XIII Redattore Sociale 1-3 dicembre 2006

Sotto il tappeto

Sotto il tappeto dell'economia

Dialogo tra Pierre Haski e Loretta Napoleoni. Conduce Vinicio Albanesi

Pierre HASKI

Pierre HASKI

Condirettore del quotidiano francese Liberation. E’ stato a lungo corrispondente dall’estero, dal 2000 al 2005 dalla Cina. Ha pubblicato nel 2006 “Il sangue della Cina” (Sperling&Kupfer). 

ultimo aggiornamento 01 dicembre 2006

Loretta NAPOLEONI

Loretta NAPOLEONI

Economista, esperta di finanza e di terrorismo, consulente di importanti organismi internazionali, collabora con diverse testate giornalistiche nel mondo e in Italia (tra cui Internazionale); i suoi ultimi libro sono “Economia Canaglia” e “I numeri del terrore. Perché non dobbiamo avere paura” (entrambi Saggiatore, 2008). Vive a Londra.

ultimo aggiornamento 28 novembre 2008

Vinicio ALBANESI

Vinicio ALBANESI

Sacerdote, presidente della Comunità di Capodarco e di Redattore sociale. Dal 1988 ha ricoperto la carica di presidente del tribunale ecclesiastico delle Marche per 15 anni ed è stato direttore della Caritas diocesana di Fermo per altri dieci. Dal 1990 al 2002 è stato presidente del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca).

 

Vinicio Albanesi*

Loretta Napoleoni è economista, vive da 20 anni a Londra ed è consulente per istituti bancari internazionali. Scrive per riviste italiane, tra cui "Internazionale" che ce l"ha segnalata. Ha una sua tesi sul terrorismo, quindi è sotto il tappeto, che è tutta da ascoltare, naturalmente con il cipiglio di un'economista, che dà dati e fatti, non opinioni. Dall'altro lato alla mia destra c'è Pierre Haski, che è attualmente condirettore del quotidiano "Liberazione" ed è stato corrispondente dal 2000 al 2005 in Cina. Ha pubblicato nel 2006 "Il sangue della Cina". Sembrano due mondi, due prospettive molto distanti, in realtà poi, se ascolterete, avranno dei punti di contatto. A fianco a lui c'è Elène che farà da interprete, se non conoscete il francese usate le cuffie.

Loretta Napoleoni*

Vi racconterò oggi quello che praticamente è stato messo sotto il tappeto dall'11 settembre fino ad oggi, per quanto riguarda il finanziamento del terrorismo e così facendo spero di distruggere alcuni miti che sono stati divulgati da parte dell'occidente, ma anche dei governi musulmani, su come in effetti si finanzia la rete del jiadismo e quanto importante sia questo fenomeno del jiadismo. Per iniziare vi voglio parlare di un rapporto segreto che è stato pubblicato la scorsa settimana dal New York Times, che non so perché, ma in Italia non è stata riportata questa notizia, quanto meno non è stata riportata come doveva essere. Questo è un rapporto prodotto lo scorso giugno dalle agenzie, parliamo quindi della Cia, dell'FBI, ma anche del Pentagono e del Dipartimento di Stato e si riferisce al finanziamento dell'insurrezione irachena. I risultati sono abbastanza sconcertanti: si parla di autofinanziamento, il che vuol dire che oramai l'insurrezione irachena, riferendomi non solo al movimento jiadista, quindi ai sunniti, ma anche a tutte le milizie sciite e quindi a tutti i partecipanti alla guerra civile irachena,  si autofinanzia, ma non solo, produce anche un surplus e la paura è che parte di questo surplus verrà usato per finanziare attacchi fuori dell'Iraq, il che non significa solamente in occidente, ma anche in altri paesi dell'oriente, in particolare nei paesi musulmani. È interessante vedere come si autofinanziano: l'entrata più importante del bilancio dei pagamenti per l'insurrezione irachena è rappresentata dal contrabbando di benzina, carburante, che viene importato in Iraq. L'Iraq importa tra i 5 e i 6 miliardi di dollari l'anno di carburante, 30% di queste importazioni vengono rubate dai vari gruppi armati, dalle milizie, ma anche da organizzazioni criminali, vengono rivendute sul mercato nero iracheno o nei paesi limitrofi. La seconda entrata principale di questa bilancia dei pagamenti dell'insurrezione irachena è rappresentata dai proventi prodotti dai rapimenti e esiste una vera e propria industria dei rapimenti, è un'industria locale e quindi principalmente vengono rapiti gli iracheni. In questo rapporto si parla specificamente del ruolo giocato dalla Francia e dall'Italia nel pagamento dei riscatti per giornalisti rapiti in Iraq e si accusano questi due paesi di aver contribuito all'autofinanziamento dell'insurrezione irachena. Quello che secondo me è molto interessante di questo rapporto è l'elemento asimmetrico di questa guerra tra diciamo le forze di coalizione e l'insurrezione irachena: mentre gli iracheni, a quanto dice questo rapporto, generano tra i 70 e i 200 milioni di dollari l'anno, il Pentagono ha un bilancio mensile di 8 miliardi di dollari. Questo vi dà l'idea della discrepanza che esiste nei costi di questo conflitto. Secondo le mie fonti quest'analisi fatta da queste organizzazioni americane, relative a questo rapporto, ci offre una visione del finanziamento leggermente superiore a quella effettiva. Io ho calcolato che ai tempi in cui Al Zarkawi era ancora il leader di Al Qaeda in Iraq aveva bisogno di 200 mila euro al mese per sostenere la sua insurrezione, quindi parliamo di meno di 70 milioni di dollari l'anno, il che vuol dire che praticamente l'attività terroristica in Iraq e l'attività insurrezionale è praticamente a costo molto, molto basso.

Vi ho detto questo per introdurre un concetto fondamentale del finanziamento del terrorismo, quello del dinamismo: è l'aspetto dell'attività dei gruppi armati più dinamico e che è stato completamente ignorato dalle politiche relative alla guerra contro il terrore e questo è stato un errore a mio parere, che noi pagheremo nei prossimi decenni. È stato un errore causato dal fatto che si è voluta scegliere per forza l'alternativa bellica, non si è minimamente considerata un'alternativa che poteva essere quella finanziaria. Noi abbiamo avuto un'opportunità di circa 6 mesi, subito dopo l'11 settembre in cui era possibile distruggere la rete del finanziamento di Al Qaeda che chiaramente non è stata presa. Le politiche introdotte hanno ignorato l'esistenza di un'economia del terrore. Vi introduco brevemente quest'economia del terrore. Prima dell'11 settembre l'economia dei gruppi armati ammontava fino a 500 miliardi di dollari, di cui un terzo veniva prodotto da attività legittime, tra le quali chiaramente c'erano finanziamenti attraverso organizzazioni caritatevoli, che erano state infiltrate dai vari gruppi armati, ma anche investimenti internazionali, parliamo del portafoglio per esempio di Osama Bin Laden, che è un portafoglio molto complesso. Due terzi di questa economia era prodotta da attività criminali ed illegali e veniva riciclata regolarmente negli Stati Uniti. La moneta utilizzata dai gruppi armati era il dollaro americano.

