XII Redattore Sociale 2-4 dicembre 2005

Meraviglia

Non meravigliarsi più di nulla?

Incontro con Antonio Di Bella. Conduce Vinicio Albanesi

Antonio DI BELLA

Antonio DI BELLA

Direttore del Tg3 Rai.

ultimo aggiornamento 02 dicembre 2005

Vinicio ALBANESI

Vinicio ALBANESI

Sacerdote, presidente della Comunità di Capodarco e di Redattore sociale. Dal 1988 ha ricoperto la carica di presidente del tribunale ecclesiastico delle Marche per 15 anni ed è stato direttore della Caritas diocesana di Fermo per altri dieci. Dal 1990 al 2002 è stato presidente del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca).

 

Vinicio Albanesi*

Quest'anno abbiamo sottolineato il tema della meraviglia; io sostengo da un po' di tempo la tesi che stiamo perdendo la dimensione del reale e così noi insistiamo molto sul welfare, sui servizi, sull'occupazione intellettuale. Lei sta in una posizione raffinata, privilegiata perché fare il direttore di una testata giornalistica come il Tg3 significa leggere la realtà giorno dopo giorno. Le chiedo se questa sensazione di perdita della meraviglia sia reale, oppure la meraviglia è solo più affaticata, più appannata.

Antonio Di Bella*

Appena ho visto il titolo di questo convegno, mi sono venuti in mente due esempi adatti per il tema in questione. Giovanna Botteri la nostra bravissima inviata che ha seguito la guerra in Iraq ha fatto benissimo il suo lavoro, ha raccontato con i propri occhi la guerra, cosa che ripeto è eccezionale rispetto alla prima Guerra del Golfo, che come ricorderete era frutto di filmatini in bianco e nero delle così dette bombe intelligenti che ho proibito di chiamare così perché non esistono affatto bombe che siano intelligenti. Abbiamo visto la guerra attraverso i lori occhi, parziali, fallibili, ma un racconto vero di quello che c'è, di quando la bomba cade e si vede cosa succede. Giovanna è andata anche a seguire le elezioni a Bagdad e senza esserci consultati ha aperto il telegiornale con un grande entusiasmo emotivo per la folla di persone in coda, suscitando anche delle perplessità, perché pensavamo: ma siamo sicuri? Le chiedevamo: tu hai visto le persone in coda lì, però magari non è così nel resto del paese che è in miseria, e non c'è un reale processo democratico, ma lei mi ha risposto con una frase: abbiamo la forza di continuare a stupirci. Anche una persona come lei che era profondamente segnata dagli orrori di una guerra sbagliata, che tutti noi, lei ed io riteniamo sbagliata, nonostante tutto era in grado ancora di sbalordirsi, di stupirsi, di entusiasmarsi nel vedere questa gente che passava il pollice sull'inchiostro, con tutte le difficoltà, le parzialità, la provvisorietà, l'incompletezza di un processo democratico in un paese territorialmente non padrone di sé stesso, diviso fra una forza straniera militare e gli insorti che controllano pezzi di territorio; tutti avevano la voglia di andare, di rischiare la vita per andare a votare. Questo è un esempio di meraviglia, secondo me applicata alla realtà, meraviglia che io cerco di preservare come valore facendo quello che certi direttori invece disprezzano, ma che io credo, forse per difetto più che per pregio, sia importante, cercare di far lavorare in libertà di coscienza i giornalisti. Voglio dire che ci sono dei direttori attivisti, interventisti che indicano la strada da seguire, sono molto bravi, hanno mille idee al giorno e in quel caso hanno degli esecutori più o meno brillanti. Io nella mia esperienza di direzione al Tg3 ho cercato di mettere nelle condizioni migliori i giornalisti, di lavorare secondo la propria coscienza. Alla Botteri in Iraq ho detto: raccontami quello che vedi con la tua sensibilità. Poi si può parlare ma non t'imbecco sulla linea che voglio venga fuori, che è un processo legittimo; credo che questa sia la chiave della meraviglia.
Altro esempio poi mi fermo, perché potrei farne fin troppi, Maria Cuffaro che andò in Venezuela a documentare il fenomeno Chàvez con tutta l'iniziale idea che bravo Chàvez, amico di Castro, anti Bush, una nuova cosa, in parte vera, ma ci sono luci e ombre come in tutto; Maria andò lì e fece una serie di pezzi raccontando una situazione di mancanza di democrazia impressionante, tanto che tutti ne rimasero sbalorditi.

