V Redattore Sociale 20-22 novembre 1998

Acciaio e Cristalli

Il nostro sistema; Da chi dipende il direttore; Uscire dallo schema

Paolo Serventi Longhi

 

Paolo Serventi Longhi - segretario della F.N.S.I.*

Mi pare che l'uditorio sia prevalentemente composto da colleghi o aspiranti tali e da persone che si occupano del sociale, forse riusciamo un po' a capirci. Uscirò dalla veste dell'alieno perché sono protagonista tra protagonisti. Tutte le mattine alla federazione della stampa da quando sono segretario facciamo una ventina di minuti di lettura dei giornali e ogni sera ciascuno si vede un telegiornale. Da quasi 25 anni faccio il giornalista e a volte francamente anch'io mi sento un alieno nel leggere i giornali, nel commentare quello che si è visto il giorno prima nei telegiornali, ed anche nelle trasmissioni informative che sono molto importanti e molto serie. 
Rispetto all'ironica amarezza di Vinicio mi prendo tutta la mia dose di responsabilità individuale e quella collettiva di segretario del sindacato unitario dei giornalisti. Il sistema dell'informazione non galleggia tra le nuvole ma è assolutamente figlio della nostra società con gli elementi positivi e negativi. I giornali, i telegiornali, i giornalisti, gli editori, tutti quanti sono figli del mondo, della società italiana sovranazionale e multinazionale che è quella della globalizzazione. Pertanto - e cerco di allargare il campo delle responsabilità - quando si parla di regole del mercato non ci si riferisce solo alle regole o distorsioni del mercato italiano. È evidente che abbiamo nel campo dell'editoria un assetto proprietario assolutamente fuori dal normale. Sei grandi gruppi editoriali hanno la proprietà di quasi tutti i giornali; uno solo, forse, in parte fa l'editore "di mestiere" (parlo dei padroni), mentre gli altri fanno altre cose, quindi hanno interessi non prevalenti nel settore dell'informazione. Nel sistema radiotelevisivo abbiamo un grande servizio pubblico come in tantissimi altri paesi e un fortissimo privato in mano al leader dell'opposizione, una situazione assolutamente anomala. Questo intreccio di situazioni crea verso il pubblico dell'informazione - nel momento in cui si va trasformando di giorno in giorno il sistema stesso della comunicazione - tutta la serie di problemi che avete di fronte.
Non voglio fare la storia dell'informazione italiana né dire che oggi si fanno giornali o telegiornali migliori di ieri. Ma non possiamo dire che la situazione oggi è diventata drammatica mentre prima erano rose e fiori. Ci basti ricordare i giornali degli anni '50-'60 e la piattezza istituzionale di quei giornali e di quei telegiornali, della televisione di Stato. L'evoluzione ha avuto degli aspetti forse positivi: quanto meno il ventaglio delle informazioni, delle opinioni, il pluralismo sono leggermente cresciuti, c'è una legge sulla par condicio che l'alieno forse non ha letto con grande attenzione ma che comunque c'è stata.

Da chi dipende il direttore

C'è evidentemente un problema di rapporto diretto, sempre più diretto (ed è una delle novità negative) tra l'editore e il famoso direttore, il giornalista e i poteri forti, gli sponsor e la pubblicità e il mercato. Pertanto il direttore non si preoccupa più dell'informazione, o comunque non in modo prevalente, ma si preoccupa di far passare i messaggi dei poteri forti, e degli sponsor pubblicitari. Come Federazione della stampa abbiamo fatto assemblee importanti in cui giornalisti sono venuti alla tribuna a dire che pagine intere di informazione erano subordinate agli interessi della pubblicità. Questo avviene nei periodici, nei quotidiani, spesso in forma indiretta anche nelle televisioni. Nel privato sicuramente c'è una finalizzazione del contenitore al contenuto pubblicitario. Si comprano giornali locali da parte di grandi gruppi non perché interessa il mercato delle Marche ma perché vendere un prodotto, es. la Coca cola, anche nelle Marche significa poter chiedere alla Coca cola una tariffa più alta di pubblicità. La tesi è che viviamo una situazione di forte distorsione del sistema dell'informazione, di subordinazione agli interessi del mercato, dell'economia, dei poteri forti, forse anche della politica.
Mi chiamarono a parlare di sanità e del caso Di Bella, dell'informazione che fu fatta su questo signore che dichiarava di aver risolto il dramma individuale di milioni di cittadini italiani. Su quella vicenda, l'ho detto e lo ribadisco, sono stati montati un caso giornalistico ed uno politico. Quello giornalistico è stato montato in maniera spettacolare solo per vendere più giornali, più messaggi pubblicitari ed in modo assolutamente improprio, senza alcuna competenza o capacità di approfondire. La responsabilità è vero che è dei giornalisti però quella principale non può non essere indicata nel sistema di cui ho parlato: in quel rapporto tra editori e direttori. E questi direttori ormai non sono più garanti dell'autonomia dei giornalisti e delle redazioni; sono dirigenti amministrativi dei giornali che si occupano di informazione e rispondono soltanto all'ufficio marketing e pubblicità.

Uscire dallo schema

È un discorso che non coinvolge tutti ci sono dei direttori e dei giornali che cercano di fare qualcosa di diverso. Non sono convinto che la gente non si accorga di quello che sta succedendo, e il fatto che non legga più i giornali, che per altro sono venduti insieme ai gadget e a promozioni incredibili, credo significhi qualcosa. Tanti giornalisti fanno con fatica il loro mestiere, impongono ai loro direttori delle scelte serie, fanno un'informazione completa, responsabile, pluralista, con coraggio e determinazione. Ovunque nell'emittenza, nella televisione e nella radio di stato, nel privato, nei giornali, nei quotidiani, nei periodici, nelle agenzie di stampa, ne vedo e conosco tanti che soffrono, pagano di persona. Dovremmo avere, come categoria, la forza, la capacità e la volontà di andare a individuare le pecore nere e cominciare a denunciarle una per una. Il giornalista che prende soldi dallo sponsor e si arricchisce deve essere individuato ed espulso dalla categoria. Dobbiamo essere rigorosi come mai nella nostra storia, proprio perché la nostra credibilità è finita laddove l'alieno l'ha letta cioè in un livello molto basso. Il rigore morale, i principi fondanti di questa professione è possibile ancora difenderli, dobbiamo dire alla gente la verità su quello che succede. È un concetto semplice, chiaro, individuabile.
Dobbiamo re-introdurre un circuito informativo che dia spazio ai soggetti deboli. La gente vuol sapere che cosa succede al bar all'angolo, se ci sono o ci saranno neri, magrebini e cosa sta succedendo riguardo all'immigrazione che è uno dei fenomeni più drammatici e più rivoluzionari nella storia di questo paese, che non conosce la multirazzialità. Immigrazione, sanità, volontariato, lotta alla povertà vecchia e nuova, sono decine e decine i temi su cui dobbiamo riprendere a fare informazione, naturalmente attraverso una sensibilizzazione nostra, dei nostri colleghi che arrivi anche ai direttori e agli editori. Dobbiamo essere aiutati e ci dobbiamo aiutare vicendevolmente. Senza il coinvolgimento di grandi masse di cittadini attorno a queste tematiche sicuramente non ce la possiamo fare.


* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.