VI Redattore Sociale 26-28 novembre 1999

Di razza e di classe

Dibattito

Conduce Luigi Vaccari

 

Luigi Vaccari - Centro Cultura Ferrari Modena*

I senza fissa dimora "non sono"

Si citava Cartesio non so se sia stato un senza fissa dimora ma se avesse vissuto come loro avrebbe modificato la sua frase da cogito ergo sum, in cogitor ergo sum sono pensato, considerato, valorizzato, sono amato dunque sono. I cittadini senza fissa dimora sono davvero invisibili, 15 articoli nel '98 e nessuna associazione di volontariato che si sia occupata di loro. In una realtà provinciale come la nostra  non esistono giornali di strada, mi domando se dove esistono si crea una certa sensibilità al fenomeno e se questi giornali diventano fonte di informazione per le redazioni che pubblicano quotidiani. Dei senza fissa dimora non se ne parla, dei nomadi se ne parla e molto male. Più della metà degli articoli hanno come provenienza quella delle forze dell'ordine e delle fonti giudiziarie.
Evidentemente la percezione della realtà che ne trae il lettore medio è legata ai canoni, alle forme, ai generi della cronaca nera per cui il nomade è colui che ruba, che delinque, che viene messo in galera.

Cinzia Spataro

Vivo in una comunità di pronta accoglienza per minori e da questa estate abbiamo avuto l'occasione di condividere un po' di tempo con dei bambini rom che il tribunale ci ha mandato. Erano residenti nel nostro paese. È vero la loro cultura è diversa dalla nostra e sicuramente l'impatto con loro all'inizio è un po' difficoltoso per tutti anche per le persone che vivono quotidianamente a contatto con altre forme di disagio. Facciamo però attenzione a non trasformare questo parlare male in una mistificazione della cultura rom per cui tutto diventa valore, tutto diventa bello e giusto. È importante costruire un reale rapporto di condivisione delle diversa cultura che come ogni altra ha aspetti negativi e positivi.

Chiara

Perché non usare il termine "emigrato" piuttosto che "extracomunitario", o "senza tetto" piuttosto che "senza fissa dimora". Ricordo una cara amica (in casa ha accolto come figli suoi ragazzi con problemi di handicap fisico e psichico) che invitata in un gruppo a parlare di povertà ha detto: "è inutile chiamarla in un altro modo, il povero è il povero, quello che ti dà fastidio che mette in discussione tre o quattro certezze che minaccia la tua identità, un'identità tra l'altro fragile, precaria". Non vuole essere una "riflessione cinica" sappiamo tutti che il linguaggio può essere violento e che abbiamo questa grossa responsabilità di farne un uso il più possibile corretto ma il problema  non è solamente legato all'uso della parola.

Osmani Bajram - Giornalista, conduttore radiofonico di un programma sulla cultura rom*

Il domani non muore mai

La solidarietà non vale niente senza verità. Potrei dire che non sono nato nomade ma sono nato come voi in una casa e non in una foresta che siamo nel 21° secolo non nell'era della pietra e che siamo liberi di scegliere, di decidere, assumerci le nostre responsabilità, rispettare e amare il nostro prossimo. La vita nelle nostre case in Jugoslavia era come la vostra. Ho frequentato la scuola e questo vale anche per il mio popolo, si andava alla scuola dello stato, eravamo cittadini jugoslavi.
Ci hanno riempito la testa di poter essere uniti, il risultato si vede oggi, distrutto tutto anche quel poco che abbiamo avuto. Uomini con un lavoro onesto, con otto ore di fabbrica per poter portare il pane quotidiano in quelle case distrutte da cittadini albanesi non serbi e questa guerra non era la nostra, del nostro popolo ma la guerra di interessi strategici, politici e militari.
Sono molti i rom venuti in Italia come i cittadini albanesi. Dove non c'è diritto di asilo politico si diventa clandestini. Questa guerra ha dimostrato la capacità di incoscienza. Dobbiamo tenere vicini gli amici ma i nemici ancora di più, bisogna sedersi ad un tavolo rotondo cercare una via di uscita unica verso il bene comune che non sia quantitativa ma qualitativa.

Carla Osella - Presidente Associazione Italiana Zingari, Torino*

Valori di questa popolazione

I rom e sinti si sono costruiti un certo alone di mistero. Pensate soltanto all'approccio della gente normale con il loro mondo, li incontra per la strada e le donne magari velocemente gli strappano il cappello lo mettono sulla mano ci sputano sopra e cominciano a parlare di malocchio. La gente è impaurita, c'è nella memoria collettiva paura del magico e di magico per chi li conosce bene non c'è assolutamente niente. Il grosso problema della paura potrebbe svanire se la gente li conoscesse meglio. Come? Andando direttamente nelle loro case dicendo: ti voglio conoscere, posso entrare da te? E se la maggior parte vive semplicemente nei campi la gente dovrebbe andare lì e invece non ci va. Non vanno le insegnanti, i giudici, i giornalisti poco. Andare nel campo vuol dire: andare da loro a bere il caffè ad esempio. Ditemi quale rom non vi fa subito accomodare! Tra  i valori primo fra tutti il senso della famiglia, i rapporti amicali e di solidarietà in questo momento sono in crisi. Cosa molto importante, non esiste l'io, esiste sempre il noi, lo zingaro non vive da solo mai, sempre in due, tre, quattro. Vivono assieme emozioni gioia e dolore. C'è sempre qualcun altro che accompagna.

* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.