Questa era la situazione prima dell'11 settembre e sono state introdotte due politiche contro il finanziamento del terrorismo. La prima è una legislazione contro il riciclaggio del denaro sporco in dollari che ha praticamente protetto gli Stati Uniti, ha bloccato il flusso del denaro del terrore, ma anche del denaro criminale all'interno degli Stati Uniti, ma è stata una decisione e una politica unilaterale, nel senso che gli Stati Uniti l'hanno introdotta senza neanche consultare gli altri paesi; questa politica ha ridotto il finanziamento del terrorismo, ma ha prodotto un fenomeno ancora più grave, ha spostato l'epicentro dell'attività del riciclaggio del denaro sporco dagli Stati Uniti all'Europa. Oggi l'Europa è il centro mondiale del riciclaggio del denaro sporco, l'euro è la moneta di scambio utilizzata da organizzazioni criminali e terroristiche per riciclare i loro profitti. È vero anche che questo fenomeno è anche legato al fatto che l'Europa non ha fatto assolutamente nulla per bloccare questi flussi finanziari, non esiste in Europa una legislazione contro il riciclaggio del denaro sporco omogenea, ogni paese ha una politica diversa, non esiste l'armonizzazione fiscale all'interno dei paesi della Comunità Europea. Quindi questi sono buchi economici che vengono continuamente riempiti da denaro sporco e del terrore.

L'altra politica contro il finanziamento del terrorismo è stata l'introduzione delle liste del terrore, le cosiddette liste nere, ci si finisce sulla base del sospetto. Nel momento in cui si finisce su una lista del terrore tutti i beni vengono congelati e durante il periodo in cui si svolgono le investigazioni, l'individuo o la società finita sulla lista, praticamente non ha disponibilità finanziaria. È chiaro che molti paesi non hanno aderito a questa politica perché è anticostituzionale, il primo che non ha aderito è stata la Francia, alcuni paesi che hanno aderito per esempio la Svezia, si sono ritrovati a dover abbandonare queste liste del terrore, proprio perché alcuni individui che sono finiti sulle liste li hanno accusati di politiche anticostituzionali. Quindi anche questo è stato un fallimento. A tutt'oggi solamente 4 persone sono state processate, in Spagna per l'attacco di Madrid, 4 persone che erano finite sulle liste del terrore sono state processate e condannate. Per il resto nulla è avvenuto. Dopo l'11 settembre sono stati congelati solamente di 200 milioni di dollari. Questo in confronto ai 500 miliardi di dollari dell'economia del terrore sembra proprio nulla. Perché solamente soltanto 200 milioni di dollari? Perché c'erano solamente 200 milioni di dollari. La maggior parte del finanziamento del terrorismo non avviene in Occidente, avviene attraverso il sistema economico islamico o in contante al di fuori del sistema occidentale. Io ho fatto ultimamente un calcolo su quanto in effetti è cresciuta questa economia del terrore dall'11 settembre, tanto per quantificare il fallimento verso le due politiche che vi ho presentato e secondo i miei calcoli, c'è stato un aumento che va dal 4% al 6% di quest'economia. L'aumento è dovuto ad alcuni fattori fondamentali: primo, il proliferarsi degli stati guscio, in particolare per quanto riguarda l'Iraq, ma anche l'Africa, la creazione di nuove joy-venture, cioè il mondo del crimine e il mondo del terrorismo, l'aumento del prezzo del petrolio, che ha praticamente fatto aumentare i ricavi della vendita del petrolio da parte di alcuni paesi che hanno sempre finanziato l'insurrezione jiadista e poi abbiamo nuovi mercati di sbocco, per quanto riguarda la droga, in particolare la cocaina colombiana in Europa.

C'è poi la nascita di un nuovo network di jiadisti all'interno del continente europeoovvero la ristrutturazione del sistema finanziario dell'economia del terrorismo dinamicoprodotta principalmente dalla guerra in Iraq. Ve lo dico brevemente: dopo l'11 settembre con la distruzione del regime dei talebani in Afghanistan Al Qaeda, l'organizzazione transnazionale che aveva portato a termine l'attacco dell'11 settembre, è stata distrutta. Parliamo di un'organizzazione piccola, di un'organizzazione transnazionale, il che vuol dire che praticamente portava avanti attacchi in più di un paese, un'organizzazione che aveva un network finanziario che andava a finanziare centri di addestramento jiadisti in Afghanistan, per poi portare avanti attacchi transnazionali. Quell'organizzazione con la distruzione del regime talebano è stata distrutta e dalle sue ceneri, grazie alla guerra in Iraq, si è creato un movimento antimperialista, che può essere definito come l'alqaeidismo. L'alqaidismo è diventato l'ombrello ideologico al di sotto del quale si sono verificati tutti quanti gli attacchi a seguito dell'11 settembre. È molto interessante notare che l'ultimo attacco transnazionale è stato l'11 settembre, tutti gli altri attacchi, incluso l'attacco di Bali, sono stati portati avanti, prodotti e finanziati da organizzazioni locali. Per quanto riguarda Bali c'è stata una partecipazione finanziari di al Al Qaeda però il trasferimento del denaro è avvenuto prima dell'11 settembre e questo dimostra appunto come questo network finanziario ed anche questo network d'individui che viaggiavano, che andavano in Iraq è stato distrutto. L'alqaidismo ha portato alla ristrutturazione del sistema finanziario del terrorismo jiadista, dando la possibilità la possibilità al network, attraverso moschee e centri di preghiera segreta, ma anche di individui, di riorganizzarsi; il finanziamento si è trasformato in una forma di autofinanziamento, i giovani sono stati incoraggiati ad organizzarsi da soli attraverso appunto una rete di amici e parenti e autofinanziare la propria attività. Il motivo del successo di questo autofinanziamento è da addebitare al costo unitario dell'attività terroristica che è crollato. Se facciamo il confronto fra quanto è costato l'11 settembre e quanto è costato l'attacco di Londra, è evidente che il costo unitario è molto, molto più basso nell'attacco di Londra: Londra è costata meno di 2 mila sterline, solamente l'esecuzione dell'11 settembre è costata mezzo milione di dollari. Se poi si prende in considerazione l'uccisione di Teo Van Gog in Olanda, che ha praticamente portato ad un cambiamento radicale dell'atteggiamento degli olandesi nei confronti della tolleranza religiosa, parliamo di poche centinaia di dollari. Allo stesso tempo l'11 settembre è diventato un po' il modello da seguire. Tutti quanti gli attacchi che sono stati fatti in Europa, sono stati attacchi che replicano in un certo senso l'11 settembre, quindi abbiamo attacchi suicidi, simultanei, avvenuti nell'ora di punta, nel sistema dei trasporti, ciò che varia, quindi la variante fondamentale è l'elemento finanziario. Il che vuol dire che il modello dell'11 settembre viene adattato alla disponibilità economica dei vari gruppi. Quindi tanti più soldi hanno, tanto più spettacolare sarà l'attacco. A Madrid è costato circa 10 mila euro, è stato un attacco molto più spettacolare che ha portato anche ad un numero molto più elevato di vittime che non l'attacco di Londra. Il gruppo di Londra era un gruppo che chiaramente aveva una disponibilità economica molto più bassa. Le conseguenze diciamo geopolitiche di questo tipo di attività sono drammatiche per l'Europa.

Per concludere possiamo dire di trovarci in una situazione di molto peggiore di quella dell'11 settembre, una situazione che è stata creata dalle politiche unilaterali portate avanti dagli Stati Uniti, politiche che non sono state contrastate dall'Europa. È vero che c'è stato un momento subito dopo l'11 settembre in cui si voleva dimostrare una certa solidarietà nei confronti degli Stati Uniti proprio per la tragedia dell'11 settembre, però questo è stato un errore che purtroppo ha portato non solo all'aumento dell'attività economica e finanziaria dei gruppi armati nel mondo, ma anche all'apertura di un nuovo fronte, che è appunto il fronte europeo dell'attività jiadista. Tutte queste storie che vi ho raccontato sono tutte sotto il tappeto chiaramente, perché di questo non se ne parla da nessuna parte.

