che non esiste bene più prezioso della nostra immagine, del nostro sentirci bene. La vittima di abuso finché non elabora il suo trauma, non può avere una stima di sé, la partecipazione all'abuso è proprio il fondamento principale della sua immagine deteriorata e del suo senso profondo di colpa. I pedofili non sono mostri, non lo sono perché vengono dalla nostra comunità. Sono tra le non molte persone in Italia che tratta anche pedofili e genitori incestuosi, la condizione per noi irrinunciabile è che queste persone abbiano accettato di fare i conti con la legge, di ammettere le proprie responsabilità. Prima di questa fase non è possibile alcuna terapia, fin tanto che il pedofilo ha un piacere sessuale non va dal terapeuta, ha bisogno di sbattere la faccia contro il muro della legge per entrare in depressione e allora possono venir fuori delle storie molto pesanti. Storie di umiliazioni sin dall'infanzia, ambienti dove prevale la strumentalizzazione, dove il più forte vince e il più debole è fatto fuori. Traumi, talvolta anche traumi sessuali.

Il pedofilo è uno di noi

Nell'orgasmo con un bambino, qualcuno dice ci sia un rovesciamento, l'antica umiliazione si ribalta in trionfo erotico ai danni di qualcun altro. Sono persone in qualche modo inserite nell'ambito sociale. Il disturbo profondo di cui il pedofilo è portatore è un disturbo non visibile. Giudici, operatori non esperti, spesso dicono: "quel padre assolutamente non può aver fatto una cosa di questo genere, è una persona per bene" per fortuna ogni tanto c'è la Provvidenza perché raggiungere le prove spesso è impossibile, i bambini non sono sempre creduti e talvolta la Provvidenza si manifesta sotto forma di perquisizione domiciliare, che fa trovare le famose prove oggettive, i riscontri e quella persona così per bene fa emergere un altro aspetto della sua personalità. Sono persone capaci di rapporti sociali anche brillanti, hanno una parte del sé che funziona, sana, un'altra che invece ha bisogno di ricorrere alla sessualizzazione perversa come altri ricorrono all'alcool, all'eroina per puntellare l'equilibrio. Non sempre i pedofili sono persone che vogliono bene ai bambini; alcuni di voi potranno dire che è una banalità, no, non è una banalità perché ci sono nel mondo 300 organizzazioni pedofile, soprattutto negli Stati Uniti, ma anche in Italia e diciamo che il cavallo di battaglia di questi gruppi è quello di affermare "noi vogliamo bene ai bambini, li vogliamo stimolare sessualmente contro una morale sessuofobica, non siamo cattivi, sadici, siamo affettuosi, vogliamo promuovere la libertà sessuale del bambino". Il pedofilo in realtà non vede la persona che abita il corpo del bambino, non tiene in mente la persona con i suoi bisogni, ha un rapporto strumentale, c'è "odio erotizzato" una componente di dominio, di rabbia, di umiliazione che si rovescia e che si erotizza, ma è odio erotizzato, non è amore. La pedofilia è un fenomeno reale, questa preferenza sessuale è molto diffusa; esiste una diffusione del fenomeno della pedofilia, tuttavia paradossalmente si può anche affermare che la pedofilia intesa come rappresentazione mediatica, con la P maiuscola, rischia di essere amplificata in questo senso, nel senso che il pedofilo, colui che ha una preferenza sessuale rigida nei confronti del minore, rischia di diventare la personificazione della strumentalizzazione sessuale nei confronti dei bambini, una tendenza questa, che non appartiene al pedofilo ma è molto più radicata nel corpo sociale. La pedofilia è un fenomeno realmente presente sottovalutato è anche vero che una certa enfatizzazione, una certa lettura del fenomeno, rischia di amplificare l'attenzione sulla pedofilia, in senso stretto per oscurare quella che io chiamerei la normalità della perversione che socialmente è diffusa. Abbiamo un gruppo sociale che è 20 o 30 volte sul piano quantitativo superiore rispetto al gruppo dei pedofili in senso specifico. Questo gruppo sociale più ampio che definirei di "abusanti" o "partito degli abusanti" è composto innanzitutto dai genitori incestuosi, dai fratelli, gli zii, persone che non sono pedofile in senso stretto, possono passare benissimo dal rapporto coniugale al rapporto occasionale, episodico più spesso continuativo con una figlia di famiglia e questo è un fenomeno estremamente sommerso e consistente. Aggiungiamo poi per esempio tutti i clienti delle prostitute minorenni, o coloro che decidono di trasformare un viaggio turistico in avventura sessuale. L'onorevole Sgarbi in questo caso è pronto a ricordare che coloro che vanno sulla strada, ci vanno come adulti liberi di negoziare, ci sarebbe da discutere su questa libertà, è un  discorso che non può essere esteso a quella quantità non indifferente, di minorenni che vanno sulla strada non per "libera" scelta di negoziazione, ma perché sono all'interno di racket. Voglio fare una precisazione: la sessualizzazione perversa è un fenomeno tendenzialmente maschile, la perversione no. La perversione appartiene alla mente umana, quindi anche alla mente femminile. Se inseriamo i familiari incestuosi e coloro che occasionalmente o stabilmente ricorrono a rapporti sessuali con prostitute minorenni in Italia o fuori del nostro paese, individuiamo un gruppo sociale tutt'altro che irrisorio, una massa di adulti maschi quantificabile. Nessuno ha mai osato fare delle quantificazioni, perché non possono esserci ricerche ma siamo nell'ordine delle centinaia di migliaia di persone. Un'area vasta di persone che non sono pedofili, non disdegnano i rapporti con le donne adulte (in genere hanno un'idea carica di disprezzo e di svalutazione della donna adulta) che possono benissimo intercalare con rapporti con bambini.

