Vaccarello: “Delle persone trans non sappiamo assolutamente niente”

16ott2013
Delia Vaccarello, giornalista e scrittrice, racconta al seminario “Orgoglio e pregiudizi” la realtà delle persone trans, dalla legge che prevede il cambio di sesso dal 1982 alle difficoltà nel mondo del lavoro, in un lungo percorso di riconoscimento dell’identità sessuale

ROMA - “Chiudete gli occhi per cinque secondi. Pensate di essere un topo o in un corpo del sesso opposto. Non è divertente, vero? Ognuno di noi lo ha provato per decine di anni, fino a sottoporsi all’intervento per adeguare corpo a genere sentito come proprio”.
Delia Vaccarello racconta il significato della transessualità attraverso le parole e le storie personali di persone trans lungo il proprio lungo e difficile percorso verso un corpo che le rispecchi.

La scrittrice e giornalista, autrice della pagina “Liberi tutti” sull’Unità e di diversi libri su orientamento sessuale e identità di genere, si addentra nel tema, nel seminario Identità e Pregiudizio, partendo dalla presa d’atto che l’argomento è fondamentalmente ignorato: “La transessualità è un pianeta ampiamente sconosciuto, deformato e mistificato. Si associa sempre alla a prostituzione. Si indica trans intendendo uomo con aspetto femminile, con tacchi alti, minigonna, in strada vicino a una macchina”.

Secondo Vaccarello non si tratta semplicemente di fare le colonne delle parole giuste e di quelle sbagliate, perché queste indicano ciò che pensiamo. Ci si informa con un clic, ma non si approfondisce, i giornalisti finiscono per essere autoreferenziali, “Molti ragazzi dicono che vogliono fare i giornalisti perché amano scrivere, ma non percepiscono la funzione sociale di responsabilità, di controllo del potere del giornalismo”.

Cambiare sesso “non è maquillage, né chirurgia estetica, è salute, sancita dalla legge, e nessuno sembra saperlo”. La legge è la 164 del 1982, che prevede il transessualismo: “Non abbiamo nessuna legge se non quella, da 31 anni”, spiega. Quando fu sollevata l’eccezione di costituzionalità la sentenza della Consulta ne ribadì la validità. “Ancora mi commuovo a rileggerne il testo, che associa la salute alla sessualità, che non è fatta solo di genitali, in un modo che oggi ci sogniamo, era il 1985 e i giuristi erano cattolici. Si dà rilievo non solo all’elemento fisico, ma anche a quello psicologico, all’equilibrio personale”.

Il concetto identità di genere, spiega Vaccarello citando Giovanni Bachelet, riguarda chiunque. “Parlando di lgbt rischiamo di creare una categoria di persone, come un sindacato. L’identità di genere e l’orientamento sessuale appartengono a tutti, è una dimensione squisitamente culturale, parte dal sesso alla nascita, per investire l’orientamento sessuale nelle proprie relazioni, il ruolo sociale che ci definisce. Non è un percorso uniforme, la vita della gente è la complessità fra questi aspetti”. Le persone transessuali hanno un disagio rispetto all’identità di genere, spesso rifiutano il proprio corpo, con un vissuto doloroso e straziante, fino all’incomprensione di se stessi e degli altri. La giornalista racconta la storia di una persona che si sentiva così a 13 anni - “il pene è una cosa orribile” -, ma è arrivata all’operazione a 46, in un lungo percorso di presa di coscienza. “Transgender indica tutte le persone che intraprendono questo percorso di trasformazione. Alcune si fermano prima, altre arrivano in fondo per sistemare tutti i documenti all’anagrafe”, spiega Vaccarella, raccontando l’iter di legge che porta al cambiamento, dalle diagnosi con l’endocrinologo e lo psichiatra nei centri presso gli ospedali, alla terapia ormonale per far regredire le caratteristiche del sesso di partenza ed emergere quelle del sesso finale.

“E poi la legge prevede il ‘test della vita reale’ – spiega -, condizione indispensabile per il nulla osta all’operazione: vivere, comportarsi, vestirsi secondo il genere voluto. Così lo sguardo curioso alla persona sull’autobus, che ha sia il seno che un po’ di barba, si rivolge a un soggetto che sta rispettando i dettami di legge”.

Quella fase di trasformazione, in cui cambia il corpo, la grana della pelle, la voce, spinge molte persone a licenziarsi dal lavoro per poi ritornare all’attività una volta completato anche l’iter burocratico, ma ci vuole anche un anno e mezzo. Vaccarello racconta di persone che si son viste negare la possibilità di presentarsi con il nuovo genere, o trattate come prostitute.
“Il vero terremoto è negli affetti, nella fatica di chi ti ama a riconoscerti, come quella figlia arrabbiata che disse ‘tu mi rubi il padre’”.

“C’è poi l’intervento, molto lungo. Vi ho assistito per il dovere di raccontare”, spiega. Per le trasformazioni da uomo a donna si crea una neo-vagina. “Non è una castrazione né una mutilazione – spiega – ma la creazione di una cavità con tessuto, si crea anche il clitoride dal glande e si permette così l’orgasmo, mentre la falloplastica è molto più complicata”.

Vaccarello riprende Tullio De Mauro per ricordare che “persona trans” è neutro, altrimenti va usato il genere di elezione del soggetto, per rispetto. “Nelle redazioni linguaggio è da caserma, ma i giornalisti hanno una grandissima responsabilità, dobbiamo esserne all’altezza”.