VII Redattore Sociale 1-3 dicembre 2000

Corre la lepre...

Gente usa e getta: la nuova schiavitù nell’economia globale

Intervento di Kevin Bales

 

Kevin Bales - autore de "I nuovi schiavi"*

Globalizzazione e schiavitù1

La schiavitù è una delle più vecchie istituzioni umane. Ha giocato un ruolo importante nelle economie di molte società, sia storiche che moderne. Essendosi diffusa in molte culture, ha assunto molte forme diverse. E' stata una delle prime forme di commercio a diventare veramente internazionale. Durante il periodo romano, ad esempio, un gran numero di schiavi veniva venduto come merce in tutto l'impero ed al di fuori di esso. Questo commercio continuò nel periodo medioevale, per poi esplodere con la dinamicità economica moderna attraverso la tratta atlantica degli schiavi tra il 15° ed il 19° secolo. Essendo un'istituzione economica ha saldamente resistito alle chiamate umanitarie dell'Illuminismo. Le rivoluzioni americana e francese, per esempio, distrussero le allora esistenti strutture politiche ma lasciarono intatta l'industria della schiavitù. Durante i vari periodi storici la schiavitù si è facilmente adattata ai cambiamenti d'ordine del mondo, e continua tuttora a farlo.

I meccanismi culturali e sociali che rendono possibile la schiavitù in un qualsiasi paese riflettono la società indigena e continuamente si evolvono per adattarsi ai suoi cambiamenti. Le forme di schiavitù nel Pakistan e nell'India moderni, ad esempio, riflettono il feudalesimo storico di questi paesi, ma le nuove forme di sfruttamento, sebbene derivino dal feudalesimo, sono da esso diverse. In questo secolo la schiavitù è stata inglobata in quel processo che noi chiamiamo globalizzazione. Il processo di globalizzazione ha infatti influenzato l'evolversi della schiavitù in molti modi, che vengono però spesso poco studiati ed ancor meno capiti. Si è infatti posta molta attenzione alle manifestazioni altamente visibili ma anche molto effimere della globalizzazione, quali: il diffondersi di ristoranti di hamburger, la standardizzazione delle forme di musica popolare, e la proliferazione di mode e programmi televisivi che sono il risultato ibrido di prestiti culturali. Al di là di questa chiassosa e scintillante superficie, il processo di globalizzazione sta influenzando cambiamenti molto più profondi dell'esistenza umana.

Questi ultimi cambiamenti sono più facilmente osservabili nelle istituzioni fondamentali, quali il matrimonio, le gerarchie sociali, le strutture economiche e, per l'appunto, la schiavitù. Tuttavia, prima di esaminare gli effetti della globalizzazione sulla schiavitù, è necessario comprendere quanto sia diffusa la moderna schiavitù. Si definisce schiavitù il controllo totale di una persona per mezzo della violenza, o l'uso della violenza per fini economici. Poiché esistono numerose forme di sfruttamento, alcune zone di incertezza sopravvivono a questa seppur stretta definizione. Lo scopo del mio lavoro è discutere quelle relazioni socio-economiche che nessuno negherebbe costituiscano asservimento, anche se questo significa escludere, per esempio, il lavoro nelle prigioni, il lavoro minorile, ed il terribile sfruttamento di alcuni lavoratori che sono tuttavia liberi di lasciare i loro datori di lavoro. Usando queste linee guida, ho collezionato informazioni riguardo la diffusione della schiavitù. La mia miglior stima sul numero di schiavi presenti oggi nel mondo ammonta a 27 milioni.

Ma dove sono tutti questi schiavi? La maggior parte di questi 27 milioni, forse dai 15 ai 20 milioni, è rappresentata dalla schiavi per debito in India, Pakistan e Nepal (si parla di lavoro o schiavitù per debito quando una persona si rende schiava  per saldare un suo prestito o un debito ereditato da un parente). La restante parte della schiavitù tende ad essere concentrata in Asia sud-orientale, in Africa settentrionale ed occidentale, ed in parte del Sud America, ma ci sono schiavi in quasi tutti i paesi del mondo, inclusi Stati Uniti, Giappone, e molti paesi europei. Per fare una proporzione, possiamo dire che la popolazione degli schiavi attuali è più numerosa della popolazione del Canada, e circa sei volte quella di Israele.

Questi schiavi sono spesso usati in lavori semplici, non tecnologici, e tradizionali. La maggior parte di essi lavora nell'agricoltura, mentre gli altri vengono utilizzati in vari modi: fabbricano mattoni, lavorano nelle miniere o nelle cave, si prostituiscono, lavorano gemme e fabbricano gioielli, fanno vestiti e tappeti, lavorano come servi domestici, ricavano il carbone o lavorano nei negozi. La maggior parte di questi lavori è finalizzata alla vendita o al consumo locali, ma una buona parte della merce realizzata da schiavi raggiunge le nostre case. Tappeti, fuochi d'artificio, gioielli, oggetti di metallo, carbonella, e cibi quali grano, riso, e zucchero sono importati direttamente dal Nord America e dall'Europa, dopo essere stati prodotti sfruttando il lavoro di schiavi. Nei paesi dove la schiavitù e l'industria coesistono, merci e cibi economici prodotti da schiavi tengono bassi i salari nelle fabbriche e aiutano a tenere bassi i prezzi di ogni cosa, dai giocattoli ai computer, sul mercato mondiale. In aggiunta, le più grandi corporazioni trans-nazionali, agendo come sussidiari nel mondo in via di sviluppo, sfruttano il lavoro degli schiavi per incrementare i loro guadagni e quelli dei loro azionisti. Mentre ancora si discute sul fine dell'economia, le contemporanee forme di schiavitù differiscono da quelle del passato specialmente in termini di importanza delle differenze razziali.