Tra perversione e sondaggi

Alcune ricerche condotte negli Stati Uniti parlano di un 15% della popolazione femminile che ha subito abusi in senso lato, negli Stati Uniti comprende anche interazioni non dirette, per esempio l'interazione dell'esibizionista secondo queste ricerche è anche abuso. Nelle ricerche italiane invece non è contemplato questo fatto e abbiamo un 10% della popolazione femminile che ha avuto un impatto traumatico, confusivo, destrutturante prima dei 18 anni con la sessualità a seguito di un intervento di un adulto. Questa cifra si abbassa leggermente, ma il dato è comunque di grande peso per quanto riguarda i maschi  il 5-6% prima dei 18 anni ha avuto interazioni destrutturate e confusive in materia di sessualità per responsabilità dell'adulto. Ma cos'è la perversione? La perversione è una tendenza della mente umana a risolvere il problema dell'esistenza. L'esistenza è impegnativa, difficile, impone un confronto con un disagio, momenti di solitudine, di vuoto, di ansia che non sono patologie, ma aspetti della vita. La perversione è un modo per arrangiarsi di fronte al problema della debolezza della sofferenza. Arrangiarsi come?

Due sono le mosse: Negare la debolezza e trasformarla in forza, negare l'impotenza, questa è la scelta della normalità, invece di imparare a conviverci, la tentazione della perversione è di trasformare debolezza, vuoto, solitudine, impotenza in controllo, dominio, illusione, onnipotenza di forza. Metterci dentro qualcun altro, utilizzare un'altra persona e usarlo come strumento, come cosa, come oggetto per affermare il nostro potere, il nostro dominio. È una modalità mentale e relazionale che trasforma l'altro da persona a cosa.

Tutto questo può non avere a che fare con l'erotismo. Una psicoanalista inglese, ha una tesi sulla perversione femminile che è questa: la strada prevalente attraverso cui la donna può diventare perversa non è tanto la sessualità, come invece avviene più facilmente per il maschio, la donna riesce a realizzare componenti perverse, più che attraverso la sessualità attraverso la maternità, attraverso la strumentalizzazione del suo essere madre, attraverso il dominio che l'essere madre comporta, che può comportare. La sessualizzazione perversa è prevalentemente maschile, si tratta di indirizzare la ricerca dell'eccitazione sessuale verso un oggetto disponibile, in questo senso deve essere un oggetto con poco potere, con poca autonomia, poca libertà; usare l'eccitazione come fuga dalle difficoltà emotive, relazionali. Riempimento della debolezza. La pedofilia è una delle tante forme di sessualizzazione perversa, ma non è quella più diffusa, l'incesto è la forma sicuramente più diffusa. Il rapporto con la prostituta è un'altra forma di sessualizzazione perversa e non a caso si paga, la prostituta pone se stessa più o meno liberamente in vendita, nello stupro c'è la negazione totale del carattere di libertà della persona.
L'attenzione mediatica verso la pedofilia rischia di far dimenticare che esiste un "partito degli abusanti" che si ha più paura di toccare. Dobbiamo affermare sul piano del principio, sul piano culturale, psicologico, che colui che va a prostitute, usando delle ragazzine, non è migliore dal punto di vista morale, psicologico, sociale, sarà un cittadino irreprensibile, magari non ha consapevolezza, ma è colpa e la sua colpa è quella di alimentare per altro un racket. L'attenzione (doverosa e fondamentale) al fenomeno della pedofilia via Internet  ha degli inconvenienti, rischia di spostare l'attenzione sul fenomeno della pedofilia e di oscurare altri fenomeni, altre tendenze alla strumentalizzazione erotica del corpo del bambino, della carne più fresca, più tenera. Altro rischio è quello di enfatizzare il fenomeno all'esterno della famiglia: ricerche attendibili dimostrano che la stragrande parte degli abusi sessuali individuati dal punto di vista giudiziario, sono agiti da persone familiari in senso lato al bambino, cioè persone conosciute: parenti, nonni, zii, padri, madri, educatori, allenatori sportivi, sacerdoti. L'enfatizzazione del fenomeno della pedofilia via Internet, è importantissima però oscura il fatto che l'abuso ci passa vicino, accanto e attraversa le nostre famiglie, le nostre istituzioni. È un fenomeno di matrice recente o vecchio come il mondo? Se il fenomeno è reale - ed è indubbiamente reale - può anche diventare una sorta di fenomeno gonfiato per spostare l'attenzione a qualcosa che implica una maggiore responsabilità. C'è un problema di attivazione delle coscienze di vigilanza, di responsabilità, una vigilanza che non deve essere allarmistica, non deve dar vita alla caccia alle streghe o ad allarmismi inutili nei confronti dei bambini ma deve implicare una cultura dell'ascolto, del dialogo. C'è un impegno di responsabilità che riguarda tutte le istituzioni, tutti i ruoli professionali, sociali, fino a coinvolgere i genitori. Il problema non è quello di parlare di abuso, è di parlare di sessualità, parlare della vita, con le luci e con le ombre, con gli aspetti gioiosi e con quelli dolorosi che la vita e la vita sessuale comporta.