Intervento

La meraviglia è anche una cosa che ha a che fare con la sorpresa, però ieri in uno dei workshop si parlava anche del rapporto tra previsioni per il futuro e persistenza della memoria, cioè che cosa ci rimane anche quando facciamo degli articoli, dei pezzi, o dei servizi, di quello che c'è stato negli anni passati. Ora io sono rimasto molto colpito dalla vicenda Nestlè e Latte Blu, non per la vicenda in sé che è una piccola cosa, ma perché quasi nessun giornale, almeno nessuno di quelli che ho letto io e forse neanche il Tg3, ma forse si, mi è solamente sfuggito, si è ricordato del rapporto che c'è tra la Nestlè e il latte. Quasi nessun giornale ha sottolineato il fatto che la Nestlè ha ricevuto una condanna internazionale straordinaria ed è tutt'ora una delle aziende più boicottate al mondo per la storia del latte in polvere che è stato, qualcuno dice, un genocidio. Ora non è che i giornali non possono avere amici, è naturale che una grande multinazionale abbia molti amici e spesso si trovano articoli a favore di una multinazionale piuttosto che di un'altra, ma come si fa a parlare per giorni delle Nestlè e del latte macchiato senza ricordarsi di questa cosa qui? Allora mi chiedevo: in che modo la televisione e una televisione importante come Rai3 fa memoria mentre fa giornalismo? Perché il problema del giornalismo, forse per quanto possa capire io, più che la sorpresa e la meraviglia è di far fermare qualche concetto e qualche informazione nella mente della gente un po' più a lungo.

Intervento

Volevo chiedere se questa meraviglia è possibile anche nella redazione politica, dove in qualche maniera siete costretti a dar voce a chi non ha voce da altre parti, oppure nella politica questa meraviglia non è più possibile? Perché la sensazione è che sia tutto anche molto standardizzato, cioè uno sa già cosa aspettarsi dal Tg3, giustamente, perché se non l'ascolta dal Tg3 non può ascoltarlo da nessuna altra parte…

Intervento

Ieri si parlava di notizie date e di notizie non date, della persistenza, dell'insistenza come nel caso del delitto di Cogne e mi è venuto in mente una notizia che io non so se il Tg3 ha dato, è quella relativa alla pubblicazione delle motivazioni della sentenza che condannava Dell'Utri a non so quanti anni, perché i giudici hanno stabilito che faceva praticamente da intermediario fra Cosa Nostra e il Presidente del Consiglio. Citando Travaglio, ho saputo che è uscita sul Corriere della Sera in sesta pagina, proprio alla metà, nella piegatura, in modo che se uno non apriva completamente il giornale neanche la vedeva. Quanto incide questa insistenza da parte del Presidente del Consiglio nel definire il Tg3 come il telegiornale comunista e quanto condiziona poi questo alla fine?