Schiavitù e razza

Nella schiavitù contemporanea, razza significa poco. Nel passato, differenze etniche e razziali venivano usate per spiegare e giustificare la schiavitù. Queste differenze permettevano agli schiavisti di sviluppare giustificazioni culturali sul perché la schiavitù era non solo accettabile ma anche un bene per gli schiavi. La diversità degli schiavi rese più semplice l'uso della violenza necessaria per un controllo totale. Questa diversità può definirsi in ogni modo: di religione, di tribù, di colore, di lingua, di abitudini, di classe sociale. Tutte queste diversità possono essere, e furono, usate per separare gli schiavi dagli schiavisti. Nell'era moderna, mantenere queste differenze richiese un tremendo investimento in alcune idee irrazionali; più assurde erano le giustificazioni, più si insisteva con forza su di esse. Gli American Founding Fathers dovettero utilizzare contorsioni morali, linguistiche e politiche per spiegare perché la "terra delle libertà" fosse finalizzata solo agli uomini bianchi2. I criteri utilizzati oggi per rendere schiavi non riguardano il colore della pelle, la tribù di appartenenza o la religione, ma piuttosto la debolezza, l'ingenuità e la povertà.

E' tuttavia vero che oggi in alcuni paesi ci sono differenze etniche o religiose tra schiavi e schiavisti. In Pakistan, per esempio, molti schiavi fabbricanti di mattoni sono cristiani, mentre gli schiavisti sono musulmani. In India schiavi e schiavisti provengono spesso da caste diverse. In Tailandia, essi provengono da regioni del paese diverse. Tuttavia in Pakistan ci sono cristiani che non sono schiavi, in India ci sono membri appartenenti alle stesse caste che sono liberi. La casta o la religione semplicemente riflettono la vulnerabilità di un soggetto all'asservimento, ma non ne sono la causa. Sicuramente alcune culture sono più classiste di altre. La cultura giapponese separa fortemente la propria gente da chiunque altro, cosicché le schiave prostitute in Giappone sono con più probabilità donne tailandesi, filippine od europee, ma potrebbero anche essere giapponesi. Il punto chiave sta nel fatto che le donne giapponesi non sono minimamente paragonabili, in termini di vulnerabilità e disperazione, alle donne tailandesi o filippine. In più le donne tailandesi vengono spesso imbarcate verso il Giappone perché alcuni filippini stanno schiavizzando altri filippini. Lo stesso schema si ripete negli stati ricchi di petrolio dell'Arabia Saudita e del Kuwait, dove i musulmani arabi schiavizzano promiscuamente i buddisti dello Sri Lanka, i cristiani filippini, ed i musulmani nigeriani. Il comune denominatore in tutti questi casi è la povertà, e non il colore o la religione. Al di là di ogni asserzione di differenza etnica, c'è la realtà della disparità economica. Gli schiavisti moderni sono ciechi al colore della pelle, ma molto perspicaci verso la debolezza. Questa cecità al colore è parte del rapido adattamento della schiavitù alla nuova economia globale.

La nascita della nuova schiavitù

Oggi c'è un nuovo tipo di schiavitù che riflette direttamente l'influenza della globalizzazione. Sebbene si tratti ancora di schiavitù - il fatto fondamentale che una persona è completamente controllata da un'altra rimane infatti lo stesso - questa risulta cambiata in alcuni aspetti molto importanti. Ma come mai questa antichissima e durevole usanza umana è cambiata così brutalmente? Che cosa ha reso possibile questa nuova forma di schiavitù?

Due sono i fattori più importanti che hanno influito sulla nascita della nuova schiavitù. Il primo è il drammatico incremento della popolazione nel mondo dopo la seconda guerra mondiale. Il secondo riguarda i cambiamenti sociali ed economici, causati in parte dal boom demografico, che hanno creato le condizioni globali che rendono possibile le nuove forme di schiavitù. Dal 1945 la popolazione mondiale è quasi triplicata, passando da circa 2 bilioni di persone a 5,7 bilioni. La maggior parte di questo incremento è avvenuto in quei paesi dove la schiavitù oggi è prevalente. In paesi quali il sud-est asiatico, l'India sub-continentale, l'Africa ed i paesi arabi, l'incremento delle nascite ha più che triplicato le popolazioni, inondando di bambini questi paesi, dove spesso più della metà della popolazione ha meno di 15 anni. In paesi che erano già poveri, l'incremento della popolazione ha reso l'offerta di molto superiore alla domanda. Specialmente in quelle aree dove la schiavitù è ancora praticata o è stata parte della cultura storica, il boom della popolazione ha radicalmente incrementato il numero di schiavi potenziali e fatto precipitare il loro prezzo.

Nello stesso tempo l'aumento smisurato della popolazione ha peggiorato gli effetti dei cambiamenti socio-economici. In molti paesi in via i sviluppo, il processo di modernizzazione ha portato immense ricchezze a ristretti gruppi di elite, ed ha contribuito ad impoverire sempre più la maggior parte della già povera gente. Negli ultimi 50 anni l'Asia e l'Africa sono state segnate da guerre civili e da continui saccheggiamenti delle risorse da parte di dittatori locali, spesso supportati da finanziatori super potenti. I paesi con pochi guadagni sulle esportazioni sono stati ipotecati per coprire le immense spese per le armi necessarie ai governanti corrotti per mantenere il potere. Nel frattempo i tradizionali stili di vita e di sussistenza furono sacrificati a favore di quelli finalizzati alla produzione di capitali destinati a coprire il debito estero. I processi di modernizzazione prima, e di globalizzazione poi, dell'economia mondiale hanno avuto un profondo impatto sulle popolazioni indigene e sulle attività agricole di piccola scala che le mantenevano. Il passaggio forzato dall'agricoltura di sostentamento a quella di profitto, la perdita della terra comune e le politiche governative che riducono le entrate delle fattorie in favore di cibi economici per le città hanno tutti aiutato la bancarotta di milioni di contadini, e li hanno cacciati dalle loro terre, e qualche volta, spinti verso la schiavitù.