Interventi

(.) Non mi risulta che nelle scuole di formazione degli operatori sociali, ci sia un settore o un'area di formazione rispetto agli abusi sessuali. Stiamo scoprendo qualcosa che sta esplodendo adesso ed è veramente grave, legato ai fenomeni sociali, culturali o se è vecchio come il mondo e quindi è rimasto sommerso?  

(.) I pedofili fanno riferimento spesso a lontane radici nel mondo classico, greco, romano e anche precedente. Il suo è un profilo legato alla nostra società. Il pedofilo di allora, diciamo, come poteva essere capito o giustificato? Può essere vero che il cambio di una cultura, giustifica o non giustifica come sostengono i pedofili, la pedofilia?

(.) Il bambino che subisce una violenza sessuale, corre il rischio di diventare un potenziale pedofilo? Come si cura il pedofilo?

(.) La maggior parte delle violenze vengono incredibilmente, paradossalmente consumate nel luogo che dovrebbe essere più protettivo in assoluto, cioè la famiglia. Che tipo di "energie negative" esistono all'interno del nucleo familiare per suscitare queste reazioni? È una cosa degli ultimi anni o vecchia e consolidata? Ha detto "il pedofilo non è un mostro" ma allora chi è il mostro?

(.) Quanto la società dei consumi, quindi l'abitudine a sfruttare comunque ad usare la merce, poi a buttarla, ha influito su questo fenomeno? Per quale motivo i genitori sono spesso imbarazzati o comunque chiusi al dialogo con i bambini, cosa che porta a non smascherare il fenomeno? È stato spesso detto qui che il giornalismo è prima di tutto informazione e non educazione, però volevo chiedere se magari almeno per quanto riguarda i problemi sociali, non sia il caso di educare. Vorrei un consiglio su come eventualmente scrivere articoli che trattino questi temi.

(.) C'è differenza tra il pedofilo e chi ha un rapporto incestuoso, come scoprire l'esistenza di fenomeni del genere?

(.) Si accennava al disagio dei quartieri di Napoli. Penso analizzando un po' anche il fenomeno degli abusi sessuali di Rimini, a quanto si faccia fatica ad immaginare che spesso chi fa violenza al bambino è magari un avvocato, un medico. È più facile vedere il disagio nel quartiere degradato, nella famiglia con problemi economici, e scarsa cultura che andare a leggere il disagio vicino a noi. Perché? Facciamo più fatica a digerirlo o a prenderne le distanze?

( .) Quale può essere il ruolo delle associazioni di volontariato rispetto alla lotta alla pedofilia o comunque allo sfruttamento sessuale dell'infanzia e quanto magari il "volontarismo del volontariato" per usare quest'espressione può invece nuocere? Questi bambini possono guarire e in che cosa consiste la terapia?

(.) Nella nostra società il pedofilo viene percepito come un mostro, come si può attraverso un articolo di giornale far passare l'immagine, smantellare un po' quella che è la percezione normale che la società ha di questa figura?

(.) Quanto la patologia lascia spazio al giudizio etico, quanto si può parlare di colpa, di responsabilità?

