XVII Redattore Sociale 29-28 novembre 2010

Oltre L'apocalisse

L’ordine delle notizie

Incontro con Antonio Preziosi

 
Parte 1
Durata: 25' 17''
 
Parte 2
Durata: 15' 22''
 
Parte 3
Durata: 10' 09''
 
Parte 4
Durata: 17' 56''
 
Parte 5
Durata: 14' 39''
 
 
 
 
Antonio PREZIOSI

Antonio PREZIOSI

Direttore del Giornale Radio Rai.

ultimo aggiornamento 26 novembre 2010

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LEGGI IL TESTO DELL'INTERA SESSIONE*

Stefano Trasatti

Antonio Preziosi è il direttore del Giornale Radio Rai. Noi amiamo molto la radio, chi ci frequenta lo sa, io in particolare la amo da sempre in modo proprio viscerale e infatti avrete notato che in questi anni abbiamo avuto vari personaggi della radio, oltre a Marino Sinibaldi che è un nostro affezionato, Paolo Ruffini quando era direttore del Giornale Radio come Preziosi ora, Santalmassi che ne è stato vicedirettore e che adesso è andato a Radio 24. Preziosi è un giornalista politico, ha prevalentemente trattato la politica, in particolare il suo curriculum vanta l'aver seguito invariabilmente tutti i governi da 10 anni a questa parte e quindi D'Alema, Amato, Berlusconi, Prodi, poi Berlusconi di nuovo… Quello che gli viene riconosciuto è questa uniformità professionale oltre la fatica che ciò comporta perché girare tutto il mondo è un divertimento però, insomma, è anche faticoso. Lo ho incontrato all'inizio dell'anno e ho cercato di capire se si ricordasse che era stato qua da redattore ordinario anni fa e lui se ne ricordava benissimo, quella volta era venuto con una pattuglia di redattori Rai della scuola di Perugia. Mi fa molto piacere notare che sono molti i casi di progresso tra chi è venuto qua a partecipare a Redattore Sociale e che poi tornano dopo essere andati molto avanti professionalmente, appunto come nel caso di Preziosi.

Ti faccio una sola domanda poi passeremo alle vostre domande. L'ordine delle notizie, a chi fosse sfuggito, ha un doppio senso: è l'ordine gerarchico in cui sistemo le notizie ma anche l'ordine dato dall'alto. Secondo te che cos'è l'ordine delle notizie? Domanda da 1000 punti, mi rendo conto, però insomma cominciamo da qui...

Antonio Preziosi

Notizia e notiziabilità

E' il peso che le notizie hanno. Io sono molto contento che tu mi abbia invitato a riflettere su questo argomento che caratterizza sia la mia pratica che il mio pensiero di giornalista, infatti mi coinvolgeva molto rifletterci quando avevo più tempo… Insegno all'Università Pontificia Salesiana dove tengo un corso di comunicazione ed ho pubblicato vari saggi tra cui uno dedicato alla notizia e alla notiziabilità nel quale sostenevo appunto il peso, lo spessore della notizia: è la notizia stessa che ci dà, per così dire, l'ordine in cui deve essere data, perché le notizie non si nascondono ma si danno.

Noi giovani giornalisti e la tessera NIP di Don Vinicio…

Prima di entrare nel merito della tua domanda, volevo semplicemente ringraziare te e Don Vinicio, perché non è soltanto sul filo della nostalgia che ho deciso di venire a Capodarco, di vivere questa emozione con voi, ma proprio perché dalla mia esperienza qui mi sono portato dietro delle cose che poi ho messo nella mia carriera e nel mio lavoro di giornalista. Sono passati 13 anni, era il 1998, e mi ricordo, della geniale idea di Don Vinicio di dotarci di una tessera NIP, non era una tessera Vip, era una tessera NIP, cioè di Persone Non Importanti: noi giovani giornalisti che all'inizio subivamo un po' il fascino delle varie tessere Vip, fummo presi a schiaffoni da Don Vinicio, questa tessera ce l'ho ancora in un cassetto a Saxarubra. Ricordo anche tutte le riflessioni che facevamo con i miei colleghi della scuola di giornalismo di Perugia durante questo interminabile viaggio in macchina da Capodarco a Roma. Mi ricordo, anche, di un viaggio di ritorno con Roberto Natale che credo non fosse ancora segretario dell'UsigRai bensì un semplice redattore ordinario del TgR del Lazio, durante il quale ci siamo esercitati teoricamente sul concetto della completezza dell'informazione.