La fine della guerra fredda non fece altro che peggiorare la situazione. William Greider lo spiegò bene con queste parole:

Una delle caratteristiche sconvolgenti della globalizzazione successiva alla guerra fredda consiste nella facilità con cui gli affari ed i governi delle democrazie capitaliste hanno abbandonato i valori ripetutamente sostenuti per quaranta anni durante la battaglia contro il comunismo, quali le libertà individuali e la legittimità politica basata su elezioni libere. La preoccupazione per i diritti umani, compresa la libertà di costituire assemblee di lavoratori che desiderano parlare per loro stessi, è stata sostituita dalla convenienza commerciale. Le multinazionali si sono rivolte con fiducia verso nuovi mercati, dal Vietnam alla Cina, dove i governi controllano e sfruttano sistematicamente i loro stessi cittadini3.

La corruzione dei governi è la terza forza sostenitrice di questa nuova forma di schiavitù. Per trasformare la vulnerabilità delle persone in schiavitù bisogna usare la violenza. Per far ciò con impunità è necessario un governo corrotto, e soprattutto una polizia corrotta. Quando le leggi contro i rapimenti ed il lavoro forzato non vengono sostenute e rafforzate, a reclutare gli schiavi sono proprio coloro che hanno accesso ai mezzi violenti (spesso la polizia stessa).

La vecchia e la nuova schiavitù

La corruzione dei governi, insieme con il vasto incremento del numero di persone ed il loro continuo impoverimento hanno dato origine a nuove forme di schiavitù. Per la prima volta nella storia umana c'è un assoluto eccesso di schiavi potenziali. Questo è un drammatico esempio di offerta e domanda. Ci sono così tanti schiavi potenziali che il loro valore continua a diminuire. Gli schiavi sono ora così poco costosi che sono diventati redditizi in molti nuovi tipi di lavoro. Il loro valore è ora così basso da cambiare completamente il modo in cui essi vengono visti ed usati. Gli schiavi non sono più un investimento importante. Questo fatto ha cambiato la natura della relazione tra schiavi e schiavisti. E' drammaticamente cambiata la quantità di profitto che può essere ricavato da uno schiavo, così come la durata di tempo durante il quale una persona può essere schiavizzata. Tutto ciò ha reso la questione legale della proprietà meno importante. Quando uno schiavo costava una gran quantità di denaro, era importante salvaguardare l'investimento avendo una chiara documentazione legale sulla padronanza. In passato era conveniente rubare o inseguire schiavi che tentavano la fuga. Oggi si possono trovare schiavi ad un così basso prezzo che non è conveniente assicurarsi una padronanza permanente. Il fatto che possedere schiavi oggi sia illegale non è un vero problema per gli schiavisti, visto che gli schiavi sono disponibili.

La grande abbondanza di schiavi potenziali ha fatto si che le nuove forme di schiavitù siano caratterizzate da rapporti meno duraturi. Il periodo di tempo durante il quale uno schiavo rimane legato al suo padrone può essere molto diverso nelle varie parti del mondo. Non è infatti conveniente mantenere gli schiavi se essi non possono essere sfruttati immediatamente. Alcuni vengono schiavizzati per pochi mesi. In paesi dove cresce lo zucchero per esempio, alcune persone vengono schiavizzate durante un singolo raccolto. Poiché essi vengono usati per un periodo di tempo limitato, non c'è ragione di investire troppo nel loro mantenimento. Ha inoltre poca importanza il fatto che essi sopravvivano al periodo di schiavitù. Sebbene nel 19° secolo gli schiavi del Sud America venissero trattati in modo orribile, si tentava comunque di tenerli in vita il più a lungo possibile. Gli schiavi erano infatti bestiame di valore, ed il proprietario voleva guadagnare dal suo investimento. Inoltre si tentava di allevarli e di farli riprodurre così da generare nuovi schiavi, perché era in genere più economico crescere giovani schiavi che comprarne di adulti. Oggi nessun schiavista vuole spendere soldi per mantenere bambini inutili.

Le differenze più importanti tra le vecchie e nuove forme di schiavitù sono le seguenti:

Differenze tre le vecchie e le nuove forme di schiavitù

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Vecchie forme di schiavitù

Assenso alla padronanza legale
Alto costo di acquisto
Bassi profitti
Scarsità di schiavi potenziali
Legami duraturi
Mantenimento degli schiavi
Differenze etniche importanti

Nuove forme di schiavitù

Dissenso alla padronanza legale
Costo di acquisto molto basso
Altissimi profitti
Abbondanza di schiavi potenziali
Legami temporanei
Schiavitù usa e getta
Differenze etniche irrilevanti

 

Questo schema può essere chiarito con un esempio. Forse il sistema di schiavitù meglio studiato e capito è quello del Sud America prima del 1860, in cui gli schiavi venivano usati nelle piantagioni di cotone4. Gli schiavi venivano comperati. Dopo la loro introduzione nell'economia delle piantagioni, gli emigranti europei scelsero di non competere con il lavoro degli schiavi, e la domanda di questi ultimi salì enormemente, insieme al loro prezzo. Nel 1850 un lavoratore della terra veniva venduto in media da $1.000 a $1.800. Queste cifre corrispondevano a circa 3-6 volte il salario medio annuale di un operaio americano del tempo, e tradotte in termini moderni, corrisponderebbero a circa $50.000-$100.000. Malgrado il loro costo elevato, gli schiavi producevano, in media, un profitto pari al 5% ogni anno. Se il mercato del cotone cresceva, un proprietario di piantagioni avrebbe guadagnato molto sfruttando i suoi schiavi, ma se il prezzo del cotone scendeva, egli poteva trovarsi costretto a vendere gli schiavi per evitare il fallimento. La proprietà degli schiavi era chiaramente dimostrata da titoli e conti, e gli schiavi potevano essere usati come garanzia per ricevere prestiti o pagare debiti. Per tenere sotto controllo gli schiavi, spesso veniva usata la violenza, ma la loro forma fisica era anche una misura del valore dell'investimento. Inoltre, c'era una grande differenza razziale tra schiavista e schiavo. La giustificazione razzista era così forte che una piccola differenza genetica, come la differenza di altezza tra un nero ed un bianco, poteva significare schiavitù a vita5.