(.) Sono assistente sociale, opero nel settore dei minori, ho un ruolo istituzionale in un ente, la regione Emilia Romagna. Con l'Ordine dei giornalisti di Bologna stiamo cercando di avviare un percorso per capire come l'operatore sociale, può imparare a confrontarsi con l'esigenza di dare un'informazione corretta. Informazione nella direzione della tutela delle persone, non della professione come tale. La tradizione della nostra professione è quella di non rispondere, non parlare, non dire, c'è il diritto alla riservatezza, il dovere del segreto professionale, ma stiamo cercando di capire, di confrontarci.

È come se esistesse o dovesse esistere, una capacità di negoziare la notizia, che non significa mettere la persona in mano all'altro in pasto all'informazione, ma la capacità di fare informazione.

(.) E' stata fatta una distinzione tra il pedofilo e la pedofilia con la P maiuscola. A chi serve la pedofilia con la P maiuscola? A chi serve questo tipo di spostamento di asse?

(.) Capisco benissimo che la pedofilia è una cosa aberrante, che fa paura e che la società e le famiglie sentano l'esigenza di proteggere i bambini, se poi lo fanno realmente e come, questo non lo so e non sono in grado di stabilirlo. Ma questi prontuari per difendere i bambini, non so se suggeriti da  un esperto, se inventati dai giornalisti,  mi sembrano proporre "regole esagerate". Mi è capitato di leggere sui giornali locali "come difendersi dai pedofili" ci sono regole precise, ma questo tipo di atteggiamento, non va ad aumentare una frattura tra il mondo adulto e il mondo dei bambini, creando un rapporto malato e di incomunicabilità tra questi due universi? Non potrebbe generare diffidenza, paura, cultura del sospetto da parte del bambino e quindi  un atteggiamento di chiusura?

(.) Spesso mi è capitato di leggere che il bambino, la donna anche vittime di violenza, non parlano, non denunciano, non vanno dallo psicologo per vergogna. Dal momento che questo è veramente un "assassinio dell'anima" che suscita rabbia, dolore, sofferenza, perché spunta fuori questa vergogna? C'è la paura di far sapere agli altri che il proprio sé è stato violato? Da dove nasce questa vergogna che dovrebbe esser legata all'aver compiuto del male, responsabilmente e non dall'esserne vittima?

Claudio Foti

Come superare il trauma

Per fare una terapia il bambino deve essere innanzitutto protetto, questo significa avere la garanzia istituzionale che non possa essere più abusato, bisogna metterlo in una situazione in cui sia protetto e aiutare il genitore non collusivo, in genere la madre, ma non necessariamente la madre, a stabilire un rapporto di sostegno, di vicinanza emotiva nei confronti del bambino traumatizzato. E' possibile aiutare un soggetto adulto o bambino a liberarsi dagli effetti sconvolgenti, destrutturanti del trauma che ricorre continuamente nella mente, nei sogni, negli incubi, nei giochi, interferisce nelle attività. Il trauma porta a perdere fiducia nella vita, nel mondo, negli adulti, nella crescita: bambini che perdono fiducia nel proprio futuro, il trauma crea eccitazione, tensione, disturbi psicosomatici. Credo che anche questo discorso riguarda la terapia, ma anche gli operatori dell'informazione. Si può sperare di uscire dal trauma? Sono terapie complesse, occorrono persone professionalmente preparate, ed emotivamente disponibili, non basta la competenza tecnica in questo campo, ci vuole competenza emotiva, disponibilità ad essere vicini a un soggetto traumatizzato e disponibilità a condividere una situazione di impotenza. Il trauma è impotenza. Ascoltare un bambino maltrattato non piace, perché ascoltare è condividere e in questo caso si tratta di condividere una sofferenza terribile che ha creato una grande confusione. Una sofferenza rispetto a cui il bambino è stato impotente. C'è un'associazione specifica fra il trauma e l'impotenza, una delle cose più difficili da condividere è l'ascolto. Sono esperienze di impotenza, di malattia, di handicap. Un grande coraggio, una grande vicinanza per condividere l'impotenza. Noi esseri umani abbiamo bisogno di padroneggiare le situazioni, non di essere impotenti, cerchiamo di inventare o di elaborare sistemi di spiegazione a partire anche da atti di fede. Cercare un significato è reagire all'impotenza della condizione umana. I bambini maltrattati in terapia chiedono "perché? Perché l'ha fatto?". Cercano di dare una spiegazione a qualcosa che non ha spiegazione e talvolta il bambino preferisce sentirsi colpevole piuttosto che sentirsi impotente. L'ha fatto perché è stata colpa mia. Talvolta è più facile sentirsi colpevoli, se si è stati alla mercé di una persona a cui si voleva bene e che ci ha messo in una condizione di impotenza tremenda.