Antonio Di Bella*

Abbiamo fatto un pezzo con tutti i boicottaggi alla Nestlè e agli altri grandi gruppi , vittima o comunque oggetto di boicottaggio da parte dei consumatori per vari motivi, quindi inclusi quelli sulla Nestlè che dicevi.
Credo e sono convinto che la coscienza si forma attraverso vari strumenti. L'informazione deve dare tutto quello che può dare secondo libertà e senza condizionamenti, ma non deve avere la pretesa, questa è la mia opinione fallibile, ma ne sono convinto, di lasciare una memoria storica, perché quello è un altro mestiere, quello è lo storico, che ha altri strumenti, ha altri tempi, ha altre responsabilità. Ritornando al caso in oggetto, aggiungo anche per onor del vero, che sarebbe sbagliato secondo me, quando c'è un caso di sospetto avvelenamento da inchiostro molto specifico, ometterlo, perché tra l'altro c'era anche l'ipotesi che non essendo certo il danno si rischiava di fare allarmismo eccessivo. Allora in questo caso vale secondo me l'idea che il giornalista deve essere allarmatore in senso non allarmista, ma tenere magari un pochino più alta la soglia di attenzione, specie in caso di attenzione per il consumatore e per la salute anche se poi non c'è certezza, ma dall'altra parte non posso io per un prodotto di sospetta tossicità della Nestlè, fare una campagna su altri difetti della Nestlè, perché le due cose non c'entrano. Come giornalista devo raccontare la cosa qui ed ora, con la parzialità del quotidiano. La meraviglia nella politica da noi, hai toccato un punto cruciale, dobbiamo fare il telegiornale col cronometro, venti secondi a Berlusconi, venti secondi a Fassino, otto a Follini, due a Pecoraro Scanio, uno e mezzo a Boselli e così via, quindi lì la meraviglia è un po' dura; sulla cronaca come nel caso di Cogne e Dell'Utri, a me non piacciono le parole che hai usato "insistenza" e "forza", perché io credo che non sia una battaglia in cui dare dei colpi, anche se purtroppo io li prendo i colpi. Il nostro compito è quello di essere insistenti e forti nel dare una botta a questo o a quell'imputato; credo sia giusto essere resistenti nel raccontare la realtà, raccontare anche gli atti giudiziari scomodi come abbiamo fatto. Ritengo tuttora inoltre che la notizia di un rinvio a giudizio o un avviso di garanzia di cui non ho documentazione formale, non sia giusto darla, perché io non faccio, almeno non ritengo di farla, una battaglia politica, ritengo di fare una cronaca senza censure, senza omissioni.
Sul condizionamento politico penso che finché mi attacca un qualsiasi politico, ma il mio direttore generale e il consiglio di amministrazione mi difendono, io sono sereno e molto spesso gli attacchi e le telefonate dei politici neanche li riferisco ai miei giornalisti, perché credo che anche solo riferirli sia un condizionamento. Ma nel momento in cui venissi chiamato davanti a un consiglio che mi bacchetta, allora si, perché allora a quel punto il mio condizionamento diventa insopportabile e la mia forza diventa minore. Quindi come si vede nessuno è un pesce che naviga da solo nel mare, ma ha intorno un'atmosfera, un habitat e finché è messo in grado di fare bene il suo lavoro può farlo senza timore di alcun attacco. Il problema è far sì che questi attacchi non si trasformino in pressioni interne.

Intervento

Volevo collegarmi alla domanda di prima, dato che il Tg3 è considerato di area di sinistra, volevo chiedere al direttore cosa significa per lei l'obiettività giornalistica?

Intervento

Ieri si parlava della difficoltà a far passare nei giornali, ma molto spesso anche in televisione, notizie sulle crisi dimenticate, crisi internazionali dimenticate, o sulla possibilità di dare anche visioni da un altro punto di vista ad esempio della cooperazione internazionale, oppure dei rapporti politici internazionali e si sottolineava come spessissimo a questi temi siano dedicati i minuti minimi o comunque ci si concentri soltanto su determinati grossi argomenti come l'Iraq. Mi chiedevo se vi capita mai, perché comunque come telegiornale siete tra i più sensibili, di ragionarci sopra veramente per cercare di capire come dare più spazio e anche come cercare dei modi diversi di comunicare per fare interessare il pubblico.

Intervento

Mi ricollego anche io alla questione del latte Nestlè accennato poco fa; giustamente un giornale, anche un telegiornale in qualche modo deve rispondere realisticamente senza idealismi a quelle che possono essere le realtà degli inserzionisti. Non ci dimentichiamo però che il 50% degli inserzionisti sono le persone che pagano il canone!