Facciamo un paragone tra la vecchia schiavitù del Sud America e la schiavitù (generalmente si tratta del suddetto lavoro per debito) utilizzata per l'agricoltura nell'India moderna. In India oggi è la terra e non gli schiavi ad essere comperata. La popolazione indiana è cresciuta enormemente, ed oggi è circa tre volte quella degli Stati Uniti in un terzo del territorio. Ne deriva una sistematica competizione tra lavoratori liberi e schiavi, facilmente reclutabili, ed una continua pressione sui salari agricoli che spinge i lavoratori liberi verso la schiavitù. I contadini infatti non hanno molta scelta in caso rimangano senza denaro, abbiano un cattivo raccolto, o un loro familiare si ammali e necessiti di medicinali. Per affrontare e superare una crisi, essi chiedono ai proprietari terrieri locali denaro in prestito, ma non avendo altri possedimenti, usano le loro stesse vite come garanzia. Una persona viene schiavizzata quando ha un debito di circa 500-1000 rupie (circa $30-60), cifra che corrisponde al prezzo di un lavoratore. La scadenza del legame di schiavitù non viene definita, e lo schiavo deve lavorare per il suo padrone fino a che quest'ultimo decide che il debito è stato saldato. Il debito può passare di generazione in generazione, a causa di conti fraudolenti da parte dello schiavista, che può anche impossessarsi e vendere la prole degli schiavi a copertura del debito. Si tratta sempre di schiavitù, ma ci sono cinque differenze cruciali tra questa e la vecchia schiavitù.

La prima differenza è che nessuno prova a legalizzare la proprietà dello schiavo per debito. Lo schiavo è tenuto sotto l'incubo della violenza, è spesso fisicamente incatenato, ma nessuno asserisce che si tratta in effetti di "proprietà". La seconda differenza è che lo schiavo è responsabile per il suo stesso mantenimento, cosa che fa risparmiare denaro allo schiavista. La terza differenza è che se uno schiavo non è in grado di lavorare, per esempio perché malato o ferito, o se lo schiavista non ha bisogno del suo lavoro, questi viene abbandonato o eliminato dallo schiavista, che non si prende nessuna responsabilità riguardo al suo mantenimento. La quarta differenza ha a che fare con la razza; le differenze etniche infatti non sono mai così rigide come nel caso delle vecchia schiavitù. Come menzionato sopra, gli schiavi per debito spesso appartengono a caste diverse da quella dello schiavista, ma questo non è necessariamente vero. La distinzione fondamentale riguarda la ricchezza ed il potere, non la casta.

Infine la grande differenza tra la vecchia e la nuova schiavitù consiste nei guadagni che essa produce. Gli schiavi per debito utilizzati nell'agricoltura in India generano uno dei più bassi profitti che si possono trovare analizzando le varie schiavitù moderne, e tuttavia producono più del 50% del profitto annuo dello schiavista. Questi profitti così alti, in parte dovuti al basso costo degli schiavi, risultano tuttavia essere tra i più bassi che si possono trovare nelle varie forme di schiavitù moderna poiché riflettono i bassi profitti di un'agricoltura vecchio stile e su piccola scala.

La schiavitù per debito utilizzata per l'agricoltura in India presenta ancora alcune caratteristiche tipiche delle vecchie forme di schiavitù, come il fatto che gli schiavi vengono trattenuti per lunghi periodi. Diverso è il caso di giovani donne che vengono obbligate a prostituirsi in Tailandia. L'enorme crescita della popolazione tailandese ha fatto sì che ci sia un surplus di schiave potenziali. I rapidi cambiamenti economici hanno causato povertà e disperazione. Le ragazze spesso lasciano le zone rurali perché abbindolate da promesse quali un lavoro come cameriera in un ristorante o come operaia in una fabbrica. Non ci sono differenze etniche: sono ragazze tailandesi schiavizzate da uomini tailandesi proprietari di bordelli, e, se proprio si vuole trovare una differenza, questa consiste nel fatto che le schiave provengono dalla campagna, mentre gli schiavisti vivono nelle città. Le ragazze a volte vengono vendute dai loro genitori, altre vengono loro stesse imbrogliate da qualche agente; poi, una volta lontane da casa, vengono violentate, schiavizzate, e quindi vendute al proprietario di qualche bordello. I proprietari dei bordelli schiavizzano le ragazze dicendo loro che devono ripagarsi il prezzo del loro acquisto più gli interessi attraverso la prostituzione. Il calcolo del debito e degli interessi è, ovviamente, completamente nelle mani dei proprietari dei bordelli, che lo manipolano a loro piacimento. Usando questo trucco, trattengono una ragazza per tutto il tempo che vogliono, senza la necessità di mostrare alcun riconoscimento legale di proprietà. Il bordello dà da mangiare e mantiene presentabile la ragazza, ma se questa si ammala, si ferisce, o è semplicemente troppo vecchia, viene venduta. In Tailandia questa è attualmente la sorte di una prostituta che risulta positiva al test dell'HIV.

Questa forma di schiavitù per debito "contrattuale" è estremamente redditizia. Una ragazza tra i 12 ed i 15 anni può venir pagata da $800 a $2000, ed i costi di gestione di un bordello e del cibo per le ragazze sono relativamente bassi. Il profitto spesso raggiunge l'800% annuo. Lo sfruttamento di una ragazza va in genere avanti per 5-10 anni. Poi, specialmente se malata o sieropositiva, la ragazza viene abbandonata.