La terapia si basa sullo "schematizzare'"aiutare il bambino a ricordare, ma ricordare non solo con la testa, ricordare etimologicamente vuol dire "rimettere nel cuore", cioè, rivivere anche emotivamente i sentimenti di confusione, di pena, di rabbia, di amore, di eccitazione che hanno fatto parte dell'abuso. Aiutarlo a rivivere quei fatti un po' come un viaggio agli inferi, come Virgilio accompagna Dante nella Divina Commedia perché andare all'inferno, da soli è troppo difficile, anche per un poeta, a maggior ragione non solo è difficile, ma è impossibile tornare nell'inferno del trauma se non si è accompagnati, sostenuti. Pochissimi sono i centri specializzati, le carenze sono ancora enormi nella capacità di dare risposta ai problemi specifici di questi soggetti che sono soggetti che meritano invece una grande attenzione da parte delle istituzioni, non basta che fermare l'abuso, il danno è stato nell'anima, quindi bisogna dare una risposta su un piano psicoterapeutico e su un piano di sostegno complessivo. E' vero che si può uscirne ma è anche vero che occorre un intervento di aiuto, di contenimento e condivisione particolare. Il trauma è una ripetizione costante che mette i bastoni tra le ruote al complesso mentale del soggetto.

L'abuso: c'è un segreto nel segreto

È importante capire perché i bambini maltrattati parlano con difficoltà; dobbiamo ricordarci di tutte le situazioni in cui noi abbiamo subito una violenza ma non ci risulta facile parlarne e fra l'altro abbiamo bisogno di persone che non si mettano a dare consigli, a pontificare, o a dare giudizi, ma abbiamo bisogno soprattutto di sentire che l'altro ci capisce, che è dalla nostra parte, dopo di che accetteremo consigli, critiche. Un contesto di vicinanza è il concetto fondamentale per poter superare la resistenza a parlare. Il bambino si sente in colpa perché ha partecipato, si sente colpevole e talvolta aumenta questo senso di colpevolezza per dare una spiegazione all'accaduto e questo lo si vede anche con i bambini anche picchiati fisicamente, che preferiscono mantenere l'immagine idealizzata del genitore costruendo una rappresentazione di sé negativa: "sono io che non vado, sono io che faccio arrabbiare mio padre, che non vado bene a scuola". La vergogna è il contrasto fra la realtà e un vissuto, nasce dallo scarto, dalla differenza, fra il nostro ideale e il nostro essere reale. Quando il bambino è abusato si rende conto che è stato "fregato" la propria condizione di impotenza, l'essere stato strumentalizzato è fonte per lui di grande vergogna. C'è poi una vergogna aggiuntiva: ha provato piacere. Il segreto avvolge l'abuso e lo rende molto negativo, psichicamente deleterio, il segreto caratterizza l'abuso. C'è poi un segreto nel segreto, che in genere nelle terapie si comunica con tanta fatica dopo anni, il segreto è che a porte chiuse papà faceva certe cose con me, il segreto nel segreto è che certe volte mi piaceva. C'era l'eccitazione come componente di questa macedonia di esperienze emotive, l'angoscia, la paura, il cosa succederà? Adesso cosa farà? Un atto sessuale che non si può padroneggiare, un papà che perde il controllo e poi l'esperienza di eccitazione, la paura, la vergogna, il senso di colpa perché ti dice di non dirlo e tu non lo dici.

Prevenzione: informazione ed educazione sessuale

Ci sono programmi di prevenzione rivolti a tutta la popolazione infantile. Ciò che è positivo, fondamentale è che ai bambini bisogna parlare della vita, anche dei pericoli della vita e del fatto che a questo mondo possono esistere delle persone che sono cattive. L'idea di proteggere i bambini, dall'impatto di problematiche come la violenza, è un'idea ingenua e disprezzante nei confronti del bisogno che i bambini hanno di informazioni. Vogliono sapere in che mondo sono nati, vogliono sapere a che gioco si gioca in questa vita. Bisogna parlare con loro anche della sessualità, non si parla mai ai bambini della sessualità come dimensione che riguarda la mente e il corpo, non solo gli aspetti igienico-sanitari, il funzionamento degli organi, ma anche il piacere, l'intimità, il rispetto reciproco, gli adulti sono spaventati, perché carichi di problemi e conflitti rispetto alla nostra sessualità. Si rischia di passare da un'immagine tutta buonistica e idealistica, la sessualità, i fiorellini, le farfalle, i pistilli, ad una sessualità invece tutta incubo e minaccia. Deve essere inserito un progetto educativo sul corpo, sulla comunicazione, sulla sessualità e allora in quel senso è utile anche parlare ai bambini del fatto che esistono anche persone che hanno cattive intenzioni e dando anche delle regole per difendersi. Bisogna evitare i messaggi terroristici del tipo: non parlare con gli adulti. È importante vigilare, ma è necessario garantire che il bambino, quando ha un problema, ne possa parlare con gli adulti, molti bambini hanno piccoli segreti e non ne parlano con i genitori, perché c'è una rottura del dialogo tra genitori e figli. La garanzia sta nello sviluppare le capacità di ascolto dei genitori e favorire una capacità comunicativa tra figli e genitori piuttosto che nel dare delle regole da rispettare ossessivamente. Alcune regole possono essere utili, per esempio molto importante, è insegnare ai bambini il contatto con il proprio corpo a distinguere per esempio quando un abbraccio è piacevole e quando spiacevole, poter ascoltare il proprio corpo, decodificare le emozioni, dare una cultura del rispetto del proprio corpo. Un bambino che impara a dire no, quando sente che il contatto del corpo è spiacevole, una cultura del rispetto del corpo, può dare al bambino la capacità di negoziare i propri rapporti anche all'interno della famiglia...La prevenzione passa attraverso la capacità degli adulti di mettere a proprio agio quotidianamente i bambini per lasciarli esprimere difficoltà e paure.