Antonio Di Bella*

Bisogna sapere che la Nestlè è un grande inserzionista , dopo di che l'utente nostro è il pubblico che paga il canone. Sull'obiettività potremo parlare per ore e io dico che non credo all'obiettività, ai fatti separati dalle opinioni, io credo nell'onestà che è una cosa diversa, che può essere parziale, che può essere discutibile, ma il mito dell'obiettività lo lascio volentieri ad altri, credo più a un giornalismo onesto e ruspante. Le crisi internazionali dimenticate è un tema che ci sta a cuore come Tg3 e siamo sicuramente quelli che più di ogni altro fanno questo tipo d'informazione, siamo gli unici a fare un settimanale interamente dedicato agli esteri e alle storie estere, si intitola Agenda del Mondo, che va in onda ovviamente alla una di notte di sabato. Mi batto da tempo per avere un altro orario, ma non è facile. Noi giriamo tantissimo, i nostri inviati vanno tanto in Africa e siamo riusciti a trasformare uno dei nostri inviati in super inviato per l'Africa per tutta la Rai ossia Enzo Nucci. Il direttore generale devo dire che è sensibile a dare un'apertura maggiore sul continente dimenticato, oltre a quello sparito, desaparecido che è il Sud America e infatti qui abbiamo un nostro corrispondente del Tg3, Raffaele Fichera. Cerchiamo con tutte le fallibilità del caso di fare quello che hai detto, cioè il bambino nero che piange, basta! Respingiamo gli stereotipi, bisogna cercare di raccontare delle storie, far vedere degli esempi e soprattutto quello che io cerco di fare, oltre tutto il resto, è raccontare delle storie di persone. E' stato proposto anche di non chiamare più esteri la redazione bensì politica internazionale. Qui farei anche un passo in più, mai più politica internazionale, ma cronaca dal mondo, questo è lo sforzo, certe volte ci si riesce, certe volte meno. Sull'informazione medica ho una posizione molto personale, per cui non la farei vedere al telegiornale. Mi scontro con i miei colleghi, il mio direttore in particolare che dice: no, questo interessa la gente, gli ascolti s'impennano, certo perché tu dici: trovata la cura del cancro e certo che s'impennano! E tutte le volte che si fa un pezzo medico i telefoni impazziscono. Invece no, è un disastro, perché ogni volta diciamo delle fesserie bestiali. Io che sono molto amante dell'America, sono sempre per il modello americano, dentro la Cbs c'è un dottore in redazione che fa il giornalista. Solo un medico parla di cose mediche, perché quello che per me è più o meno un tubo, la carotide, per un medico magari ha un significato diverso.

Intervento

Non è una domanda è solo un'osservazione sul tema Nestlè: inserzionisti, chi sono, che peso hanno gli utenti del servizio pubblico, semplicemente per ricordare che la vicenda della Nestlè, o meglio la vicenda dell'uso dell'Itx nelle confezioni dei prodotti, è diventata, mi sento di dire, il tema di massa nelle ultime 2 settimane in conseguenza di una trasmissione Rai, "Mi manda Rai3", quella di venerdì 25 novembre. C'è si il problema degli inserzionisti, ma ci sono anche e mi sento di dire, trasmissioni del servizio pubblico, oltre che alcuni telegiornali, in cui questo problema non vale. Vi invito a guardare per esempio quella trasmissione anche dal punto di vista di quanto spesso si è chiamati a rispondere di disservizi, o malefatte, di grandi aziende inserzioniste di pubblicità. Spessissimo c'è la telefonia, che come sappiamo tutti è uno dei più grossi inserzionisti. Questo per dire, e chiudo, che assieme alla giusta critica radicale, secondo me è opportuno tenere presente quali sono gli spazi che anche la pressione di istanze come queste, riesce a tenere aperti, magari per allargarli.