La schiavitù e l'economia globale

La schiavitù è presente in tutto il mondo, e cresce dove le condizioni sono più favorevoli. Poiché è sostanzialmente una forma di sfruttamento economico, è lecito chiedersi quale ruolo giochi l'economia mondiale. Infatti il lavoro degli schiavi produce un contributo diretto minimo sull'economia mondiale. Una stima di tale contributo risulta comunque molto difficile. La maggior parte delle informazioni sulle principali forme di schiavitù non sono molto attendibili, tuttavia gli esempi seguenti possono aiutare a spiegare la situazione.

Gli agricoltori schiavizzati per debito, dopo un prestito iniziale (quale il prezzo di acquisto) di circa $50, generano un profitto netto agli schiavisti che può raggiungere il 100%.  Se si stima che ci siano circa 18 milioni di tali lavoratori, il profitto annuale generato sarà dell'ordine di 860 milioni di dollari, che va suddiviso tra circa 5 milioni di schiavisti. Se si considerano 200.000 tra donne e bambine schiavizzate come prostitute, stima tutt'altro che irragionevole, e se i crolli finanziari trovati nella prostituzione tailandese possono essere considerati come guida, allora la prostituzione può generare un profitto annuo totale pari a 10.5 bilioni di dollari.

Se queste somme vengono mediate al fine di essere rappresentative dei circa 27 milioni di schiavi nel mondo, il profitto totale annualmente generato dagli schiavi è di circa 13 bilioni di dollari. Dato che le spese generali destinate agli schiavi sono piuttosto basse, questa cifra rappresenta un indice ragionevole del loro valore produttivo, ma è tuttavia una stima molto grezza. Per mettere questa somma in una prospettiva generale, e per misurare la sua dimensione rispetto all'economia globale, si tenga presente che essa corrisponde approssimativamente a quanto la Dutch ha speso lo scorso anno in turismo, o al valore della Microsoft fondata da Bill Gates.

Se il contributo diretto generato dalla schiavitù nell'economia mondiale è di circa $13 milioni, il contributo indiretto sarà più grande di qualche fattore, ma la stima a questo punto risulta quasi impossibile. Il valore indiretto può essere generato in un'infinità di modi diversi. Per esempio la produzione di carbone è fondamentale per la produzione di acciaio in Brasile. La maggior parte di questo acciaio viene poi trasformato in varie merci, come macchine e parti di macchine, che rappresentano un quarto delle esportazioni brasiliane. La sola Inghilterra importa merci per circa 1.6 bilioni di dollari dal Brasile ogni anno, gli Stati Uniti molto di più. La schiavitù ha ridotto i costi di produzione ed ha di conseguenza ridotto il prezzo di vendita dei prodotti realizzati in una fabbrica, e così via fino al prezzo di vendita sul mercato. Ma il fatto che la schiavitù giochi un ruolo importante nell'economia globale significa che la schiavitù stessa è una forma di globalizzazione?

La globalizzazione della schiavitù

Discutere di globalizzazione può essere molto difficile, perché a questa parola si danno numerosi significati ed interpretazioni. La mia interpretazione si rifà a quella esposta in un'opera di Martin Albrow6, uno dei primi ad usare il termine nella sua accezione corrente  e uno di coloro che ne hanno chiarito le premesse teoriche ed analitiche. Dal suo lavoro si deduce che la globalizzazione può essere vista come un drammatico superamento dell'era moderna. Se la modernità era essenzialmente definita dalla dimensione tempo, la globalità (stato generato o generante la globalizzazione) è sostanzialmente definita dalla dimensione spaziale. Se la modernità è stata caratterizzata dal concetto di stato nazionale, la globalità trascende i confini nazionali. In termini pratici, il processo di globalizzazione implica sia "la diffusione di usi, valori, tecnologie e altri prodotti umani a tutto il globo7", sia le trasformazioni storiche che sono conseguenza di questo processo.

Jasper sostenne che è stata la Seconda Guerra Mondiale la vera origine della globalizzazione. Come lui stesso disse, la guerra

     ... per la prima volta raccolse contributi da tutte le parti del mondo; il mondo era visto come una sola cosa. Essa è stata in effetti la prima reale guerra mondiale. Stava cominciando la storia del mondo, inteso come totalità. L'idea fondamentale è che non esiste più il 'fuori'. Il mondo è chiuso in un'unica unità. Compaiono nuovi trattati e nuove opportunità. Tutti i problemi fondamentali sono diventati i problemi del mondo, ogni condizione la condizione dell'umanità8.

La guerra è stata la conseguenza logica della modernità come espansione territoriale di nazioni che si sono estese a tutto il mondo. Ma la modernità porta con sé anche le ragioni e le giustificazioni alla base dell'idea del mondo come unità. La modernizzazione dunque porta le origini della globalizzazione: "insieme all'espansione territoriale, essa genera l'idea dei diritti umani universali, di un ordine universale, e di un governo del mondo"9.

Questo processo è particolarmente evidente nell'economia. Se lo stato nazionale promuoveva ed organizzava il commercio e creava e controllava il denaro, il commercio ed il denaro globalizzati si sono liberati dal controllo delle nazioni per diventare attività al di sopra della nazione. Un chiaro parallelismo è riscontrabile nella schiavitù. Nel 19° secolo la schiavitù era, per definizione, una forma di relazione sociale ed economica ben legata e ben controllata dalle nazioni. La schiavitù era una relazione, come il matrimonio o un contratto d'affari, che aveva un suo significato legale all'interno dei confini di uno stato. Un uomo relegato alla condizione di schiavitù poteva diventare automaticamente libero se si trasferiva in un'altra giurisdizione. L'identificarsi della schiavitù con la sua definizione legale fece sì che l'abolizione della schiavitù coincise con l'abolizione delle leggi che la regolavano.

