V Redattore Sociale 20-22 novembre 1998

Acciaio e Cristalli

Notizie deboli storie forti. Sballi

Incontro con Fabrizia Bagozzi

 

Fabrizia Bagozzi - Narcomafie - Gruppo Abele*

Volendo parlare di "sballi" si può dire che anche i media in qualche modo contribuiscono a produrre "sbornie e sballi". Sbornie mediatiche, quelle dei grandi eventi planetari, per intenderci "coperti urbi et orbi" tipo i funerali di lady D. Ma anche sballi che a volte contribuiscono a produrre uno stato di alterazione della coscienza, una sorta di senso di smarrimento anche forte nel lettore che si trova bombardato da una forte ridondanza di informazioni spesso schizofreniche, contraddittorie fra di loro. Se poi questo lettore ha la ventura di occuparsi dei temi raccontati il senso di smarrimento aumenta poiché può notare con facilità una distanza tra ciò che vede nel suo lavoro quotidiano e quello che viene rappresentato. Si aggiunga poi un vecchio vizio dei media - non soltanto italiani - quello di attingere largamente a formule, stereotipi, luoghi comuni che sono sempre comodi perché danno sicurezza ma che rispetto ai nuovi fenomeni, a quelli sociali in genere non rendono ragione della complessità. Quanto più sono nuovi e complessi tanto più si rispolverano vecchie formule dal cassetto. Succede così che la società va avanti ma il luogo comune resta e incancrenisce una certa rappresentazione sociale, un modo di vedere le cose. Si crea uno iato, una distanza fra quello che è e quello che viene raccontato, fra quello che è e le rappresentazioni che i media ne danno; rappresentazioni importantissime perché i media contribuiscono a formare "opinione pubblica". Qui la questione è annosa e il dibattito veramente aperto.

Sono i media ad assecondare "l'opinione pubblica" oppure sono loro a determinarla?

Ritengo che il ruolo dei mezzi di informazione sia assolutamente forte e che contribuisca moltissimo ad orientare quella che viene definita opinione pubblica. Facciamo un rapidissimo viaggio, un trip lo definirebbero i ragazzi con cui lavoro spesso, un vero e proprio viaggio psichedelico nelle rappresentazioni che i mezzi di comunicazione di massa forniscono del mondo della notte, dei luoghi del divertimento e del cosiddetto popolo e dei consumatori di ecstasy. Per capire sostanzialmente quali sono i rischi di queste rappresentazioni e anche quale potrebbe essere il ruolo dell'informazione se soltanto lo volesse. Partiamo proprio dalla notte, dal concetto di notte.
Per organizzare questa chiacchierata mi sono letta un po' di rassegne stampa e mi sono resa conto di quante volte passi il resoconto delle notti dei ragazzi italiani, subliminalmente o esplicitamente. L'idea della notte come uno dei luoghi dello sballo se non 'il luogo dello sballo viene raccontata con una logica emergenziale generatrice di ansia che induce sicuramente e fa scattare istanze di ordine e controllo. La riflessione venuta spontanea è che in una fase in cui i ragazzi che si sentono radicalmente esclusi dai luoghi della rappresentanza diurna, del lavoro e della produzione, nel momento in cui hanno trovato e trovano nella notte un luogo che li protegge, esprime, rappresenta che li manifesta insomma e dà loro un forte senso di protagonismo; proprio in questo momento scatta una rappresentazione allarmistica ed emergenziale. Si tende a stigmatizzare uno dei luoghi dell'espressione del sé dei ragazzi senza per altro proporne o renderne disponibili altri in cui possano essere presenti e protagonisti magari con codici e linguaggi diurni anziché notturni.

Rappresentazioni fornite dai media

Titoletti, sommario e occhielli si scatenano proprio alla grande; classici sono: "rischio discoteca", "allarme discoteca". Un articolo in questo senso interessante è dell'Espresso dello scorso anno: occhiello "ragazzi a perdere, discoteche afterhour"; titolo "ballo da morire". Altro esempio che ho trovato in un pezzo di Panorama esemplifica con grande chiarezza quali sono i modi di approccio al tema e quanto siano assolutamente fuorvianti. Il pezzo è di un anno e mezzo fa, l'occhiello è"emergenza discoteche, viaggio nelle notti dello sballo"; titolo "venite ragazzi in ecstasy"; sommarietto "musica, ballo, eccitanti spesso miscelati in un cocktail infernale, cosa stanno diventando i luoghi dove fanno le ore piccole i nostri figli?". Vi leggo brevemente l'esemplare incipit: "La musica arriva nelle orecchie come un tuono infernale, le luci viola rimbalzano negli occhi liquidi dei danzanti, occhi che vedono tutto, balli frenetici e infiniti, corpi che rotolano sui tavoli, mascelle impazzite, ragazzi che sudano, che ridono, urlano, che si toccano, ragazzi che urinano per terra come animali, ragazzi perduti, ragazzi da discoteca". Lo splatter, l'espressionismo comunicativo qui dà veramente il massimo. Vi assicuro che essendo stata ai tempi d'oro un'incallita dei night club non ho mai visto una cosa del genere neanche nelle situazioni più estreme o dopo lavorando come operatore sociale. Altra rappresentazione classica ed esemplare che riguarda sempre i luoghi del divertimento come ricettacolo di ogni male e in particolare come dannazione è un articolo di sei mesi fa comparso su Repubblica (si occupava di un rave a Tor Vergata tenuto a Roma) titolo: "Ai confini della notte fra i dannati del rave".