Gli stereotipi nel presentare notizie di abusi

Esistono motori della società contemporanea che incentivano il ricorso all'abuso sessuale. Una famiglia sganciata dal controllo sociale, isolata; una crisi della morale sessuale tradizionale. La morale sessuale rigida è stata sostituita da un'etica del permissivismo, del consumismo sessuale, tutto è permesso sostanzialmente, e perché no anche con mio figlio! Una cultura del "perché no" per cui i piaceri vanno vissuti; la vita è una sola e il piacere è il piacere, non è un valore anche nella sua dimensione corporea e fisica. C'è una crisi dell'etica e un'etica del relativismo, tutto è relativo, l'unico assoluto divento io e il mio piacere. E questo è rischioso. C'è più tempo libero, la commercializzazione del piacere che si può fare su Internet, ci sono tendenze culturali, che adultizzano o erotizzano l'immagine del bambino. Ci sono delle bambine di dieci anni vestite come delle indossatrici. Sono alcuni dei fenomeni che fanno aumentare tendenzialmente l'abuso. C'è da dire anche che ce ne sono alcuni che lo fanno regredire, dove abito io, ad esempio, l'incesto era una tradizione, oggi non lo è più. Globalmente parlando l'aspetto fondamentale è che l'abuso sessuale è un fenomeno vecchio come il mondo, le fiabe del resto portano testimonianza di orchi e streghe che divoravano, cioè si appropriavano in maniera indebita dei bambini. Ida Magli che è una grande antropologa ha detto che lo sfruttamento sessuale era una componente normale del rapporto della generazione adulta con i bambini. I soggetti dominanti usavano sessualmente i dominati, donne, schiavi e bambini. Oggi non è più così, per lo meno negli ultimi decenni sul piano giuridico e culturale lo sfruttamento sessuale del bambino è un disvalore, si sono fatti degli enormi progressi. Oggi il fenomeno comincia ad essere più sotto gli occhi anche grazie ai giornali.

A chi giova il sensazionalismo?

C'è un atteggiamento strumentale, anche perverso dei giornali. Il modo in cui i media usano certi fatti è perverso, non c'è alcun rispetto per le persone dietro, quel che conta è la notizia. Ho assistito a tutta una serie di casi che possono interessare ai giornalisti e talvolta ho assistito a operazioni perverse anche nei servizi televisivi. Il sensazionalismo a volte usa le storie forzandole e gettandole in pasto per aumentare l'audience. E' un discorso quello degli operatori dell'informazione, molto complesso, perché se è vero tutto questo, è anche vero che grazie a loro e alla loro funzione si è rotto il silenzio. Dagli anni Ottanta cominciano ad aumentare nella cronaca gli articoli su questo fenomeno che comincia ad essere seguito, comunicato, detto. In questo senso il fenomeno è certo incentivato da alcuni aspetti della società contemporanea, ma il fenomeno è vecchio come il mondo e non è ancora emerso nelle sue proporzioni massicce, se ne comincia a parlare e si sta riducendo la cecità e la sordità. Segreto, imbroglio e minaccia sono tre ingredienti che avvolgono l'abuso sessuale e la sessualità già di per se è un'esperienza di cui parliamo poco, è già indicibile, figuriamoci un episodio violento attinente a questa dimensione esistenziale. La pedofilia con la P maiuscola serve ai meccanismi di riduzione, di semplificazione che spesso caratterizzano la costruzione della notizia. La notizia viene ridotta, semplificata. La semplificazione può essere quella di negare che il problema sia diffuso, dire che il problema è fuori dalla famiglia, dire "mostro" quando il disgraziato viene preso, oppure è quella di usare lo stereotipo. Uno dei classici è poter parlare a iosa del genitore povero ma buono, del giudice cattivo e senza cuore, dell'operatore sociale che ruba ai bambini e di legami familiari che sono ingiustamente rotti. Questo è uno degli stereotipi più semplificanti e più diffusi. Altro stereotipo può essere il crudele stupratore, faceva delle cose terribili nei confronti dei bambini e in qualche modo sottolinearne aspetti di mostruosità. Per mostro intendo il mostro come il diavolo: immagini forti che nascono da meccanismi di proiezione. Il mostro, il diavolo servono alla comunità per personificare tutto ciò che di negativo appartiene alla comunità stessa. Uno dei tanti modi per semplificare, per ridurre. La fantasia di erotizzare la relazione con un bambino o con una bambina, posso affermare che appartiene alla psicologia maschile, è presente nei miti di tutto il mondo, che esprimono questa fantasia, il desiderio del maschio del soggetto più tenero, più fresco, è un desiderio presente. Attenzione però che non va negata l'importanza dell'autocontrollo, che consente ad alcuni individui di giocare con questa fantasia o di tenerla a bada senza neppure un effetto nevrotico e che porta invece altre persone a passare all'atto. Questo è un grande valore per tutta la comunità sociale: l'autocontrollo, il senso morale e anche il senso della responsabilità anche di fronte alla legge. Il pedofilo e l'abusante sessuale sono sia criminali che malati.