Intervento

Volevo parlare del rapporto con le agenzie. Lavoro al Tg2 e spesso devo dire si ha l'impressione in Rai che i 1500 giornalisti, o quanti siamo, dipendano da una testata che ne ha 600 che è l'Ansa. Lavoro agli esteri, chiamo volutamente così la redazione. Spesso mi ritrovo il triste compito di chiedere agli inviati di raccontarci non quello che hanno visto, ma quello che raccontano le agenzie e quando loro scalpitano, gli dico: guarda il direttore dice che domani la notizia sarà questa. Quindi volevo capire il rapporto con le agenzie, perché molto spesso le straordinarie noi le facciamo sulle agenzie, scritte sulle agenzie video, sulle immagini internazionali che ci arrivano, anche quando il corrispondente c'è ed è in studio. Ieri si diceva che per l'11 settembre, ma anche per Londra e Madrid, il corrispondente era in studio, s'informava con le agenzie, si aggiornava con le immagini che arrivavano; e qui pongo un altro punto, la verifica. Spesso s'imbastiscono pezzi di cucina giornalistica fatti con le immagini a circuito internazionale, con le agenzie che non si verificano, c'è un problema di verifica. Questo è un primo aspetto e vorrei sapere bene come si può ovviare. L'altra cosa sull'informazione medica. In questo seminario spesso si è posto lo stesso problema per l'informazione sociale; io ho l'impressione che nelle testate e non solo in Rai, c'è la tendenza ad abolire le specializzazioni, mentre le specializzazioni servono perchè garantiscono la serietà delle informazioni. Io non credo che serva un medico in redazione, credo che serva un giornalista con competenze mediche. Quindi su molti settori non c'è competenza, si pretende giustamente che ci siano i cronisti giudiziari che non confondano l'imputato e il condannato per esempio, ma il giornalista giudiziario non sa nulla sul carcere, non sa la differenza tra un permesso e la semilibertà, la condizionale e si dicono un sacco di castronerie. Allora c'è un problema che i direttori non amano molto le persone specializzate, perché poi tocca discuterci.

Intervento

Ieri si diceva meraviglia come capacità di indignarsi. Io confesso che ne ho vista poca relativamente alla riforma costituzionale. Io studio giurisprudenza, amo la nostra costituzione, sono indignata e non vedo attorno a me altrettanta indignazione. Non vedo competenza ma solo commenti. Il Tg3 ha fatto "Primo Piano" con Bianca Berlinguer la sera dell'approvazione, ma Rutelli e il Ministro non facevano altro che dirsi questo è vero, questo non è vero e io non ci ho capito molto di più. Sarebbe importante, visto che la costituzione è la nostra carta fondamentale, che ci fosse qualcuno che me la spieghi in tv, che la spieghi ai cittadini, che la spieghi con competenza, magari con termini per cui tutti possano capirla. Anche perché se saremo chiamati a votare un referendum, ci vuole un atto di coscienza e una cognizione di causa importante.

Antonio Di Bella*

Abbiamo parlato della Nestlè citando proprio brani della trasmissione di Vianello "Mi manda Rai 3", quindi c'è un forte elemento di servizio pubblico nella terza rete che prescinde dagli inserzionisti, anche perché è proprio quello che frutta direttamente dal canone, chiusa la parentesi.
Il problema agenzie è un problema antico come il mondo. Mi ricordo un mio vecchio capo redattore diceva: bisognerebbe chiudere le agenzie. I giovani giornalisti vengono in redazione ma lì non possono guardare, bisogna andare a guardare per strada cosa succede e raccontare; mi è venuto in mente adesso che ci penso, il primo giorno che fui assunto alla Rai, andai con una mia collega de L'Unità in un liceo dove un bidello vendeva falsi diplomi, andiamo e lo intervistiamo. Quindi io il primo giorno, non per merito mio, ma per merito di questa collega che adesso è alla Rai di Venezia, andai e intervistai questo bidello che diceva: si, si io li vendo, 50 mila lire…ecc., ecc. Tutto contento vado al Gazzettino Padano Radio con il mio registratore con il mio scoop e mi dissero: ma c'è sull'Ansa? No. E allora niente!!!! E così ho capito come funziona. A parte l'aneddoto, il problema è un grande problema. Qual è l'antidoto? L'antidoto è il ritorno alla vecchia storia, l'antidoto è uno e centomila Botteri, che ti raccontano: vedete stanno bombardando. Lì non c'è agenzia che tenga perché tu vedi una cosa che racconta il tuo inviato, dopo di che puoi dire: si ma l'ha raccontata male, però si vedeva bene, non erano due palazzi, era uno…però il racconto diretto è la chiave di tutto. Come si fa a smontare questo problema della dittatura delle agenzie? Non sarò certo io in cinque minuti qui a smontarlo. Prendiamone le cose buone, sono sempre per il propositivo. Quando io non ho nessuno, sono povero, ho un giornale fatto di 10 redattori, per forza devo usare le agenzie per raccontare quello che c'è in giro per il mondo. Quando io ho un inviato o un corrispondente in tanti posti diversi, allora posso più e anzi ho il dovere di usare gente che mi racconta, naturalmente certo ci vuole la volontà, ma io credo che ci vuole soprattutto la competenza.