L'utilizzo della parte per il tutto

Le discoteche, il mondo dei rave sono anche e per piccole parti dei luoghi in cui si consumano sostanze in cui succedono tutta una serie di cose ma fondamentalmente e sostanzialmente sono anche importantissimi fenomeni culturali, costituiscono dei momenti aggregativi di massa, forse gli unici rimasti per i ragazzi fra i 15 e i 25 anni. Non è questo il modo di trattarli generando ansie e paure negli adulti. Altre rappresentazioni classiche: sugli incidenti del sabato sera che regolarmente si ritengono ipotizzati in uscita da "qualche locale" diventa sempre automaticamente la discoteca il capro espiatorio quando in realtà tutti noi sappiamo che questo non è vero perché le statistiche dicono che la gran parte degli incidenti si verificano non tanto e non solo per causa dell'assunzione di sostanze stupefacenti ma soprattutto a causa di assunzione di alcolici e poi eventualmente di mix e si verificano in genere in percentuale più alta all'uscita da case private piuttosto che non da locali pubblici. Altri esempi di rappresentazioni : "la techno" questa musica nuova, una rivoluzione musicale che salta dalle fondamenta con la nascita della house e della techno e che come il jazz a inizio secolo è diventata la musica del diavolo, soprattutto per il fatto che se "sparata" oltre i 170 battiti per minuto indurrebbe al consumo di sostanze eccitanti, anfetamine e cocaina in primo luogo. C'è un simpatico articolo di Panorama in cui si intervistava un DJ e l'articolista insisteva affinché questi dicesse che c'era una connessione fra consumo di ecstasy e anfetamine e l'ascolto di techno. Grazie al cielo l'articolista non ce l'ha fatta. Rappresentazione altrettanto classica quella del "popolo della notte" come entità astratta che consuma dosi più o meno massicce ecstasy e affini. L'immagine può piacere o meno è una questione di gusti ma questa è una generalizzazione che non dice assolutamente niente e fa come si suol dire di ogni popolo della notte un fascio. Immagino il "night cluber" più salutista essere ridotto e ricondotto a un irrimediabile mangiatore di pastiglie. Questa, molto recente, vede i consumatori di ecstasy, di queste sostanze di sintesi come "nuovi tossici", cito testualmente il titolo di un articolo di Repubblica uscito un mese fa: "i bruciati dell'ecstasy: ecco i nuovi tossicodipendenti" e poi ancora "storia di due amici bruciati dall'ecstasy". Di nuovo si fa una generalizzazione di fatti specifici, si delinea l'ecstasy come la nuova frontiera della tossicodipendenza, cosa che direi concettualmente sbagliata perché come tutti sappiamo moltissime ricerche ormai dicono che se esiste un corpo ristretto contenuto e limitato per quanto interessante di assuntori duri e puri che possono anche sforare nella dipendenza non da ecstasy ma da droghe pesanti, in particolare cocaina e eroina, il corpo grosso dei consumatori di ecstasy è costituito da ragazzi per lo più normali. Ragazzi qualunque che la consumano ogni tanto, la utilizzano come sostanza di carattere ricreazionale. Ultima rappresentazione: "la sostanza", l'ecstasy e le droghe di sintesi. I giornali e i giornalisti ci dicono "l'ecstasy brucia il cervello, è più letale dell'eroina". Bisogna anche dire che questa è un'informazione parziale e incompleta che contribuisce nuovamente a generare ansia.

Che cosa si può fare?

