II Redattore Sociale 10-12 novembre 1995

Redattore Sociale

Volontariato e cooperazione internazionale

Intervento di Giorgio Cingolani

 

Giorgio Cingolani - esperto cooperazione internazionale *

"Mi sono sentito schiacciato dalla presentazione fatta da Vinicio Albanesi, quando ha affermato che sono un grande esperto di affari internazionali. Senza falsa modestia, mi sento più semplicemente un portatore d'esperienze fatte all'estero, a vario titolo, che mi hanno fatto entrare in contatto con le grandi emarginazioni, con i grandi problemi internazionali legati alle popolazioni rurali del mondo. Popolazioni che costituiscono la maggior parte delle persone che abitano questo mondo, e che stanno passando attraverso grandi trasformazioni, grandi miserie e grandi sofferenze.
Innanzitutto si registrano spostamenti di milioni e milioni di persone, e non solo verso il Nord del mondo. A muoversi normalmente sono i più bravi, i più esperti, quelli che parlano due lingue, che non sono tutti delinquenti come invece qualche volta la stampa li dipinge. Ma questi non rappresentano l'unica realtà in movimento. lo prossimamente tornerò in Cina, con un programma che mi metterà in contatto con realtà rurali, anche se non interessa loro direttamente. In quel Paese, come in molte altre zone della terra, la liberalizzazione dell'economia è uno tra i principali problemi. A che titolo allora vengo qui a parlarvi di volontariato internazionale? Accennavo alla mia professione. lo sono un economista agrario: mi occupo di fenomeni economici che riguardano la gente dei campi, la gente che lavora in agricoltura. Questo mi ha fatto incontrare il volontariato internazionale perché la maggior parte di queste organizzazioni si occupa per lo più di popolazioni rurali. Una realtà che sta cambiando per effetto dei grandi fenomeni di inurbamento. Adesso i soggetti emarginati, le grandi miserie si sono trasferiti nelle città e sono quelle stesse persone che a volte si ritrovano in città, o meglio, ai margini delle grandi metropoli e delle città di cemento.  

I nomi delle cose 

Misurandomi con il tema "volontariato internazionale", per prima cosa ho cercato di comprendere la definizione di questa locuzione. Sull'aggettivo "internazionale" non c'erano molti dubbi: è un volontariato che si esercita al di fuori dei confini nazionali, così come li identifichiamo noi. Ma anche su questo, in fondo, si potrebbe discutere, perché si può fare volontariato internazionale stando perfettamente a casa propria, senza necessità di spostamento geografico. La questione più spinosa per me si è posta riguardo al termine "volontariato". Ho provato ad affrontarla in modo empirico. In varie situazioni, una volta addirittura in Nepal dove mi trovavo per lavoro, ho cercato dei volontari italiani in attività per capire da loro come vivevano questa realtà di "volontari". E anche in Italia ho avuto modo di confrontarmi con ragazzi impegnati nella cooperazione allo sviluppo, e ho riscontrato che questa realtà può assumere diversi aspetti: ci sono i missionari di istituti laicizzati che si occupano di problemi nel Sud del mondo, ma ci sono anche realtà piccole e grandi in Italia che rientrano nel sottoinsieme normalmente identificato come cooperazione allo sviluppo. 
Per inciso, la formuletta "cooperazione allo sviluppo" richiama alla mente una legge dello Stato italiano - che ha stabilito una formalizzazione dei rapporti fra il Nord del mondo, rappresentato da alcuni soggetti e alcune organizzazioni, con il Sud - che determina, o ha determinato, lo stanziamento di grosse somme, e che in questi giorni è in grande crisi. "Tangentopoli" e la crisi politica dello Stato hanno generato infatti una totale paralisi all'interno del Dipartimento alla Cooperazione e allo sviluppo del ministero degli Affari esteri. Ci sono contenziosi in atto. I finanziamenti di questi progetti vengono erogati in anticipo. Di questi bisogna render conto e sulla base del rendiconto si ottengono i successivi pagamenti. Contro l'attuale paralisi sono state organizzate in tante città d'Italia persino delle manifestazioni di protesta per reclamare il pagamento delle rendicontazioni. Ovviamente nel frattempo si continua a spendere. I soggetti attivi, che sono responsabili nei confronti dei destinatari ultimi delle attività, oppure i cosiddetti "volontari in azione" costano comunque. Se vivono a Nairobi, oppure sulle Ande, hanno dei costi di sopravvivenza. Questi vengono giustamente pagati ancora oggi regolarmente e le associazioni non possono più fare fronte all'esborso. 

Volontariato a costo zero? 