E qua ci agganciamo alla competenza. Io per esempio con una grande fatica, per un processo che è durato 3 anni sono riuscito a fare una piccola cosa rivoluzionaria e mandare a Berlino un giornalista che sa il tedesco, sono molto orgoglioso di questo. È stato difficile ma ce l'abbiamo fatta. Ha studiato il tedesco, è competente, sa di economia e mi racconta cosa succede in Germania, non aspetto l'Ansa. Secondo me c'è questo segno di apertura sul mondo e c'è il tentativo di dare la competenza, che è un pericolo, perché il competente, meno facilmente s'aggiusta. Però il competente intelligente è sempre preferibile, perché si può impuntare anche l'incompetente e lì non c'è speranza.
Su come spieghi certi avvenimenti come si diceva prima sul caso del referendum sulla costituzione? In un momento in cui tu spieghi prendi posizione e il momento in cui tu prendi posizione vieni attaccato. È qui la difficoltà di fare informazione in un contesto altamente conflittuale, perché a quel punto lì cosa fai? Metti le due voci a confronto e già questo fa esplodere il conflitto e secondo me questa è una cosa buona. Purtroppo però qui è vero, il conflitto specie su temi delicati e complessi, non ti fa capire, vedi due che litigano ma non capisci bene perché. Però è molto difficile, io direi quasi impossibile dentro un telegiornale, dovresti fare due schede, te la racconto così e così, te la racconta Calderoli la costituzione e te la racconta Scalfaro, però è chiaro che non ti basta un telegiornale, dovresti avere un inserto e col video non so come si fa. Per cui, continuo a ripetere, che l'informazione specie televisiva e specie quotidiana non può essere dettagliata e esaustiva. Sono convinto che nessuno può avere la pretesa d'informarsi su temi come salute-medicina e costituzione guardando uno, due, tre telegiornali. Si può avere un'informazione più possibilmente non falsata da gravi errori e già sia in campo medico che in campo istituzionale, mi sembrerebbe un buon tema.

Intervento

La mia meraviglia più grande in questi giorni è stata quella di sapere che ci sono in Italia più di 100 giornalisti che la pensano come me. Questa per me è una forza. Torno a Roma molto carico. Leggevo un articolo in questi giorni di un professore al quale sono molto legato affettivamente che è Antonio Maria Baggio, il quale diceva che Nietzsche nella sua opera più importante annunciava che nel 2000 ci sarebbe stata la manifestazione delle volontà di potenza, ed è stato molto intuitivo. Le volontà di potenza si stanno manifestando: l'abbattimento delle Torri Gemelle per esempio, o le volontà di potenza economiche. Allo stesso tempo stiamo vivendo un momento storico secondo me di nichilismo esasperato. C'è un vuoto culturale pazzesco, nessuno si pone più domande di senso. Mi è piaciuto moltissimo l'intervento in cui si diceva che è necessario porsi delle domande per dare significato alle cose. Aggiungo ancora un'altra considerazione. Gli americani parlano di "vision", loro non parlano solo di "mission", non hanno una motivazione intrinseca nelle scelte che fanno, ma hanno una vision. Quando succedono grandi eventi come le catastrofi, hanno dei punti di riferimento, guardano oltre gli eventi, guardano la patria, guardano Dio, hanno dei riferimenti comunque che sono ultraterreni. Un'altra cosa importante che ho vissuto in prima persona riguarda la relazione tra informazione e formazione, cioè la possibilità che una testata giornalistica possa dare dei contenuti di senso, di significato, di dare un messaggio culturale, perché se non diciamo bomba intelligente, ma diciamo bomba ignorante diamo comunque un messaggio culturale.