La legge: il primo ingrediente della terapia

Una serie di criminali non possono essere curati se non vengono fermati nella loro onnipotenza. La prima ricetta è la legge che dà un limite, una regola, la legge mi dice che non posso realizzare tutte le mie fantasie. Poi al malato dopo la risposta giudiziaria dovrebbe essere fatta una proposta di terapia che dovrebbe basarsi sull'invito nei confronti di questa persona di prendere contatto con la parte sofferente infantile e con quella adulta, sofferente, vinta, umiliata che ha cercato di negare trasformandola in componente di dominio perverso. Una persona con cui sto lavorando mi ha detto "per me il carcere è stata l'università del dolore" senza il carcere non sarebbe arrivato ad un percorso depressivo maturativo e di grande trasformazione. Dobbiamo distinguere il piano etico, il piano culturale dall'effettiva capacità di liberare l'uomo dalla sua tendenza ad essere perverso, cioè ad usare gli altri non come persone, come fini, ma come strumenti per il proprio piacere o proprio equilibrio.

Informare significa dare il senso della complessità

Esistono alcune culture fra cui quella greca, la più nota, in cui una regola sociale consente anche delle forme di contatto sessuale fra gli adulti e i bambini, questa è la specificità culturale dell'antica Grecia. Quindi l'abuso sessuale diventa in qualche modo culturalmente istituito. Ciò che noi chiamiamo abuso sessuale viene regolato socialmente, mancano gli elementi per valutare gli effetti di dannosità che un'istituzione comunque può comportare. Come andiamo a sentire gli adolescenti Greci? Quelli che Socrate e Platone in qualche modo vivevano come partner sessuale, che problemi avevano? Chi ci consegnerà mai i loro disagi? Quando una società, per esempio un popolo privo di scrittura, stabilisce che uno dei riti di passaggio per diventare adulti è anche quello di fare qualcosa all'adulto della tribù o al sacerdote, non penso sia sano, ma voglio dire che quando una società lo stabilisce, istituisce, culturalmente elimina alcune caratteristiche dell'abuso quali: il segreto, l'imbroglio e la colpa. Non credo che elimini tutti gli aspetti nocivi dell'esperienza sessuale, ma sicuramente quelli che nella nostra cultura sono chiaramente più traumatogeni. Un conto è un rito di passaggio, per quanto discutibile ma è un rito sociale, una regola, lo fanno tutti alla luce del sole. La maggior parte degli abusanti sessuali che hanno avuto esperienze sessuali da bambini o da ragazzi, ricordano le proprie esperienze come felici, soprattutto da parte dei maschi. Questo la dice lunga proprio su quella scissione che è più forte tra sessualità e affettività, colui che vive un'esperienza omosessuale gentile, da bambino e da adolescente, ha un'altra probabilità rispetto a una situazione femminile, di ricordarla nei suoi aspetti pulsionali piacevoli, può dirci che è stato felice, scindendo gli aspetti di eccitazione, da quelli di subalternità, di angoscia, confusione, colpa. L'aspetto lipidico è scisso dall'aspetto emotivo e ci può riferire che l'esperienza è stata piacevole, esperienza che comunque sia va contrastata nettamente. Questo è uno dei grandi argomenti con cui i pedofili e i loro amici, tentano di giustificare la pedofilia, facendo riferimento a esperienze storiche o sociali in cui in qualche modo la sessualizzazione, il rapporto fra il bambino e l'adulto è regola e affermando che non c'è danno. Un aspetto che mi piacerebbe non leggere in molte cronache è l'atteggiamento arrogante e presuntuoso di chi dà una lettura della vicenda senza tener conto che è un parte importante dei soggetti coinvolti che non possono parlare. Chi non sa parla, chi invece sa non può parlare. Un esempio che potrei fare è il suicidio della famiglia Biellese nel 1996, il suicidio dell'abusante provoca facilmente lo stereotipo suicida perché innocente. Alcune notizie dicevano "le perizie sono state fatte male", il bambino è un bugiardo. Il giorno stesso, alcune persone, senza aver conoscenza degli atti del materiale processuale, entravano nel merito degli avvenimenti. Certo i bambini sono anche bugiardi ma anche testimoni della verità, della nostra verità. Non avete mai sentito bambini che fanno la diagnosi dei litigi che abbiamo tra partner, riescono a fotografarti certi limiti, a ricordarti certi aspetti, a inchiodarti su certe verità, tanto da metterti in discussione. Poi sono anche bugiardi ma la tesi del bambino bugiardo serve come squalifica aprioristica per negare le informazioni che i bambini danno su storie sconvolgenti, come quelle delle famiglie a funzionamento incestuoso, o come quelle di sette sataniche, di altri gruppi organizzati, che in maniera anche molto accorta portano avanti degli abusi ai danni loro. In Emilia Romagna ci si è posti il problema, di riuscire a costruire un'alleanza, un dialogo fra gli operatori sociali e gli operatori dell'informazione, perché le notizie siano meno "adultocentriche", più attente alla condizione dei bambini. Non si tratta di schierarsi con una posizione, ma di dare maggiormente il senso della complessità, di contrastare gli stereotipi, dare informazioni su come si affronta questo tipo di casi, dare il senso di una verità che chiede di essere approfondita.