Ho aperto la parentesi che chiudo ora per collegarmi alla questione dei costi del volontariato. La connotazione del volontariato, secondo me, non può stare nella gratuità della prestazione. C'è anche questo, ma non è il criterio di identificazione. Può esserci una pessima prestazione, di bassissima qualità e ovviamente non solidale, fatta a titolo gratuito, come ci può essere un'altissima qualità di lavoro prestato e retribuito. Chiaramente le cose non si possono tagliare così col coltello ed è ovvio che anche nella quantità della retribuzione subentra un livello di volontariato. Non si può dire che uno faccia il volontario guadagnando 20 milioni al mese. 
"Cooperazione" e "sviluppo": anche questi sono termini che vanno chiariti perché suscitano molte perplessità. Mediamente infatti, quando si parla di "cooperazione allo sviluppo", quest'ultimo si identifica con lo sviluppo occidentale, in qualche modo si pensa che il progresso umano avvenga attraverso meccanismi di crescita economica, di crescita anche della società civile che in qualche modo riflettono la crescita economica e lo sviluppo della società civile sperimentati nei Paesi più ricchi del Nord industrializzato. lo a questo non credo, non credo che sia giusto. 
Ma c'è un'altra parola che l'Italia ha adottato in termini selettivi, ed è "Organizzazione non governativa per la cooperazione allo sviluppo". Una visione in negativo scelta ed accettata grosso modo da tutti gli attori sulla scena, anche a livello internazionale, perché i soggetti attivi in queste organizzazioni si identificano in negativo rispetto allo Stato, al governo; dicono o pensano di essere non burocratiche contrariamente a quello che il governo o le agenzie dello Stato sono. "Non governative" in quanto hanno un rapporto con i soggetti a cui si rivolgono, i beneficiari degli interventi, in un modo diverso dallo Stato, che tende a dare ai beneficiari senza coinvolgerli nella funzione stessa del dare. Le Organizzazioni non governative ritengono - e molto spesso a ragione - di non dare a qualcuno, di non lavorare "per", "su" questo o quello, ma di lavorare "con" chi riceve. 
Ovviamente si può discutere molto, ovviamente ci sono molti critici della prassi concreta delle varie organizzazioni che, al di là della retorica e dell'autopresentazione, nelle loro metodologie spesso ripetono schemi governativi in quanto tali. Tuttavia, per poter ottenere dei finanziamenti dallo Stato o dei cofinanziamenti, attraverso la legge 49 del 1987, bisogna essere riconosciuti, in qualche modo, come abili a lavorare in questo settore. Questo comporta tutta una serie di criteri di eleggibilità delle organizzazioni su cui io non mi soffermo. Resti il dato che quelle "riconosciute" sono circa 150 e c'è una stima interna a queste associazioni, che parla di 20.000 soci. Viene anche detto che in Italia, grosso modo, sono saltuariamente coinvolte dalle Ong altre 250.000 persone, in quanto sostenitori dei progetti con delle donazioni, anche piccole, che servono per sostenere le attività svolte. Ma accanto a queste, che hanno diritto ad ottenere dei cofinanziamenti dallo Stato, ci sono tantissime altre organizzazioni che vanno da una comunità cristiana dì base (che mantiene sul posto una persona "volontaria" che vive ai margini di una città del Sud del mondo per aiutare le popolazioni marginali), a centinaia di altre forme diverse di solidarietà più o meno organizzata.