Si rimanda all'opinione pubblica il tipo di rappresentazione che si dà di un universo molto complesso che è ben oltre e ben altro rispetto a quello che viene rappresentato. Il punto è tentare il più possibile di dare all'esterno un'immagine fedele a tutto tondo di questi contesti.
Quale ruolo può avere l'informazione? Quale ruolo potrebbe avere se lo volesse?
L'informazione dovrebbe assolutamente tentare di recuperare un ruolo a cui ha abdicato da tempo e che invece ha avuto in passato. Un ruolo importante per la nostra crescita intellettuale e culturale anche come società civile, un ruolo intenso a produrre cultura alta e a ridefinire gli orizzonti sociali e culturali. Bisognerebbe avere di nuovo la voglia di sperimentare, innovare, provocare. Attraverso quelle inchieste che si citavano prima; stimolare, introdurre elementi critici e dialettici. Questo non significa sovvertire il sistema di produzione dell'informazione è invece un orientamento un punto di vista, un modo con cui guardare la realtà di cui credo i grandi organi di stampa devono assolutamente riappropriarsi. Bisognerebbe poi non cedere alla continua e costante tentazione di cadere nella semplificazione e nell'uso di formule che sicuramente aiutano perché categorizzano cose difficili e complicate ma che ormai non dicono nulla.

Una scelta di tipo culturale

Importante sarebbe superare la tendenza inerziale di selezionare argomenti che fanno più notizia e che a volte contribuiscono ad alimentare l'emergenza o addirittura a crearla ed invece selezionare quelle che di notizia magari ne fanno un po' meno ma rendono ragione della complessità delle cose. Utilizzare la propria professionalità per far passare il messaggio far in modo che esca e si "tematizzi". Il sistema informativo deve ricominciare a governare il processo di produzione dell'informazione e non lasciarsi governare dalla fretta e dal flusso incontrollato delle notizie che quotidianamente arrivano alle redazioni. Questo vuol dire non tanto sapere governare ma volere governare questo processo e produrre un'informazione dialettica ma non schizofrenica, chiara ma non sommaria, semplice ma non semplificatoria. È possibile dipende dall'orientamento, dal punto di vista, dalla scelta che si fa a monte che può essere non soltanto di tipo economico ma anche culturale e sono molti gli elementi che ci indurrebbero a ritenere che le cose stiano così.

Un giusto punto di vista

Un magazine forte, "Musica", tratta questi temi molto bene senza stigmatizzazioni con un giusto linguaggio. C'è invece il quotidiano che oscilla costantemente fra allarme emergenza e ottimi commenti. Mi chiedo il perché di questi messaggi schizofrenici che alla fine contribuiscono soltanto ad aumentare la confusione. Ci sono due target, due pubblici, direte voi. E allora? Il fatto che Musica vada ai ragazzini e Repubblica invece agli adulti forse cambia le cose da un punto di vista economico - questo è ancora tutto da verificare - sicuramente non le cambia dal punto di vista dell'orientamento culturale e sociale che deve essere sempre una scelta prioritaria o comunque affiancata a quella economica. Cosa può fare l'informazione? Può aiutarci a ridefinire e a riorientare il senso comune perché ha ruolo, forza e importanza. Proprio a proposito di senso comune, di orizzonti culturali e sociali, voglio, in conclusione, soffermarmi su quella ulteriore sbornia mediatica che in questi ultimi mesi la stampa e la televisione italiana hanno fatto sulle pillole. Si parla di gioventù sballata e poi si spinge moltissimo sulle pillole come viatico del benessere. Pensate a maggio. Nella prima settimana sono usciti tre settimanali, Il mondo, Panorama, l'Espresso con la stessa copertina e titoli simili chi sul viagra, chi sulle pillole del benessere. Da un lato il ragazzo che si impasticca viene definito bruciato; dall'altro le pillole degli adulti vengono invece definite in copertina dal Mondo: "pillole della felicità, il viagra apre una nuova era per l'industria farmaceutica. Guida alle medicine del benessere.". Il meglio lo dà, infine, Repubblica che di nuovo titola in taglio basso: "viagra, l'ecstasy della terza età ". Ovviamente il messaggio che passa è che ecstasy e viagra sono la stessa cosa con buona pace di chi prende il viagra e di chi si cala l'ecstasy. Salvo però poi trattare il viagra al massimo in termini ironici e l'ecstasy in termini profondamente allarmistici.

Governare il flusso informativo

Intanto sullo sfondo si comincia a delineare uno scenario che è questo: le pillole aiutano a stare bene. Perché dire no a un piccolo sostegno chimico? E i ragazzi, anche loro, perché dire di no? Non dico assolutamente che non si debba fare informazione sulle pillole dico anzi ribadisco che bisogna ritornare a governare il flusso informativo senza scomodare l'ombra del grande fratello e questo da un'ottica che sia profondamente culturale, non è questione di censura o non censura. Può aiutare questo a costruire una società consapevole ma anche a non lasciare gli adulti incancreniti in una percezione del mondo giovanile assolutamente allarmistica ed emergenziale a non abbandonare i giovani a sé stessi o tutt'al più ai direttori del marketing di una grande multinazionale che li considera solo soggetti di consumo, puri e semplici consumatori.


* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.