La capacità di ascoltare i bambini

Gli amici che sostengono i pedofili sono tanti, tantissimi, sono gli avvocati difensori che, pagando quel che è giusto, riescono a garantire l'impunità di tanti genitori incestuosi, di psicologi pronti a dire che una bambina che dice certe cose a priori è molto più probabile che esprima una fantasia inconscia che non la rivelazione di un accaduto. Per altro voglio dire che esistono delle procedure scientifiche, che consentono di individuare quella che può essere una falsa accusa o un fraintendimento, talvolta ci possono essere casi di induzione, si sono registrati, casi di fraintendimento. E in qualche caso ancora più raro, ma da tener presente c'è la volontà di mentire del bambino. Esistono procedure scientifiche per poter riconoscere questi casi e direi che la principale è la capacità di ascoltare i bambini, se noi mettiamo a proprio agio il bambino, se questo bambino è vittima di un'induzione che è pure una violenza o è vittima della sua volontà di mentire, magari per punire degli adulti, deve essere nelle condizioni di vuotare il sacco, non lo farà su un abuso sessuale ma su un disagio profondo che pesa su di lui. Tornando agli amici dei pedofili, è una posizione psicologica diffusa, quella di sospettare a priori una fantasia inconscia, senza fondamento nei bambini, una posizione diffusa nel non valutare quelle che sono le competenze testimoniali, ma i bambini non sono scemi, sono capaci di vedere tante cose e di ricordarne tante. Ci sono intellettuali che affermano che i pedofili gentili dovrebbero essere depenalizzati, intellettuali di rispetto, che dicono cose anche molto interessanti e introducono una logica benevolente nei confronti del pedofilo gentile. Ci sono poi tanti giudici pronti ad affermare che una persona "così per bene" un reato di questo genere non può averlo fatto, anche se esistono dati, prove. Ci deresponsabilizziamo quando non vediamo situazioni di disagio attorno a noi e non ascoltiamo i bambini che ci sono vicino, quando ci difendiamo con l'indifferenza dall'esistenza delle problematiche.

L'informazione non è educazione

Il ruolo importante dell'informazione potrebbe essere quello di reagire, per dare strumenti singoli alla propria impotenza. Vale oltre che per la pedofilia per altri temi sociali, economici. La capacità di reagire a questa impotenza attraverso il racconto diretto delle storie. Bisogna raccontare con civiltà, intelligenza, la società si deve dare delle regole, rispettare delle leggi e noi come informazione possiamo lavorare, dobbiamo lavorare all'interno di una serie di paletti che non possono essere soltanto quelli della la mia cultura. Non può essere direttamente educativo, ma lo può essere indirettamente, nella misura in cui racconto più storie emblematiche possibili, che diano la possibilità agli altri di riflettere su se stessi, di parlare tra di loro.

Il workshop è stato coordinato da:

Roy Gianni  - Caporedattore centrale del "Corriere Adriatico"


* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.