Le Ong nel mondo 

Le Organizzazioni non governative non esistono solo in Italia, ma esistono in tutto il mondo. Ci sono delle stime grossolane che dicono che, in un modo o nell'altro, a livello mondiale vengano toccate dalle Organizzazioni non governative 250.000.000 di persone. La diffusione delle Organizzazioni non governative, o di questo segmento di organizzazioni che si occupano di volontariato per la cooperazione allo sviluppo, è un fenomeno relativamente recente nel mondo industrializzato e ancor più recente nel Sud del mondo. Questo anche perché c'è stata un'acquisizione progressiva sul campo per il fatto che l'efficacia dell'intervento dipende molto da come e quanto sì è in grado di comunicare con le popolazioni con cui abbiamo a che fare. Se queste persone debbono essere trattate come soggetti attivi dell'intervento, chiaramente bisogna saper parlare i loro dialetti ma, se si escludono gli interventi di tipo missionario (che hanno presenze molto lunghe e continuative nei Paesi in cui sono), la possibilità di acquisire una capacità di comunicare a livello locale con le migliaia e migliaia di dialetti che ci sono nel mondo è di fatto impossibile, anche perché questo volontariato internazionale è mediamente di breve durata, coinvolge normalmente soggetti relativamente giovani, e in Italia si è diffuso come attività di prima occupazione Per molti non è una scelta totalizzante, una scelta missionaria di dedizione totale, ma mediamente è un'esperienza a tempo, con l'obiettivo dichiarato, non sempre praticato, che i volontari che sono stati a lavorare in progetti per la cooperazione allo sviluppo in giro per il mondo, poi ritornino in Italia nelle loro sedi naturali e inizino una loro attività professionale, qualsiasi essa sia. 
Ma per chi è stato fuori a lavorare, pur avendo acquisito magari alcune professionalità lavorative, non è cosi semplice tornare, e allora il problema del ritorno e quindi dell'inserimento nella società civile italiana, per portare quei valori di cultura che hanno acquisito nel loro lavoro fuori, non è sempre così facile da superare. Per alcuni di questi c'è stato un mercato all'interno stesso del
mondo della cooperazione, nel senso che sono entrati direttamente come funzionari a tempo pieno nelle organizzazioni che li avevano mandati all'estero, ma i numeri sono limitati, in particolare adesso che i finanziamenti per la cooperazione italiana allo sviluppo, in particolare per le Organizzazioni non governative, si sono ridotti drasticamente. 
Nei tempi delle vacche grasse (la seconda decade degli anni Ottanta) quando il nostro bilancio per la cooperazione allo sviluppo era aumentato molto e quindi era aumentata anche la fetta che andava anche alle Organizzazioni non governative, si parlava di 2.000 volontari. Nel '91 si parlava invece di 1.500 persone, e adesso questi numeri sono molto più ridimensionati: intorno alle 500, 600 persone sono fuori dall'Italia a questo titolo. 
Mediamente le Ong si inseriscono nel mondo nelle sacche di povertà, di emarginazione, di "sottosviluppo". In particolare in questi anni più recenti, quando per varie ragioni si sono create varie strutture di intermediazione, e anche federazioni di Organizzazioni non governative in tutti i Paesi del Sud del mondo, si sono registrati numeri che vanno dai 20, 30, alle 50.000 organizzazioni per Paese, come nel caso delle Filippine. Tutte, ovviamente, per funzionare tentano di ottenere dei finanziamenti e si rivolgono ai loro più naturali destinatari, cioè alle Organizzazioni non governative del Nord del  mondo che, dal canto loro, hanno verificato che per operare correttamente i volontari del Nord non sono i più adatti perché, per essere veramente efficaci, l'aiuto allo sviluppo deve partire dal di dentro, come mobilitazione, come presa di coscienza delle popolazioni o dei soggetti, interessati. 
Inizialmente c'era anche l'illusione che i professionisti del Nord potessero portare tecnologie utili ai Paesi del Sud del mondo, dietro alla quale c'era la concezione che lo sviluppo passasse attraverso quella "occidentalizzazione del mondo", cioè questa diffusione di valori tecnologici, ma anche di cultura, di filosofia, di approccio all'uomo che è propria del nostro modello euro-statunitense. La progressiva presa di coscienza da parte delle organizzazioni del Nord del fatto che, comunque, al di là della buona volontà, non si potesse direttamente intervenire su processi di mobilitazione dal basso con personale dal Nord, c'è stata e forse questo è uno dei fatti più positivi che io ho potuto  sperimentare. Chiaramente questo introduce una contraddizione perché un obiettivo delle Organizzazioni non governative del Nord del mondo era quello di far acquisire conoscenza di quella realtà alle persone che andavano sul posto, per poterle portare indietro con la consapevolezza che il mondo può essere visto da molti aspetti diversi e che le popolazioni locali avevano molto da dare  anche alle nostre società del Nord. 
II "Corpo della pace" americano di kennediana memoria, che è stato venduto ai giovani politicamente motivati degli Stati Uniti come un'occasione per andare ad aiutare il Terzo mondo, chiaramente, sia nell'ideazione ma soprattutto nella prassi, è stato il modo in cui gli Stati Uniti si sono creati un "pool" di conoscenze per dominare il mondo un po' meglio, nel senso che tantissimi volontari ritornati sono finiti nei servizi del Dipartimento di Stato americano. Anch'io quest'esperienza l'ho vissuta, per scelte politiche personali ed ho visto sempre che questa conoscenza ravvicinata serviva ad altri scopi, non certamente così solidaristici, anche se debbo dire che, essendo vissuto negli Stati Uniti negli anni della contestazione, ho verificato che lo sbocco per  tantissimi militanti della nuova sinistra americana studentesca è stata l'esperienza dei volontari della pace che li ha ulteriormente politicizzati, al punto che hanno poi rifiutato di fare i soldati, facendo loro prendere coscienza di quali siano i sottoprodotti, molto spesso non voluti, dalla politica. 