Io credo che però la storia più tremenda che è stata messa sotto il tappeto è come la politica del terrore, portata avanti da Bush e da Blair, abbia finito per indebolire l'economia occidentale. Non soltanto subito dopo l'11 settembre abbiamo avuto il crollo del dollaro, proprio perché c'è stata una fuoriuscita di dollari non solamente dell'economia legale, ma abbiamo visto anche l'ascesa del colosso cinese causata appunto dalle relazioni ambigue che esistono tra gli Stati Uniti e la Cina. Oggi come oggi la Cina è il paese che detiene la percentuale più elevata di buoni del tesoro americani. Gli Stati Uniti stanno finanziando la famosa guerra contro il terrore non solamente in Iraq, ma nel resto del mondo incluso l'Afghanistan emettendo buoni del tesoro, quindi aumentando a dismisura il debito pubblico. In cambio di questo supporto finanziario da parte della Cina gli Stati Uniti hanno facilitato l'ingresso di un paese che non rispetta le regole del gioco del diritto del lavoro internazionale all'interno della comunità economica internazionale. L'ascesa del colosso della Cina sarà probabilmente il motivo per il quale l'Occidente economicamente tra 10-20 anni si troverà in una decadenza economica. Questa secondo me è la verità più sconvolgente e quella che bisognerebbe veramente portare al pubblico e cambiare.

Vinicio Albanesi

E' una donna coraggiosa perché parla di terrorismo in termini di costi, 10 mila, 20 mila là…Passiamo a Pierre Haski.

Pierre Haski*

Quando ho visto il titolo della conferenza mi è venuto da sorridere, perché è un'espressione che utilizzo nel mio libro "Il sangue della Cina" dove alludo al fatto che sono state messe sotto il tappeto 300-500 mila persone decedute, vittime di uno scandalo enorme che il governo cinese ha cercato di nascondere. Vi racconterò quindi la storia di questo caso e il modo in cui comunque la verità è venuta fuori. Sono arrivato in Cina nel 2000 come corrispondente di Libération e per il 1 dicembre, la giornata mondiale dell'Aids ho fatto un articolo sull'Aids in Cina e grossomodo c'era da dire che di fatto non se ne parlava in Cina. Il Partito Comunista cinese aveva fatto una pagina intera sull'Aids ma era per le pagine straniere e c'erano solamente tre linee in basso alla pagina che riportavano il dato di 22 mila casi e questo considerando il miliardo e passa di persone che vivono in Cina, certo è niente. Già da questo momento si cominciavano a sentire voci che in campagna comunque avvenivano cose strane, terribili. All'inizio del 2001 le voci hanno iniziato ad essere più precise, si parlava giustamente di un caso di sangue contaminato e di milioni di persone infettate, colpite appunto dal virus e in primavera ho ricevuto per e-mail un testo molto preciso, dettagliato, anonimo, ma scritto forse da un funzionario del Ministero della Sanità della provincia del centro della Cina, Henan, 100 milioni di abitanti, molto povero, zona agricola e questo testo conteneva tutta la storia. Raccontava come all'inizio degli anni '90 il governo della provincia aveva deciso che per sviluppare l'economia della provincia bisognava creare il commercio del sangue e quindi i contadini sono stati incitati a vendere il sangue e poi il plasma sarebbe stato estratto da questo sangue per venderlo a società che ne avrebbero fatto sostanze fortificanti. All'epoca è stato anche deciso di esportare questo sangue, erano stati previsti due viaggi negli Stati Uniti per venderlo assicurando che nell'Henan non c'era l'Aids, però alla fine gli americani non l'hanno acquistato. In questo testo c'era la lista completa dei distretti contaminati, riportava 1-2 milioni di casi. Era un testo anonimo e che non corrispondeva ad alcuna informazione concreta disponibile all'epoca in Cina. In Cina ai giornalisti stranieri fanno firmare un foglio quando si arriva al Ministero degli Affari Esteri, non si ha il diritto di lasciare Pechino senza autorizzazione e quindi verificare un affare del genere nelle campagne dell'Henan significava violare le regole. Io ero in Cina da alcuni mesi solamente e ad un certo momento mi sono detto che non potevo restare seduto nel mio ufficio a Pechino e dire forse ci sono 1-2 milioni di persone che forse sono colpite da un'epidemia così grave a 900 km da dove mi trovavo... Quindi sono partito, ho deciso di partire con la mia traduttrice, sono arrivato nella capitale della provincia, lì abbiamo preso un taxi, abbiamo chiesto quanto veniva per 3 giorni, per essere sicuri poi che la persona fosse leale con noi ed ho dato la lista dei distretti. Non avevo nessun contatto, non avevo nessun luogo preciso, la mia idea era di andare a verificare l'esattezza di queste accuse, quindi di andare di villaggio in villaggio e interrogare 5 persone per villaggio e poi passare a quello successivo. La prima persona che ho trovato è stata una donna lungo la strada in un campo con il bambino mentre il marito lavorava nei campi di un villaggio in campagna. Non sapevo come fare la domanda, poi ho chiesto: "Conosce persone che hanno venduto sangue negli anni '90?" Mi ha risposto di si che anche lei lo aveva fatto. Ho chiesto anche se conosceva persone che si sono ammalate dopo questa donazione e lei ha risposto che di ritorno dall'ospedale aveva la febbre. L'Aids non aveva un nome all'epoca, quindi la chiamavano febbre. Poi è arrivato il marito e mi ha chiesto: "Pensa che sia contagioso?" Era il 2001 allora, quindi erano già 20 anni che si conosceva l'Aids, tutte le modalità di trasmissione e nel cuore della Cina incontro un uomo che viene verso di noi e ci dice: è contagioso? A partire da questo momento sono entrato in una zona di assoluto disastro, cioè nel senso che tutte le persone che ho incontrato nei villaggi, nelle campagne, avevano venduto sangue. Alcuni avevano addirittura cicatrici sui bracci, avevano venduto sangue 1000 volte, delle donazioni successive, interminabili. Ho incontrato i primi orfani, i cui genitori erano morti, persone che erano in agonia, persone che respiravano appena, che non avevano ricevuto alcuna cura, persone che erano in angoscia perché sapevano che avevano venduto il sangue centinaia di volte, ma che non sentivano la malattia e quindi si chiedevano: moriremo tutti? Che cosa succederà? Soprattutto questa ignoranza assoluta di cosa rappresentava in realtà questa malattia e un silenzio da parte della società in generale era un shock totale incredibile e le persone si rivolgevano verso di me con la speranza di avere informazioni. Un uomo che aveva venduto sangue 1000 volte che mi chiese: pensa che sarò contagiato? Cosa rispondere? Cosa dire? Cosa fare?