Nei fatti però l'abolizione della schiavitù non coincise con la fine della schiavitù. Sebbene fosse significativamente diminuita sotto alcune giurisdizioni, essa ha continuato a sopravvivere nel mondo come attività economica. La schiavitù è dunque diventata un tipo di economia illecita cresciuta laddove le condizioni, spesso agevolate dal processo di globalizzazione, lo hanno permesso. Come spiegato sopra, la schiavitù ha origine quando la vulnerabilità economica si combina con una popolazione numerosa e con una mancanza di regolamento e controllo sull'uso della violenza. La mancanza di regole sui mercati mondiali, che è vista come un'opportunità dagli agenti di cambio londinesi e come un pericolo dai contadini indiani, rende una gran parte dei poveri del mondo ancora più vulnerabile dal punto di vista economico. Quando ciò avviene in paesi dove la corruzione permette l'uso illecito della violenza per catturare e controllare persone vulnerabili, si è in presenza di schiavitù. Ma le nuove forme di schiavitù non sono solo una conseguenza della globalizzazione dell'economia, esse sono parte del processo stesso di globalizzazione.

La globalizzazione si oppone alla internazionalizzazione, e comporta un'integrazione funzionale delle più diverse attività economiche10. Le compagnie transnazionali devono infatti essere pienamente consapevoli dei vantaggi e dei pericoli che possono sorgere in ogni parte del globo. Questo comporta una sfida ai governi nazionali, che, come puntualizzato da Albrow, "coincide con una perdita di controllo, un controllo che i governi delegano ad un sistema di garanzia internazionale"11. La varietà delle attività economiche ed il mancato controllo da parte dei governi, sono due aspetti che sono anch'essi tipici delle nuove forme di schiavitù. Gli schiavisti sostengono sia gli schiavi che le attività da essi svolte. In Brasile gli schiavi sono "reclutati" in regioni densamente popolate ed economicamente depresse, e poi vengono imbarcati e trasportati per oltre 1000 miglia fino ai campi di carbone. Il carbone, a sua volta viene spedito per altre 1000 miglia per esser usato negli stabilimenti di acciaio. Nell'Asia sud-orientale le donne vengono schiavizzate nel Burma o nel Laos per essere utilizzate in Tailandia o spedite nei bordelli giapponesi od europei. I capitali provenienti da Hong Kong vanno a finanziare i bordelli in Tailandia, mentre gli investimenti provenienti dall'Europa finanziano le miniere di carbone in Brasile. E' facile così trovare schiavi provenienti da Mali a Parigi, schiavi provenienti dalle Filippine a Londra e in Arabia Saudita, e schiavi dell'Est Europa, soprattutto donne, in tutto il mondo. Anche i profitti generati dalla schiavitù fluiscono indiscriminatamente attraverso i confini delle varie nazioni. I governi che, come molte persone, identificano la schiavitù con una istituzione legata ad una nazione, non sono in grado di regolare questo commercio. Solo all'inizio del 1999 le Nazioni Unite si sono incontrate per sviluppare nuove convenzioni sul "traffico di persone" nel mondo.

Nel frattempo la schiavitù si è globalizzata in altri modi. Albrow ha evidenziato che la globalità dal punto di vista commerciale è stata ampiamente sfruttata dalle compagnie transnazionali. (Un esempio è il coro multietnico riunito sul pendio di una collina che inneggia parole di fratellanza e Coca-Cola). Egli precisa che appropriarsi e commercializzare tali valori (inclusi quelli dell'amore e del sesso) "può arrecare un danno simile a quello prodotto sull'ambiente quando ci si appropri delle sue risorse naturali ". Inoltre egli aggiunge che "la globalizzazione porta con se i connotati della commercializzazione dell'umanità"12. In modo molto particolare, questa commercializzazione è un indice delle nuove forme di schiavitù. Se le vecchie forme di schiavitù rappresentavano qualcosa, esse rappresentavano la mercificazione degli esseri umani. Alla base della vecchia schiavitù c'era la possibilità di possedere legalmente un uomo. La schiavitù odierna non vede più lo schiavo come un investimento di capitale, ma lo usa per dar vita ad un processo economico. Un altro punto chiave dell'economia globale è che gli schiavi si sono trasformati da strumenti di guadagno duraturi a risorse flessibili.

Ciò è facilmente riscontrabile nel fatto non ha più molta importanza la durata del rapporto di schiavitù. Uno degli inconvenienti della vecchia schiavitù era dato dalle spese di mantenimento di schiavi troppo vecchi o troppo giovani. Un'analisi accurata delle piantagioni di cotone americane e di caffè brasiliane durante il 1800 mostra che la produttività degli schiavi era strettamente legata alla loro età13. I bambini non producevano più di quello che costavano almeno fino ai 10-12 anni, anche se venivano fatti lavorare il più presto possibile. La produttività ed il profitto raggiungevano un picco massimo quando lo schiavo aveva circa 30 anni, per poi diminuire velocemente dai 50 anni in poi. La schiavitù era redditizia, ma il profitto veniva limitato dal costo del mantenimento dei bambini e degli anziani. In passato la schiavitù era riconosciuta legalmente come permanente, una condizione che durava per tutta la vita. Variare, per esempio attraverso manomissioni, la durata di questo stato richiedeva atti legali precisi e strettamente controllati. Oggi la schiavitù è spesso caratterizzata da una durata breve, ed alcune persone alternano frequentemente lo stato di schiavitù con quello di libertà. Per l'osservatore che ha ancora bisogno di un atto legale per riconoscere uno schiavo, questa situazione può essere interpretata come schiavitù "virtuale"14. Lo schiavista contemporaneo si preoccupa di questioni quali la locazione, il vantaggio, il processo e la flessibilità, mentre non si preoccupa dei vantaggi permanenti, dell'ereditarietà  o del guadagno da un investimento di capitale nel lungo periodo. Le ultime preoccupazioni riguardano la modernità, le prime la globalità.