In casa o fuori? 

Visto che stiamo parlando di giornalismo e a giornalisti e aspiranti giornalisti, certamente quello dei volontari in missione è uno dei terreni più delicati perché, a partire da me stesso, io nel tempo, da quando ho cominciato questa professione dal '69 in avanti, ho cambiato idee e approcci e ho dovuto fare molte autocritiche. Tuttora io sono un uomo occidentale che si avvicina a questa realtà esterna con molta curiosità, con il maggior rispetto possibile che mi è concesso, vista la mia esperienza. Resta ancora il fatto che sono un uomo occidentale e che ho schemi mentali che mi portano a pensare in un certo modo e inoltre ho dei vantaggi, che mi dà la mia esperienza e cultura tecnologica: se mi trovo impantanato in una zona fangosa in qualche parte per il mondo, mi so tirare fuori anche perché ho imparato a guidare l'automobile quando aiutavo mio padre nei campi, qui nelle Marche. 
Questa è una cultura che mi è venuta per un'esperienza di vita, per cui quando mi trovo in certe situazioni riesco a cavarmela e mi dà un vantaggio relativo rispetto agli altri, così grande che divento quasi il grande esperto, quello che porta il progresso, che riesce a risolvere i problemi. Ma questo vale adesso: con la nuova cultura tecnologica io riesco a produrre i documenti perché mi porto dietro la mia macchinetta, il mio computer e la mia stampante e riesco a produrre un documento presentabile a qualsiasi livello di governo e nell'arco di una notte. Ma anche questa scopro che è un'arroganza, perché i locali, anche i professionisti, anche !e persone con cui lavoro, questa capacità non ce l'hanno. Chiaramente c'era un grosso vantaggio pratico, con i cosiddetti "volontari" che si avvicinavano a questo mondo con un'eticità e on una qualità della prestazione del proprio lavoro, ma a me capita anche di essere giudicato dai volontari uno temibilissimo, perché mi capita, per questioni professionali, di andare a valutare dei progetti messi in atto da volontari; e normalmente torno con delle dichiarazioni terrificanti nelle quali denuncio che la bassissima professionalità con cui queste cose vengono affrontate porta a disastri garantiti ancor prima di cominciare. lo mi arrabbio tantissimo quando qualcuno mi dice: "Dopo sette anni che siamo stati in Africa abbiamo scoperto che non dobbiamo irrigare perché altrimenti salinizziamo i terreni". C'è bisogno di stare in Africa sette anni per scoprire questo fatto, quando ci sono testi su testi, manuali grandi così, che basterebbe leggere per capire che se non hai acqua a sufficienza non devi irrigare perché l'acqua non arriva a portare i sali in basso, ma li attira in alto, per evaporazione? 
Questa è la cosa che io ho notato di più, per cui:io nella mia attività, non retribuita o retribuita per le Organizzazioni non governative, sostengo che i volontari, specialmente se sono giovani ed in cerca di prima occupazione, è meglio non mandarli, perché fanno più danni che altro. Certo, riconosco anche che noi perdiamo l'occasione di valorizzare dei giovani volenterosi, motivati ad essere esposti ad altre culture con patteggiamento giusto. Ovviamente però la professionalità non può essere richiesta ad uno in cerca di prima occupazione. Questo perché la nostra scuola non dà professionalità, tranne in pochi casi di facoltà professionalizzanti. Normalmente si diventa insegnanti facendo pagare lo scotto, durante i primi anni, ai ragazzini: uno va ad insegnare, fa il supplente, poi fa un po' di precariato, poi, se è bravo, capisce e diventa anche un buon insegnante. 
Queste organizzazioni, che si occupano di volontariato internazionale, scoprono immediatamente che quello del volontario è un mestiere che costa parecchio, perché per mandare della gente in giro bisogna pagar loro l'aereo, bisogna trasferire i soldi e fare tutta una serie di operazioni che costano molti soldi. Avendo un costo così elevato è inevitabile che ci si rivolga all'Ente  finanziatore, e quindi bisogna che sia "un grosso finanziatore", non basta la solidarietà diretta.
Ma io sogno ancora il giorno in cui, secondo logica, le Organizzazioni si creeranno, prima di agire, un supporto anche finanziario in Italia, e soltanto dopo aver consolidato questo si mettano a fare questo mestiere che non è percorribile se non si pongono delle basi salde e durature.


* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.