Quando il commercio del sangue è iniziato è stato un vento di follia che ha soffiato in quella regione. Le persone hanno iniziato a vedere che bastava tendere il braccio per ricevere 4-5 euro e in una regione dove il reddito pro-capite è di 40-50 euro l'anno, fa una differenza colossale… Alcuni grazie alle donazioni pagate hanno potuto costruirsi le case, le case del sangue, e questo ha incitato in qualche modo gli altri a dire: vedete? C'è comunque un vantaggio nel vendere il sangue, io sono ancora vivo ed ho una bella casa…

Il meccanismo utilizzato era terribile: si estraeva il sangue, si passava in centrifughe per tirare fuori il plasma e poi si riniettava il liquido nel corpo del donatore perché non si sentisse indebolito. Il problema era che tutto il sangue era poi mescolato nella centrifuga, quindi bastava che una persona fosse infetta da virus dell'epatite o dell'Aids, che tutte le persone fossero contagiate. E' stato un disastro di scala planetaria tra il '93 e il '95, anno in cui con un controllo di routine il governo si è reso conto che c'era un problema di Aids in questa regione e quindi ha bloccato tutto, ha vietato il commercio del sangue da quel momento, ma non ha detto nulla, ha messo tutto sotto il tappeto. Non sono state avvertite le persone che erano contaminate, non sono state avvertite nemmeno del fatto che potevano contagiare altri. Il problema non è stato trattato, soprattutto quello delle donne incinta che avrebbero partorito bambini sieropositivi, quando in realtà oggi esistono tecniche per impedire tutto questo, quindi la vita è stata lasciata diciamo in qualche modo esplicarsi verso la morte, senza dire nulla. Alla fine degli anni '90 i primi casi della malattia sono venuti fuori, sono apparsi i primi casi di malattia misteriosa e solo nel 2000-2001 l'informazione si è diffusa sottoforma di voci, quando alcuni giornalisti, tra cui noi, il New York Times, la BBC, abbiamo voluto far venir fuori questa informazione. A primavera del 2001 quando le voci sono venute fuori ci siamo detti che dovevamo andare a recarci sul posto.

Cosa è successo? Il seguito è molto interessante, perché quando questo affare è venuto fuori, io mi aspettavo delle ripercussioni grandi, severe. Ma poco tempo dopo un comunicato brevissimo è venuto fuori del governo il quale riconosceva che c'era un problema nella gestione del sangue dell'Henan e che c'erano stati alcuni casi di contagio, che erano state presi provvedimenti per porvi rimedio. Tempo dopo ho incontrato un consulente del primo ministro cinese che conoscevo e mi ha detto: ho visto il suo articolo sull'Henan. L'aveva visto nelle traduzioni interne del governo. In Cina c'è un sistema di controllo dell'informazione estremamente sofisticato. Ci sono diversi livelli e vari livelli a cui si ha diritto, più si alza di livello e più diciamo, la base si amplia e quindi si ha accesso a tutta l'informazione. Quindi gli articoli più negativi della Cina sono tradotti e comunicati alla leadership del partito del governo e quindi se si è alla base di una sorta di piramide, si ha accesso solo a un'informazione ridotta, in qualche modo digerita e filtrata. C'è una sorta di piramide all'inverso e gli articoli sull'Aids che erano estremamente violenti, sono stati tradotti e comunicati a tutti i dirigenti cinesi. Aspettavo il seguito e il consulente del primo ministro mi ha detto grazie. Io sono rimasto sorpreso…grazie di cosa?…. Mi ha risposto che grazie al fatto che sia venuto fuori nella stampa europea e americana, questo li ha aiutati come governo centrale ad andare a vedere in provincia cosa succede e dire: "basta! Non possiamo continuare a nascondere questa storia". A questo punto mi sono detto: "almeno comunque servirà a qualcosa e forse ne riceveranno l'assistenza necessaria…", quindi 6 mesi dopo sono ritornato in questi villaggi per vedere. Cosa era cambiato? Le persone sapevano che avevano l'Aids, questo era cambiato, sapevano come l'avevano contratto, sapevano cosa fosse, una malattia mortale e come appunto l'avevano contratto ed erano arrabbiate. Andando di casa in casa a vedere le persone c'invitavano, sono andato con un fotografo, volevano che si facesse in qualche modo un disegno, un'immagine, si prendesse una foto, per dare una testimonianza del loro passaggio sulla terra. Dopo qualche ora la polizia è arrivata, siamo stati denunciati probabilmente e ci hanno detto: "salite sulla vostra macchina e seguiteci!". Quando siamo saliti sulla macchina due donne sieropositive che avevamo intervistato si sono distese davanti alla strada per impedire il passaggio e hanno gridato ai poliziotti: "non avete il diritto di fermarli…". La giornata è continuata così con un'attenzione enorme, crescente, tutti gli abitanti del villaggio sono stati presi in ostaggio, anche noi siamo stati presi in ostaggio perché un piccolo gruppo del villaggio molto esaltato voleva uccidere, voleva in qualche modo trovare i responsabili della loro sorte e dopo qualche ora i responsabili della sanità della provincia sono venuti per intervenire; il dialogo era veramente impossibile, ad un certo punto non c'era più controllo e questa persona ha detto ai contadini: "in ogni caso non potete fare nulla perché voi morirete". L'auto del funzionario è stata data alle fiamme come quella dei poliziotti, le persone sono venute a vederci, sono venute verso di noi e ci hanno detto: "andate via perché la situazione sta andando veramente molto male", abbiamo cercato di partire, ma siamo stati recuperati dal gruppo degli esaltati e quindi ci siamo ritrovati in qualche modo bloccati in un campo con persone che colpivano contro i vetri della nostra macchina e ci hanno detto: "lasciate la macchina e partite a piedi altrimenti vi riempiamo di botte e vi contagiamo". Chiaramente la situazione era complessa. A quel  punto un assistente di Pechino ha abbassato il vetro e ha cominciato a parlare a questi contadini e ha detto in modo aggressivo: "vi sbagliate di nemico, se avete un giorno la possibilità di avere aiuto è solo perché persone come loro, come questi giornalisti sono venuti qui da voi e sono venuti a raccontare la vostra storia al mondo e quindi non sono loro le persone da attaccare". E ripeteva la stessa cosa e le persone non ascoltavano e uno ci ha detto: "mia moglie è morta! Io me ne sbatto, mia moglie è morta!" .Dopo qualche minuto hanno cominciato a capire questo messaggio e ci hanno lasciato andare, ma qualche chilometro dopo la polizia che aveva fatto dei blocchi ci ha fermato e ci siamo ritrovati con dei poliziotti che hanno cercato di spiegarci che tutto questo è esagerato, che l'Aids è come la mucca pazza, solo una questione di testa, ma non è molto grave e finalmente ci hanno mandato via dalla provincia, ci hanno fatto uscire.

In seguito a Pechino è stata presa la decisione di portare appunto aiuto a queste persone in termini medici, c'è stato un proclamo, Kofi Annan è arrivato a Pechino per cercare di parlare di Aids al governo che non voleva sentire nulla all'epoca ed è riuscito a cambiare la percezione della malattia. Una delle condizioni era di aiutare queste persone, questi malati dell'Henan e quando sono tornato la terza volta un anno dopo, ho trovato una catastrofe ancora più grande, ovvero, abbiamo aiutato queste persone, facevano delle terapie, cocktail ma non erano quelle giuste, erano date senza alcuna indicazione d'uso, nel senso che le persone le prendevano come aspirina, quando avevano mal di testa prendevano il farmaco, quando non avevano più mal di testa smettevano. In realtà questi farmaci devono essere presi di continuo per fare in modo di sviluppare l'immunità e quindi bisogna passare poi a un livello superiore di farmaci. In questa regione il colera si era trasformata in ricerca di soluzioni, si sapeva all'epoca quindi che c'erano farmaci che potevano funzionare e quindi tutti cercavano il prodotto  miracoloso, il prodotto del governo non funzionava e tutti avevano smesso di prenderlo… Alcuni avevano accettato di fungere da cavia per prodotti miracolosi, altri avevano cercato ciarlatani della medicina tradizionale che vendevano le loro erbe miracolose e in questa provincia intera di centinaia di migliaia di persone non sapremo mai in realtà quante sono state contaminate. Tutte queste persone vivono in questo stato di follia, dopo la follia della vendita del sangue, dopo l'angoscia dello sconosciuto, c'era ora l'angoscia della malattia e la ricerca di soluzioni.