La cosa importante è che queste caratteristiche delle nuove forme di schiavitù, questo spostamento dalla proprietà al controllo ed alla appropriazione, sono tipici di praticamente tutte le schiavitù contemporanee ovunque esse siano localizzate. Che taglino canne ai Caraibi, o producano mattoni in Punjab, o lavorino nelle miniere in Brasile, o vengano tenute come prostitute in Tailandia, la relazione tra gli schiavi e gli schiavisti si basa su questi schemi e rispecchia anche una pratica economica globale. A questo riguardo si può dire che la schiavitù ha subito una trasformazione passando da forme culturali specifiche a forme globalizzate emergenti.

La schiavitù infine si è trasformata durante il suo processo di globalizzazione. Uno dei dibattiti chiave riguardanti la globalizzazione è se quest'ultima stia omogeneizzando il globo o incrementando le sue diversità rendendo ibrida ogni cosa. Io credo, comunque, che questo dibattito generi una falsa dicotomia. Entrambi i processi riguardano la globalizzazione, e l'uno spesso offusca l'altro. Uno schiavista in Pakistan o in Brasile, per esempio, guarda la televisione come chiunque altro. Quando vede che le industrie in molti paesi stanno adottando un sistema JIT ("just in time" - appena in tempo) per consegnare le merci, ne ricava le stesse conclusioni riguardo ai possibili profitti. Con la scomparsa dei lavori a vita, è scomparsa anche la schiavitù a vita. I vantaggi economici di schiavizzare per un breve periodo superano ampiamente i costi di acquisto di nuovi schiavi al momento del bisogno. La schiavizzazione a vita, analogamente all'arare dietro ad un cavallo, potrà anche dare qualche profitto, ma perché seguirla se esistono altri metodi molto più redditizi?

Attraverso la globalizzazione quindi, la schiavitù non sta né omogeneizzandosi né differenziandosi radicalmente. Non ci sono categorie utili per comprendere la schiavitù contemporanea. La schiavitù è esistita in forme diverse molto prima dell'avvento della modernità, e ciò che sta accadendo ora non è altro che la proliferazione ed elaborazione di tali forme. Si ha proliferazione quando esistono le condizioni per cui alcune persone possono e vogliono schiavizzarne altre. A questo punto si manifestano gli elementi base fondamentali della schiavitù, - quali la violenza, il terrore che essa comporta, il controllo assoluto e lo sfruttamento economico - ma la forma che questi elementi assumono riflette direttamente gli espedienti economici e l'influenza culturale. In questo modo le nuove forme di schiavitù mimano l'economia del mondo allontanandosi dalla proprietà e da una gestione stabile e duratura, e concentrandosi su un controllo ed un uso delle risorse e dei processi. Queste nuove forme sono un' ulteriore iterazione del processo evolutivo della schiavitù. La relazione sociale ed economica è ancora quella della schiavitù, ma il modo in cui la relazione si esprime è in continua evoluzione. In queste nuove forme elaborate, la schiavitù può avere durata e profitti diversi, può prevedere o meno lo sfruttamento dell'infanzia, e le ragioni per cui le persone possono spingersi verso la schiavitù sono i soldi, il cibo, il lavoro, l'opportunità di emigrare, o una televisione a colori. Comunque, qualsiasi sia la sua forma, si tratta sempre di schiavitù.

Che cosa si può fare?

Dal punto di vista degli schiavi, le risoluzioni e le convenzioni approvate dalle Nazioni Unite hanno un impatto reale minimo sulle loro condizioni di vita. E' probabile che, per colpire la schiavitù,  non si debba intervenire a livello globale, ma piuttosto affrontare il problema alle sue radici, con piccole NGO che liberano veramente gli schiavi. D'altro canto mi è possibile identificare, a livello sovranazionale, tre cose che possono essere fatte a proposito di schiavitù. Tutti e tre questi punti sono finalizzati alla regolamentazione economica nazionale ed internazionale ed al ruolo di corporazioni internazionali quali le Nazioni Unite.

La prima è l'opportunità presentata dal fatto che le Nazioni Unite stanno considerando una convenzione finalizzata al traffico di persone, in pratica al commercio degli schiavi. Una tale convenzione con un appropriato monitoraggio e con poteri rafforzati vale più di mille risoluzioni. Sarà un compito difficile, ma una nuova convenzione in cui vengono definiti gli standard che si applicano al di là dei confini, può essere un valido aiuto nel mettere in luce e sopprimere il traffico e lo sfruttamento degli schiavi.

Il secondo elemento chiave è la possibilità di influire sulle priorità considerando il commercio e la sua regolamentazione. L'economista William Greider ben riporta il problema in questi termini:

       Le modalità di un commercio sono spesso regolate da accordi specifici, ma esse sono anche un'implicita affermazione di valori morali. Nel nostro caso, il sistema globale valuta la proprietà più di una vita umana. Se una nazione come la Cina si appropria di capitali non rispettando copyright, filmati o tecnologie, gli altri paesi reagiscono per tentare di fermarla tramite sanzioni e multe per traffico illecito. Se ci si appropria di una vita umana non succede niente, perché secondo la coscienza del libero mercato, non c'è stato crimine15.

I molti poteri nelle mani del WTO e del IMF danno chiaramente priorità legale agli interessi economici delle compagnie transnazionali piuttosto che alle leggi nazionali che regolano la fornitura ed il trattamento del lavoro. Il WTO fu messo su senza nessun lavoro di preparazione riguardante l'inserimento di clausole sociali nell'accordo GATT che lo governa. E una legge nazionale che vieta il commercio con i paesi che rispettano le convenzioni dell'ILO sulla schiavitù, può essere cambiata dalle regole del WTO. Sebbene durante una sua conferenza il WTO abbia accettato di impegnarsi per far sì che "gli standard lavorativi internazionali vengano osservati", esso non ha previsto nessun meccanismo di rinforzo e nessuna sanzione.