Adriana Masotti - Radio Vaticana*

Volevo chiedere come il Tg3 si pone nei confronti della grande questione dell'immigrazione, tenendo conto che tra gli ascoltatori e i telespettatori non c'è solo l'italiano, ma appunto ci sono centinaia di migliaia di immigrati. E in generale, non parlo del Tg3, mi sembra che i toni, i linguaggi usati nell'informazione, non siano rispettosi, non riconoscano questa presenza, oppure riconoscano sempre il negativo.

Intervento

Qualche giorno fa mi sono trovato in un pub a discutere animatamente con un mio amico fervente cattolico sulla questione informativa, perché io dicevo che c'è un'area in cui sembra di percepire un'iper attenzione alle questioni non solo morali, ma alle voci che vengono dal mondo direi più che cattolico, vaticano. Io volevo sapere dal direttore del Tg3 se è una mia sensazione errata, se "prima" del Papa Ratzinger la situazione era la stessa e io non la percepivo, oppure se è vero che i pareri della conferenza episcopali, i pareri del Papa, i pareri dei parlamentari, si sentono di più in televisione o alla radio oggi, oppure no.

Intervento

Vi rendete conto di quanto siate noiosi spesso? Lo dico come collega…arrivo a casa, accendo il telegiornale, cucino, faccio qualunque altra cosa e poi mi dispiace, sento qual è l'apertura e poi basta. Mi sembra che ci sia stato un po' il gettare la spugna da parte dell'informazione televisiva diciamo standard, cioè una Rai che più o meno si equivale, anche se io riconosco al Tg3 di essere comunque il mio preferito, però all'interno di una scelta che non è tra eccellenze.

Antonio Di Bella*

L'antidoto all'informazione noiosa è Italia 1 perché Giordano, carissimo e stimato collega, ha risposto alla stessa esortazione che fanno tutti gli editori: questi telegiornali sono noiosi, togliamo le notizie noiose. Quali sono le notizie noiose? Il sindacato, le guerre, la fame…basta! Facciamo un bel 4/5 del giornale come fa Italia 1 mandando per strada la gente a intervistare "è meglio il seno o il sedere?" Ecco il pericolo quando si comincia a dire: guai all'informazione noiosa, è un piano inclinato.

C'era un vecchio condirettore che diceva: se volevate divertirvi dovevate andare al cinema. Ma il problema è che io, per fare un po' il provocatore, difendo il diritto alla noia nei telegiornali. L'alternativa al pastone tanto deprecato è il corsivo, è il pezzo brillante ed i retroscena che secondo me sono peggio. Io mi tengo il mio pastone noioso.

Ogni volta che Ruini parla dobbiamo fare un pezzo era ed è così , c'è anche oggi e sono costretto a farlo per istituto, siamo vicino alle elezioni e il Vaticano è terreno di caccia elettorale, quindi forse anche per questo c'è questa spasmodica e forse eccessiva attenzione alla traduzione politica degli input vaticani, perché ognuno ne vuol trarre la sua parte pensando all'elettorato cattolico. Spero che passato il momento elettorale si torni a una valutazione da parte di tutti del magistero della chiesa separato dalla traduzione politica, perché secondo me è essenziale per una società moderna e laica.
L'immigrazione è un tema a cui noi siamo molto affezionati. Noi abbiamo l'unica rubrica della Rai dedicata interamente agli immigrati dove qui andiamo al di là della banalità e dello stereotipo, con l'idea che l'emigrante è uno come noi. Mi ricordo di una nostra inviata di Primo Piano che sollevò dei problemi, perché andò sul barcone abbandonato degli emigranti guardando e anche un po' frugando fra gli effetti personali: la foto di famiglia, il portafoglio vuoto, cioè gli oggetti che ti danno l'idea della vita spezzata. In quel periodo abbiamo ricevuto delle critiche anche fondate, perché la nostra inviata era andata a violare in qualche modo la privacy, però io l'avevo incitata a fare questo e me ne sono assunto anche la colpa, perché in tal modo abbiamo fatto vedere come quella borsetta è una borsetta come quella di nostra sorella, di nostra mamma e non di un immigrato che arriva nero brutto e cattivo. Una persona come noi con i suoi affetti, i suoi dolori, che ha lasciato a casa dei figli. Questo è il senso del nostro lavoro, ci riusciamo spesso, qualche volta no, ma quello è lo sforzo.


* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.