In quel momento ho ricevuto una richiesta sorprendente da parte di un'Ong cinese,che è venuta a chiedermi di scrivere un libro su questo caso. Ho lavorato con questa organizzazione che cercava di aiutarmi, aiutare queste persone, un dirigente che in passato era stato imprigionato, mi aveva detto di essere in contatto con il direttore cinese che chiedeva di scrivere un libro sulla sorte degli orfani. Dissi che avrei provato a scrivere questo libro per la Cina, che avrei cercato di essere prudente e di pubblicarlo in Francia. Ho fatto venire un amico fotografo dalla Francia, e con lui ci siamo trovati nell'ufficio del presidente della casa editrice e lì abbiamo iniziato a discutere del progetto del libro e a un certo punto ci dice: "lo sa che in Cina ci sono dei tabù? E bisogna rispettare i tabù in Cina, l'Aids è un tabù, non bisogna scrivere un libro sull'aids". Era la fine del progetto, aveva in qualche modo davanti a tutti chiuso la collaborazione. Con la Ong abbiamo comunque superato la barriera e abbiamo pubblicato questo libro in Francia e in Italia. Per scrivere questo libro con questa Ong abbiamo fatto qualcosa che credevo inconcepibile in Cina: abbiamo lavorato per otto giorni nella clandestinità, di giorno in giorno in cammino ad intervistare le persone, di villaggio in villaggio, abbiamo incontrato decine di persone, facendo i nostri spostamenti di notte.

Il senso che vorrei dare in qualche modo a questa storia è: uno che bisogna andare a vedere sempre sotto il tappeto; due, che quando c'è un lavoro in comune tra la società civile e i giornalisti si può riuscire a far venire fuori l'informazione che è sotto il tappeto e questo è molto efficace in un paese come la Cina dove tutto è fatto perché il tappeto sia ben nascosto e che non si senta più parlare d'informazione delicate. La terza lezione da trarre è che non basta far uscire l'informazione che è sotto il tappeto, l'informazione non basta se non c'è un collegamento con la società e nel caso della Cina non c'è stato nessun collegamento. Per fare  pressione, per esercitare l'informazione da sola non basta e non c'è stato nemmeno un collegamento a livello internazionale, perché il potere oggi della Cina è tale che nessuno oggi parla al governo cinese, nessuno oggi è capace di mettere sul tavolo i veri problemi di questa identità. Oggi siamo nel XXI secolo e la Cina fa parte dell'Omc (Organizzazione Mondiale del Commercio) è una potenza in divenire estremamente importante e tuttavia abbiamo visto come tutto quello che disturba viene messo sotto il tappeto; visto il ruolo e l'importanza della Cina nei casi internazionali è comunque molto preoccupante, inquietante per il funzionamento del sistema internazionale. La Cina non è l'unica a mentire. Loretta ha parlato molto di Iraq ed è chiaro che la menzogna è molto condivisa tra più persone, a più livelli.

Vinicio Albanesi

Avete ascoltato due storie su come si alza il tappeto, con due approcci molto diversi ma entrambi efficaci. Avete avuto due esempi tra molti, non così frequenti, di come si va a cercare la notizia, di come la si elabora, di come ci si rende conto della sua giustezza e di come la si diffonde. A voi la parola.

Marco Magheri

Volevo chiedere alla dottoressa Napoleoni le fonti di queste informazioni.

Loretta Napoleoni

Le fonti sono fonti ufficiali, il Pentagono ed il Dipartimento di Stato. Ci sono moltissimi funzionari in carriera all'interno di queste organizzazioni che vogliano che queste notizie escano fuori. A gennaio del 2003 io sono andata a Washington e ho fatto un giro di interviste a personaggi che già conoscevo, tutti erano contro la guerra in Iraq, addirittura un funzionario del dipartimento di Stato mi ricordo mi disse: "l'unico modo per uscire da questa situazione è dire la verità, cioè pubblicamente gli Stati Uniti dovrebbero dire abbiamo sbagliato politica, abbiamo sostenuto le oligarchie corrotte medio orientali dalla seconda guerra mondiale fino ad oggi, smettiamo di fare questo e cambiamo politica". Chiaramente questo non è avvenuto. Per quanto riguarda il movimento jadista io ho alcuni contatti con ex mujiadin che facevano parte di al Qaeda ma ai tempi in cui ancora non aveva nulla a che fare con l'organizzazione terroristica, persone che hanno mantenuto alcuni contatti nel movimento dei mujiadin che non ha niente a che vedere con il movimento jadista e loro sono quelli che mi passano le informazioni per quanto riguarda il jihadismo. Poi ci sono delle statistiche, bisogna anche saper leggere i numeri; molto spesso la verità è a portata di mano, bisogna solo metterla nel contesto giusto e questo purtroppo non lo fanno in molti, perché è difficile tirar fuori i numeri, ma anche perché tanta gente non capisce il funzionamento dell'economia. Io non sono una giornalista, una professionista come voi, sono un'economista, cioè mi sono trovata in questa situazione diciamo perché questo è stato un percorso casuale della mia vita, quindi per me è più facile forse riuscire a leggere questi numeri.

Roberta Mancinelli*

Ascoltando queste due storie mi ha colpito molto la differenza che abbiamo noi nel leggere la presenza cinese nei nostri paesi, perché dal punto di vista economico mi sembrava tutto scritto, nel senso che il privilegio concesso dagli Stati Uniti ad un paese come la Cina, seppur discutile dal punto di vista dei diritti umani, mi sembra che metta fuori gioco quasi completamente l'Unione Europea e il ruolo che questa pensa di poter giocare con un paese che in realtà le sue carte le ha già giocate. Allora mi chiedo: quando ci presentano questi scenari diplomatici in cui si parte tutti insieme, si va a dialogare, si parla di commercio, si parla di relazioni internazionali, è già tutto scritto o c'è davvero da sperare che qualcosa possa cambiare?

Pierre Haski

Penso che il mondo internazionale sia un teatro dove in qualche modo c'è sia una parte di scritto dettato dai rapporti di forza, dall'economia, dalla storia anchema anche una parte d'improvvisazione e che in qualche modo si va avanti, si continui ad andare avanti, perché le cose non sono statiche. Ad esempio i rapporti tra gli Stati Uniti e la Cina sono molto interessanti: quando Bush è arrivato al potere ha completamente cambiato la percezione della Cina da parte degli Stati Uniti. Clinton parlava di partenariato strategico, Bush di rivalità strategica e tutto l'ambiente di Bush compreso Rumsfeld fino alla sua partenza recentemente, considerava che la Cina potesse essere un giorno il nemico degli Stati Uniti, il rivale degli Stati Uniti nel XXI secolo e che quindi ci fosse in qualche modo un rapporto stretto tra partenariato e rivalità. Poi però c'è stato l'11 settembre e la Cina ha avuto una reazione istintiva, penso almeno da un punto di vista politico, molto intelligente: contrariamente all'abitudine cinese di non reagire agli eventi, ha capito che in realtà era avvenuto qualcosa di molto importante e quindi dopo 4 ore, cosa che è appunto una reazione molto rapida per il mondo di Pechino, l'ufficio politico ha in qualche modo emesso un comunicato di sostegno a favore degli Stati Uniti contro il terrorismo, quando ancora la popolazione cinese non era ancora stata informata di quanto era avvenuto a New York.

