Ottaviani: i dati sono utili alla storia, ma non sono la storia

28nov2015

Verità, completezza, trasparenza, accuratezza, lucidità e umanità: ecco i 6 principi per usare bene i numeri. "La combinazione di storie umane, che sono nascoste dietro le tabelle, e la visualizzazione dei dati per non perdere porta solidità scientifica e impatto emotivo”

 

Verità, completezza, trasparenza, accuratezza, lucidità e umanità: sono questi i  principi per usare bene i numeri stilati da Jacopo Ottaviani, informatico e giornalista specializzato in data journalism. Intervenuto alla seconda giornata del Seminario di Redattore sociale “Frontiere”, interamente dedicata all’immigrazione, ha sintetizzato in sei concetti le modalità per utilizzare dati e mappe, che possono mentire, sono manipolabili e soggetti a interpretazione. Ma che cos’è il data journalism? Difficile racchiudere il termine in una definizione, sottolinea Ottaviani: “E’ tutto un insieme di tecniche che portano dati all’interno del giornalismo, giornalismo a tutti gli effetti che trova forza nei dati e contestualizzarla meglio in un periodo storico”. Dunque il data journalism è “un processo che rafforza il giornalismo”. 

Verità. “I dati posso essere utilizzare per smontare luoghi comuni e stereotipi”. Ci sono molto libri su come sia facile raccontare bugie, usando statistiche, numeri e mappe, ricorda Ottaviani. Serve umiltà. “Chi usa i dati deve partire dall’idea che essi si interpretano e dall’interpretazione emerge un’approssimazione, che abbiamo la speranza che si avvicini alla verità, ma non è  la verità. I dati sono stati utilizzati anche per fare propaganda”.

Completezza. “C’è un fenomeno molto diffuso quando si usano i dati, che in inglese si chiama  “cherry picking”, che ( “raccolta di ciliegie”): - dice Ottaviani - quando uno ha di fronte un albero di ciliege sceglie quelle più belle, quelle che non mostrano difetti. Questo è un male del data journalism o dell’uso dei dati per raccontare storie”. “Il cherry picking è un atto disonesto.- ribadisce - Quando racconto storie io cerco di liberarmi di tutti i pregiudizi, così a volte mi ritrovo a raccontare un fenomeno contro una narrativa a cui siamo abituati”.

Trasparenza. Lo stesso numero o tabella può essere presentato in molti modi. “Perché il lettore possa esplorarli più in profondità e non sia schiavo delle nostre scelte” è necessario spiegare la metodologica utilizzata, menzionare le fonti, chiarire dove vengono i dati se sono stati ripuliti o rielaborati.

Accuratezza. Nel metodo e nel merito. La visualizzazione dei dati può essere ingannevole. “Una cosa da tenere a mente: le torte 3D e tutte le visualizzazioni che sembrano interessante esteticamente molto spesso sono ingannevoli”. 

Lucidità. Quando si maneggiano dati e tabelle è importante sottoporle a chi non sa nulla della cosa che stiamo trattando, perché è più lucida. “Entriamo a tal punto nella storia da non notare più le discrepanze. – sottolinea - O ci dormiamo su, lasciamo passare una notte, oppure lo sottoponiamo a un collega per chiedergli cosa ne pensa”. Meglio prendersi un po’ di tempo per assicurarsi che i numeri siano esatti perché “fare cose di fretta è molto pericoloso, e questo va contro tendenza perché oggi c’è sempre più richiesta di produzioni veloci”.

Umanità.  Persone dietro tabelle e dati. “Raccontare storie usando solo dati può essere utile, ma è ancora più utile se sono integrati in una storia umana. Pubblicare solo numeri è noioso per il lettore  e freddo, mentre la combinazione di storie umane, che sono nascoste dietro le tabelle, e le visualizzazione dei dati porta alla quadratura del cerchio: non si perde la solidità scientifica della storia e neanche l’impatto emotivo”.

E cita la Columbia Journalism Review: "I dati sono utili alla storia, ma non sono la storia". Parole da tenere a mente quando si parla di frontiere. (cch)


Guarda il video dell'intervento di Jacopo Ottaviani al Seminario "Frontiere"