I tremendi poteri dell'IMF e del World Trade Organization (l'organizzazione per il commercio mondiale) devono essere utilizzati per combattere la schiavitù. Per esempio, al summit di Rio si era convenuto che le valutazioni sull'impatto ambientale avrebbero accompagnato le decisioni sui prestiti della World Bank e le negoziazioni del WTO sul commercio. Nel 1998 il capo del WTO chiese una nuova corporazione per negoziare le regole di protezione dell'ambiente. Egli sostenne che spettava alla comunità ambientale provvedere alla struttura politica. In modo analogo si dovrebbe prendere posizione affinché valutazioni sull'impatto dei diritti umani possano anch'essi accompagnare le decisioni sui prestiti della Word Bank e le negoziazioni del WTO sul commercio. Assoluta priorità deve essere data alla definizione chiara di standard, poiché queste negoziazioni definiscono la natura del commercio internazionale. I diritti umani devono avere la precedenza sui diritti di proprietà.

Infine, una nuova lista di impegni deve essere creata a livello internazionale. Nel 1997 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite mantenne sanzioni economiche contro l'Iraq mentre alcune sue squadre di ispezione cercavano armi biologiche e chimiche nel paese. Ma quale paese è stato sanzionato dall'UN per schiavitù? Dove sono le squadre di ispezione dell'UN che cercano casi di schiavitù? Dietro le convenzioni che vietano la schiavitù c'è la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ma è quest'ultima veramente universale se può essere messa da parte da accordi commerciali o se i suoi provvedimenti non vengono rafforzati ai più alti livelli? I discorsi pubblici devono insistere sul fatto che i diritti umani sono fondamentali e devono avere priorità su altre considerazioni.

E' importante ricordare che queste non sono solo considerazioni su come realizzare i giusti meccanismi, esse sono questioni riguardanti la volontà politica. Quando pensiamo che il traffico di persone è un fenomeno che avviene quotidianamente, dovremmo anche ricordare che quasi tutti i paesi hanno firmato un trattato in cui promettevano di "prendere tutte le misure possibili affinché navi ed aerei che portano la loro bandiera non trasportassero schiavi, ed affinché persone colpevoli di tali reati venissero puniti". Ci sono già meccanismi internazionali che possono lavorare a vantaggio degli schiavi, il fatto di utilizzarli o meno è solo una scelta politica, e dunque si dovrebbe spingere a livello politico. Dovrebbe essere preso come un incoraggiante esempio di globalizzazione il fatto che un piccolo numero di persone, appartenenti principalmente alle NGO dello sviluppato Nord, è la principale voce politica di milioni di persone schiavizzate.

Malgrado tutto ciò, se guardiamo avanti lontano c'è spazio per la speranza. Mentre il processo di globalizzazione ha reso possibile nuove forme di schiavitù, esso ha anche introdotto il concetto fondamentale che i diritti umani riguardano il mondo intero. Man mano che crescerà il consenso a questo concetto, le ragioni economiche su cui si basa la schiavitù verranno sempre più messe sotto pressione. Se è forse troppo aspettarsi che ogni tipo di crimine scomparirà completamente, la globalizzazione potrebbe essere sia il punto di partenza della nuova schiavitù, sia il rintocco funebre di tutta la schiavitù.

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1
 Questo articolo riassume in parte il mio ultimo libro Disposable People: New Slavery in the Global Economy Berkeley: Univerisity of California Press, 1999). Si descrivono in dettaglio gli affari derivanti da economie basate sullo sfruttamento degli schiavi.

2Vedi, per esempio, Benjamin Quarles, The Negro in the American Revolution, Glenview:Scott, Foreman,1961; David Brion Davis, The Problem of Slavery in the Age of Revolution 1770-1823, London: Cornell University Press, 1975.

3One World Ready or Not: The Manic Logic of Global Capitalism, New York:Simon & Schuster, 1997, p37.

4E' possibile trovare un'ampia letteratura riguardante la storia economica della schiavitù negli USA; vedi per esempio Roger L. Ransom, Conflict and Compromise: The Political Economy of Slavery,Emancipation, and the American Civil War, Cambridge University Presss, 1989.

5Vedi Eugene Genovese, Roll, Jordan, Roll: The World the Slaves Made (New York: Vintage, 1976), pp.416, 420.

6Vedi, in particolare, The Global Age, London: Polity Press, 1996.

7Albrow, op cit, p.88.

8 Karl Jaspers, Vom Ziel und Ursprung der Geschichte, Frankfurt Main: Fisher, 1995, citato in Albrow, op cit, p75.

9Albrow, op cit, p.75.

10Vedi, per esempio, l'opera di Peter Dickens, Global Shift: the Internationalization of Economic Activity (London: Paul Chapman, 1992).

11Albrow, op cit, p.129.

12Albrow, op cit, p.83.

13Vedi Roger L. Ransom, 'The Economics of Slavery' in Conflict and Compromise: The Political Economy of Slavery, Emancipation, and the American Civil War, Cambridge: Cambridge University Press, 1989, pp. 41-81.

14Stupisce quanto spesso questa frase venga ripetuta dalla stampa mondiale. Poiché le nozioni generali riguardanti la schiavitù implicano una proprietà legale, forme di schiavitù in cui questa non sussiste non sono mai trattate come tali. Frequentemente si parla di "schiavitù virtuale" quando alcune persone sono "tenute in condizioni di schiavitù" o forse costrette a lavorare senza essere pagate per anni sotto la minaccia della violenza.

15One World Ready or Not: Tha Manic Logic of Global Capitalism, New York: Simon & Schuster, 1997, p 359.

* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.