Il comunicato della Cina a sostegno degli Stati Uniti ha completamente cambiato le relazioni tra i due paesi, perché da allora la priorità dell'amministrazione Bush assoluta è diventata la guerra in Afghanistan legata al terrorismo, la Cina è passata in secondo piano, il sostegno cinese è in qualche modo diventato una carta vincente formidabile. Tutto ciò ha in qualche modo fatto cambiare rotta tra le relazioni tra la Cina e l'America e 5 anni dopo ci troviamo in una relazione che comunque resta ambigua, perché c'è sempre questa dimensione di rivalità, ma che in qualche modo è più serena.

E' interessante aprire una parentesi sull'informazione in Cina: quella sera io ero a Pechino, dove la televisione appartiene a Murdock, e trovandomi in un appartamento di funzionari del partito comunista ho potuto vedere anche il canale Fox Tv che ha immediatamente trasmesso le immagini, mentre tutti gli altri cinesi hanno dovuto aspettare cinque ore perché l'informazione fosse trasmessa.

Loretta Napoleoni

In un importante articolo si scrive dello scontro di civiltà specificatamente che doveva avvenire tra l'Occidente e l'asse Pechino-Teehran. Questa è la bibbia dei neocon infatti come ha detto Pierre, la politica di Bush inizialmente era una politica molto di confronto con la Cina: se vi ricordate il primo incidente diplomatico di Bush fu quel famoso aereo che era stato mandato per spiare la Cina. Il cambiamento fondamentale avviene appunto con l'11 settembre, proprio perché c'era bisogno di un appoggio da parte della Cina, quindi un problema di geopolitica per quanto riguardava l'invasione dell'Afghanistan, ma anche dell'Iraq. Secondo me poi si può fare un parallelo interessante con la guerra del Vietnam. Voi siete troppo giovani per ricordarvi queste cose, però la famosa apertura alla Cina orchestrata da Kissinger è del 1972, nel momento in cui la situazione del Vietnam è praticamente fuori controllo e a questo punto che cosa fa Nixon? Apre alla Cina, nel senso che cambia radicalmente la propria politica, proprio per cercare di arginare il disastro del Vietnam e creare quest'alternativa, questa potenza cinese quale elemento di cuscinetto nella Guerra Fredda tra l'Unione Sovietica e Stati Uniti. Così inizia l'ingresso della Cina nella nostra economia e nel nostro mondo, proprio in una situazione molto simile a quella dell'Iraq.

Interventi

La domanda è per Haski: qual è stato il ruolo dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e che cosa ha detto in quel frangente e che cosa dice, perché mi sembra che anche nell'ultimo rapporto sull'Aids, la Cina non emerga in maniera così sostanziale.

Dalla dottoressa Napoleoni volevo sapere come potrebbe cambiare lo scenario geopolitica in Oriente e non solo, nel caso dovessero entrare in vigore gli accordi nucleari tra Stati Uniti e India. Ad Haski invece volevo domandare come ha affrontato la stampa francese negli ultimi anni la crescita della Cina. Perché in Italia abbiamo avuto per anni un vuoto.

Ho una domanda per Pierre Haski: volevo sapere se i contadini cinesi hanno mai letto un suo articolo, una pagina di giornale, visto che questa storia è uscita sui telegiornali francesi, immagino che nessun giornale cinese l'abbia ripreso, se ha portato una pagina di Liberazione a questi contadini e semmai che effetto ha avuto.

Volevo domandare alla dottoressa Napoleoni che impressione ha avuto quest'estate quando è uscita la notizia dell'allarme terroristico a Londra, se è forse piuttosto una questione di marketing di Blair, piuttosto che invece un reale allarme esistente; dal punto di vista economico c'era la possibilità che ci fossero davvero nuovi attentati oppure è stato semplicemente ventilato per marketing?

Alla dottoressa Napoleoni chiedo: secondo lei, che cosa i giornalisti dovrebbero fare nel loro lavoro quotidiano, quali argomenti toccare per fare in modo che questa decadenza se non inevitabile almeno sia meno dolorosa traumatica.

Una considerazione e due domande. La considerazione è che qualche mese fa il nostro governo è andato in Cina e sotto il tappeto è rimasta tantissimo nelle cronache giornalistiche italiane, per esempio noi avevamo chiesto di poter partecipare alla delegazione e non riconoscendo il sindacato cinese ovviamente non ci hanno accolti. L'impressione che non si voglia scontentare il governo cinese francamente è troppo evidente. Questo ci pone anche un problema di notizia al nostro interno. La prima domanda è questa: la teoria più ottimistica dice che l'economia di mercato metterà delle crepe, vista da dentro, lei pensa che sia una teoria che ha una logica o che comunque data la condizione cinese, questo problema è molto spostato in avanti? La domanda per la dott.ssa Napoleoni è questa: lei si è fermata ad una constatazione ovviamente del quadro di riferimento, la tendenza, secondo lei in prospettiva, tenendo conto del quadro di globalizzazione, la nuova Al Qaeda è egemone davvero sul terrorismo o intravede altri collegamenti in altre zone critiche o comunque un'internazionale che può evolversi? E in che misura?

Volevo dalla dottoressa Napoleoni dei chiarimenti sul rapporto tra terrorismo e criminalità organizzata, in particolare rispetto alla 'drangheta. Da Pierre Haski vorrei invece capire il raggio di azione delle organizzazioni non governative in Cina, il ruolo di questa organizzazione con cui ha avuto a che fare.

Pierre Haski

Per quanto riguarda l'Organizzazione Mondiale della Sanità , è una domanda interessante questa certo, perché l'OMS è l'organizzazione diciamo specializzata, ha giocato un ruolo molto importante per ricondurre la Cina a prendere coscienza della necessità di agire sul problema dell'Aids e come ho detto, nel 2000 non si parlava di Aids, era un tabù assoluto. Nel 2003 il governo ha annunciato che l'Aids era a priorità nazionale, ha cambiato completamente politica, ha presentato un rapporto intitolato "Una domanda titanesca" traduco letteralmente il titolo di questo rapporto, in cui c'era la previsione che se non fosse stato fatto nulla ci sarebbero stati 10 milioni di casi in Cina entro la fine del decennio. Kofi Annan ha fatto un viaggio speciale a Pechino per parlare di Aids e certo c'è stato un impatto importante, ma molto negativo sugli agricoltori, questi dell'Henan perché il prezzo da pagare è stato quello di lasciare sotto il tappeto il problema particolare di questi contadini. Dal 2003 le Nazioni Unite non hanno più parlato di questo problema e i rapporti dell'OMS non evocano più questo problema; ne ho parlato con il rappresentante di Onu-Aids e mi ha detto che è troppo importante che la Cina sia effettivamente ora mobilitata globalmente contro l'Aids, per continuare a spingere su un problema particolare di una contaminazione particolare. Questa è la situazione, è un bilancio diciamo contrastato, con aspetti contrastanti.

Per quanto riguarda la Cina e la sfida globale, non penso che la stampa abbia in qualche modo limitato la sua chiaroveggenza, la sua lungimiranza. Io credo che in qualche modo le informazioni esistano. Oggi ci sono tutte le informazioni sui diritti dell'uomo, le condizioni di lavoro nelle aziende cinesi, ormai queste informazioni esistono e c'è certo una certa cecità. Il potere di attrattiva della Cina negli ultimi anni, soprattutto negli ultimi 5 anni, c'è, e credo che uno dei motivi per cui grossomodo mi hanno permesso di scrivere questo libro è che i dirigenti cinesi hanno capito che l'informazione negativa sulla Cina non ha alcuna importanza e che in qualche modo il titolare, il grande boss della General Motors, o qualsiasi società al mondo, non leggerà certo Libération, per investire un miliardo in Cina. Un qualsiasi grande imprenditore guarderà semplicemente la calcolatrice, farà i suoi conti, non andrà certo a leggere il New York Times, oppure Libération. Il bilancio che dobbiamo fare oggi è di altro tipo. Le opinioni pubbliche nei nostri paesi non si sono in qualche modo sentite coinvolte da questo problema; non so qui, ma in Francia abbiamo un atteggiamento schizofrenico nei confronti della Cina, al tempo stesso siamo affascinati dal punto di vista storico, culturale, ma combattuti tra il fascino e la paura. E' molto difficile oggi avere un'opinione precisa e sobria, per così dire, sulla Cina, perché in qualche modo è un fenomeno questo senza precedenti: conosciamo il problema del Drago d'Asia, abbiamo avuto il problema di 20 anni fa, conosciamo benissimo il problema del post comunismo, la Polonia, conosciamo bene la storia, ma non conoscevamo questo problema, il problema senza precedenti di un paese che resta si comunista, ma ultracapitalista, che ha 1 miliardo e 300 milioni di abitanti; quando la Corea del Sud si è aperta ed è diventata un Drago, ha cominciato la delocalizzazione, ci sono state delle lotte sociali in Corea e il tenore di vita è migliorato. Oggi produrre in Corea è uguale a produrre in Europa, quindi anche i coreani hanno delocalizzato in Cina. Ci sono milioni di persone che aspettano di essere sfruttate, quindi c'è una problematica senza precedenti, che spiega in qualche modo il nostro sgomento nell'analizzarla per avere una risposta molto concreta. Le associazioni di consumatori europee devono porsi la questione se siamo pronti ad avere T-shirt  a un euro, ma chiudiamo gli occhi sul fatto che vengono sfruttate delle persone cinesi, se invece siamo disposti a pagare 5 euro perché le condizioni anche in Cina siano migliori, e poi se siamo pronti ad accettare che 1 miliardo e 300 mila persone siano private dei diritti sindacali… Se la risposta è si, continuiamo ad acquistare le T-shirt a 1 euro, se la risposta è no, dobbiamo cominciare a fare domande a questi che vendono magliette a un euro. Ho letto un'inchiesta formidabile: c'è un business oggi in Cina per raggirare ed aiutare la gente ad aggirare gli audit sociali, vanno di moda tra tutte le grandi società che producono in Cina gli audit ossia i bilanci di fine anno. Siamo andati a controllare i nostri subappaltatori in Cina ed alcune persone sono trattate bene.

Mi aggancio alla domanda sull'economia di mercato e all'evoluzione della Cina; io non credo alla logica meccanica dell'economia di mercato per cui dopo un certo momento si passa alla democrazia. Credo che sia un pretesto per addormentare la gente su una certa cultura, ma non credo nemmeno che sia l'esterno che farà evolvere la Cina. Credo che l'esterno dovrà essere vigilante, presente per una questione che c'interessa in primo piano e che appunto è in rapporto con la realtà cinese nel nostro quotidiano.

Passiamo alle Ong: c'è oggi un embrione di società civile cinese, ci sono persone formidabili, giovani cinesi che s'impegnano su questioni sociali senza pensare solo all'aspetto economico. Molte sono le persone che si impegnano in associazioni sull'Aids, che si mobilitano in termini di rispetto dell'ambiente, di diritto a un alloggio, avvocati che difendono le persone che sono vittime di espropri. Questo embrione della società civile è si debole ma riuscirà a far emergere un'esigenza di una maggiore democrazia e non certo attraverso una pressione esterna, il cambiamento avverrà dall'interno.

E questo perché c'interessa? Certo abbiamo molti problemi in Francia anche in Italia, ma io penso in ogni caso che se tutti vivessero in autarchia e se tutti pensassero che i propri problemi sono i più importanti, non si risolverà mai nulla. E' importante si il business ma dobbiamo utilizzare i vantaggi di un sistema più giusto.

Loretta Napoleoni

Iniziamo dalla domanda globale: come risolviamo il mondo. Io sono convinta che, data la situazione, l'ascesa della Cina, dell'India quali potenze economiche, chiaramente non si può fermare. Sicuramente ci sarà, io credo, un proliferarsi del nucleare, è inevitabile, non vedo proprio come si possa fermare. Tra l'altro c'è questo rapporto Baker che dovrebbe essere prodotto questa settimana nel quale così, almeno si dice, a Washington, queste sono voci, Baker presenterà uno scenario nel quale gli Stati Uniti rinizieranno ad avere delle relazioni con l'Iran e questo perché la situazione in Iraq è praticamente incontrollabile. Questo non significa che gli iraniani stanno costruendo il nucleare per motivi bellici, però il passaggio insomma è molto semplice, in più ci troviamo in una regione dove praticamente quasi tutti vogliono l'arma nucleare, alcuni paesi come l'Arabia Saudita si dice che già ce l'abbiano. Quindi io credo che nel lungo periodo e quindi parliamo dei prossimi 10-20 anni, ci sarà un proliferarsi dell'arma nucleare.

Una soluzione a questo problema al momento non esiste e mi aggancio alla domanda sulla decadenza dell'Occidente: l'Occidente è in una fase di decadenza economica e di questo Pierre ne ha parlato abbastanza, una decadenza economica che paradossalmente è iniziata col crollo del muro di Berlino, perché in realtà il mondo era in equilibrio durante la Guerra Fredda, il comunismo era un po' in contrappeso al sistema capitalista e quindi dava la possibilità al sistema capitalista di crescere all'interno di linee dove il lavoratore, dove i sindacati avevano un margine di manovra per poter garantire il lavoratore. Oggi come oggi questo margine di manovra non esiste più, cioè il motivo per il quale ci compriamo questi famosi blue jeans a 3 euro prodotti in Cina è perché il nostro sistema economico non vuole e non è in grado di dire no al prezzo basso e questo vale per tutto, anche nel mercato del lavoro. Dal crollo del muro di Berlino abbiamo avuto un aumento della forza lavoro mondiale enorme, praticamente la forza lavoro mondiale si è raddoppiata, il capitale è rimasto quello che era e quindi chiaramente il costo del lavoro è sceso ed i salari sono crollati e continueranno a crollare. Quindi, qual è la soluzione? L'unica soluzione possibile credo sia una soluzione etica, è questo che il giornalismo etico, moderno e i media dovrebbero comunicare ai lettori, bisogna riscoprire l'etica, bisogna riconquistarsi quegli spazi che dalla rivoluzione industriale, fino praticamente al crollo del muro di Berlino, il movimento operaio ha conquistato. Se dimentichiamo questo allora dimentichiamo veramente il motivo per il quale esiste un rapporto di lavoro, cioè degeneriamo secondo me nella schiavitù che poi è quello lì che sta succedendo in molti di questi paesi.

Questo discorso in un certo senso si riallaccia anche al discorso sul terrorismo, nel senso che i governi fino ad oggi ci hanno trasmesso tutta una serie di illusioni economiche, come appunto i rapporti fra la Cina e l'Occidente, in particolare gli Stati Uniti, ma anche illusioni dal punto di vista del terrorismo. In realtà il terrorismo era un fenomeno molto più pericoloso negli anni '70 in Europa, in Occidente, che non oggi. Nel 1976 nel Regno Unito sono morte 300 persone a causa dello scontro tra l'Ira e il governo britannico. Dall'11 settembre fino ad oggi sono morte solamente 55 persone in una metropolitana a Londra. La minaccia in termini proprio di vite umane, la minaccia del jiadismo è molto minore della minaccia dell'Ira negli anni '70 e '80, eppure all'epoca nessuno ha mai detto dovete essere terrorizzati, non dovete uscire di casa, dovete prendere gli aerei togliendovi le scarpe, portandovi addirittura tutti quanti i liquidi in sacchettini di plastica… Al contrario, in quel periodo la politica era l'opposto, si diceva: noi vinceremo! L'allarme che c'è stato a Londra sul complotto dell'aeroporto, molti dicono che non è assolutamente vero, non abbiamo una prova, non è uscita una sola prova che in effetti c'erano questi liquidi, in più adesso se si viaggia si possono portare solamente 200ml di liquido a testa: assumiamo che abbiamo sette terroristi che salgono sullo stesso aereo, s'incontrano, mischiano i liquidi, non può ciò provocare una tragedia? Può sembrare una storia ridicola ma è interessante dal punto di vista della propaganda che è legata al ruolo appunto dei media e dei giornalisti che dovrebbero sempre fare delle domande scomode ai politici e alle varie autorità. Nella legislazione inglese ad esempio  non si possono dichiarare i nomi degli indiziati finché gli indiziati non diventano in effetti membri di un'organizzazione che progetta un attacco terroristico o un attacco criminale; sapete cosa hanno fatto gli inglesi proprio perché volevano che questi nomi uscissero immediatamente, perché questi erano nomi di pakistani e quindi volevano che la stampa internazionale si concentrasse sul complotto che partiva dal Pakistan? Hanno passato questi nominativi alla Banca d'Inghilterra che tiene le liste del terrore, dicendo di mettere questi nominativi proprio su quelle liste. A quel punto la Banca d'Inghilterra ha potuto dare alla stampa i nominativi dei nuovi membri della lista del terrore, che casualmente erano quelli accusati di aver fatto il complotto dell'aeroporto. Questo vi dà l'idea di come tutto venga manipolato e di come la stampa si trova in una situazione in cui molto spesso non sa cosa fare. Dal mio punto di vista io credo che molto spesso le notizie se non sono confermate non dovrebbero essere riportate, perché molto spesso risultano sono false.

Per quanto riguarda la 'ndrangheta, si sono verificati questi contatti dopo l'11 settembre quando il flusso di cocaina che andava principalmente al nord, quindi negli Stati Uniti, in parte è stato deviato e si è diretto verso l'Europa e questo perché il riciclaggio era diventato abbastanza difficile. La 'ndrangheta è entrata in questo business grazie ai contatti con Mancuso che è il nuovo capo della Auc in Colombia (Autodefensas unidas de Colombia), e a questo punto succede che la 'ndrangheta non solo importa la cocaina e quindi la smercia in Europa, ma si occupa anche del riciclaggio del denaro e dell'investimento di questo denaro; il denaro non torna più indietro come succedeva appunto dagli Stati Uniti alla Colombia, ma viene investito e quindi ci troviamo di fronte a dei portafogli abbastanza complessi d'investimento e i redditi di questi portafogli che sono chiaramente puliti, tornano alla 'ndrangheta. E' un fenomeno praticamente nuovo iniziato dalla fine degli anni '90 che ha avuto una grossa crescita dopo il 2001.

Io credo che non ci sia un'egemonia da parte di Al Quaeda, Al Zawahiri e Osama Bin Laden, si trovano praticamente prigionieri dei servizi segreti pakistani nella cintura tribale del Pakistan, sono protetti però nello stesso tempo non si possono muovere. Diciamo la Al Quaeda del passato non esiste più. Ci sono moltissime opposizioni all'interno del movimento jiadista nei confronti della loro visione della jiad, quindi l'attacco contro il nemico lontano, l'occidente, piuttosto che l'attacco contro il nemico vicino e i paesi arabi. Io credo anche che il jiadismo in generale sia un fenomeno molto piccolo, cioè all'interno della comunità musulmana globale la percentuale di jiadisti è bassissima, però penso che se continuiamo a perseguire queste politiche di netta opposizione, quindi d'intolleranza, nei confronti dei musulmani, ci potrà essere un aumento. Il problema fondamentale non è in Europa, il problema fondamentale è in Oriente, è nei paesi musulmani dove veramente la situazione è tesissima, dove abbiamo uno scontro tra sciiti e sunniti in atto, che potrebbe degenerare in una nuova guerra civile tra di loro, ma soprattutto c'è il problema della disoccupazione, delle condizioni economiche disastrose di questi paesi, che chiaramente porta questi giovani ad aderire a movimenti di opposizione che poi possono anche collegarli al movimento terrorista. Quindi il problema non è da noi, ma da loro.

Vinicio Albanesi

Terminiamo con Marino Sinibaldi che doveva relazionarci su quel canto della libertà . Io vi ringrazio per la vostra partecipazione, per gli affetti, per gli incoraggiamenti e vi diamo appuntamento il prossimo anno; stiamo pensando al tema che non vi dico, evidentemente, come la finale di un thriller, buon viaggio e ricordateci, soprattutto quando entrate nelle redazioni, perché quello è il migliore ricordo.

Marino Sinibaldi*

Se volessimo dedurre qualcosa dalla classifica e secondo me c'è qualcosa di significativo, è che la categoria che vi sembra più coraggiosa o da incoraggiare sono i miglioratori del peggio e anch'io avrei votato allo stesso modo. Mi sembra che una categoria come quella dei miglioratori del peggio sia assolutamente quella più coraggiosa, anche perché risponde pure a un'idea di coraggio come messa a disposizione di sé, più che di difesa dei propri ideali. Penso che di coraggio e di coerenza si è molto parlato in questi giorni. In seconda posizione troviamo i costruttori di pace e questo forse sembra ovvio qui dentro, però non è molto ovvio, perché ieri c'era quel film pazzesco, quello là era un film che potevamo leggere in tanti modi, però sicuramente agli occhi dei contemporanei, quelli erano dei coraggiosi. Io segnalo che 0 voti ha preso samurai, però è un'idea di coraggio molto tradizionale anche, molto chiara: il samurai è il coraggioso, tra l'altro spesso disinteressato.

Altro non vorrei dire, se non appunto ringraziare, perché questo era un modo per mobilitarvi. Ci sono state anche le risposte libere, queste forse le posso leggere, perché avete superato Jovanotti in strampalatezza: incerti sul senso della vita, morenti, impegnati di professione, personaggi in cerca di autore, barboni, telefonisti interinali, giornalisti preparati, verificatori di notizie, assuntori di responsabilità, pompieri, sminatori, medici della mutua, disobbedienti, disabili, medici senza frontiere, sognatori, nani acrobati, annientatori di ipocrisie, costruttori di protesi, conservatori della memoria, aspiranti giornalisti, insegnanti, casellanti, antimafiosi, desiderosi di giustizia e verità, precari con famiglia, ricercatori cocciuti, ottimisti. L'ultimo dato forse lo dovrebbe commentare don Vinicio: il Papa zero voti…

Vinicio Albanesi

Però ci sta il Signore voti mille, noi recuperiamo, voi state tranquilli, sono duemila anni che attraversiamo i monti della storia e stiamo tranquilli.


* Testo non rivisto dall'autore.