La materia prima del lavoro del giornalista è la notizia senza subìre ordini

Quando l'informazione è obiettiva? Quando è completa, cioè quando rappresenta tutte le parti in campo, quando è onesta, non omette, non nasconde. Ecco questo io mi porto dietro dalla mia esperienza di Capodarco. Certo viviamo periodi confusi forse avvelenati da troppe polemiche e fare il giornalista, lo voglio dire con chiarezza, non vuol dire appartenere ad una fazione, occorre ritornare al senso stesso della professione, alla cellula costitutiva della professione che è appunto la notizia. Qual è il peso che bisogna dare alle notizie? Me lo sono chiesto sia come studente della scuola di giornalismo di Perugia, alla quale mi onoro di appartenere, sia come docente di comunicazione presso l'Ateneo salesiano, sia come inviato nominato da Paolo Ruffini, un altro grande amico di Capodarco, sia come adesso direttore del giornale radio di Radio Uno ed anche ad interim di Gr Parlamento. L'imperativo che ci deve muovere è ritornare alla materia prima del nostro lavoro che è appunto la notizia, quindi senza subìre ordini, senza subìre il fascino di altre gerarchie, semplicemente senza cambiare quell'appoggio direi quasi naturale che ci viene quando decidiamo di fare questo lavoro, ossia quello di andare a cercare i fatti, di raccontarli, di trovare con i fatti quasi un'intima appartenenza in maniera tale da farli propri e raccontarli ai nostri radioascoltatori, telespettatori, lettori, a coloro i quali navigano nel web, così come sono o come ci appaiono, questo è a mio avviso il senso. Condivido quindi quello che qualche giorno fa ha detto il presidente della Rai Paolo Galimberti ad una cerimonia del premio Curzi, alla quale mi sono un onorato di accompagnare Nicole Ramadori, una giovanissima cronista che ha fatto un bellissimo pezzo che ha ricevuto una menzione speciale. Paolo Galimberti in questa cerimonia di premiazione ha detto: " Le notizie non hanno odore né colore, le notizie non si nascondono, le notizie si danno e basta ". Io vi dirò di più, come direttore di Radio Uno ho inventato uno slogan che è stato anche molto fortunato: " La notizia non può attendere " ed è diventato anche un po' il nostro jingle, il nostro identificativo di Radio Uno. Ci hanno premiato gli ascolti, navighiamo verso 8 milioni di contatti al giorno, è stato premiato il lavoro di un team straordinario che è appassionato e che lavora senza guardare a orari di lavoro, trasferte disagiate, rivendicazioni e sa che, in quanto la notizia non può attendere, che se la notizia c'è non si tiene nel ripostiglio, ma si dà, si offre, si racconta. Questo è quanto riflettevo venendo in macchina ieri qui a Capodarco. Non so se ho risposto in tutto o in parte alla tua osservazione, ma sicuramente questo è il senso della mia navigazione.

Il giornalista come "cercatore di verità"

Come dicevo prima, quando avevo più tempo per pensare, prima di diventare direttore, ho scritto due lunghi saggi che poi sono stati pubblicati nel dizionario della comunicazione edito da ERI nel 2002 "Notizia e notiziabilità". Ieri preparandomi a quest'incontro con voi sono andato a rileggerli ed ho trovato una citazione del sociologo Bechelloni che diceva: " La notizia deve contenere un'attenzione costante e permanente verso la verità " ed è per quello che mi ha colpito il collega, presidente dell'ordine, quando ha rispolverato una definizione di giornalista, oggi forse un po' dimenticata, come "cercatore di verità", cioè come persona che questa verità la cerca prima ancora di raccontarla; questa cosa mi è piaciuta, è stato per me un elemento positivo di energia per capire che cosa sia la notizia e cosa sia soprattutto la verità. Cosa preserva il giornalista dalle tentazioni che incontra nella ricerca della verità? La professionalità, lo zelo, lo scrupolo, l'approfondimento, il senso critico, la buona fede, cioè l'onestà rispetto ai fatti che si devono raccontare, quindi al di là dei malesseri, delle dipendenze, della politica, delle sue seduzioni, al di là dell'economia del mercato e delle sue seduzioni, al di là della spettacolarizzazione e delle sue seduzioni. Alla base di tutto ci deve essere l'attenzione per le esigenze dei lettori, degli ascoltatori, dei telespettatori e dei navigatori ed invece alla base di tutti i peccati dei giornalisti c'è perlopiù, uso questa espressione cara a Don Vinicio, l'indifferenza verso queste esigenze. Se noi siamo indifferenti, se a noi, detta brutalmente, non ce ne frega nulla dei nostri lettori, dei nostri ascoltatori, dei nostri telespettatori, è molto facile che commetteremo qualche peccato. Un direttore, invece, deve pensare più di 10 volte al giorno alle persone a cui parla, soprattutto se queste sono tante e si fidano di quello che tu dici; se ci pensano allora è molto probabile che quasi come un anticorpo spontaneo, l'esercizio della professionalità e dello zelo porterà comunque a fare bene il proprio dovere. Sempre a proposito di criteri di notiziabilità, mi sono riletto in questi giorni un libro del 1999 del vaticanista Luigi Accattoli dal titolo "Cerco fatti di Vangelo", un libro molto bello perché ci dimostra che purtroppo prevale ancora il senso della negatività e quindi l'incapacità del bene di fare notizia. Accattoli argomentava in maniera positiva e concreta quanto invece fosse dirompente e capace di fare notizia anche l'esempio positivo. Ecco su questo, probabilmente, visto che siamo tutti inclini non soltanto alla pratica del giornalismo ma anche al pensiero, alla riflessione su ciò che il giornalismo deve essere, su questo io direi che è opportuno continuare o cominciare a riflettere. Noi giornalisti ci salviamo con la professionalità, per questo credo nelle scuole di giornalismo perché penso, ed io ne sono un testimonial come dire assolutamente convinto, che siano una modalità pulita, trasparente di accedere alla professione con un percorso formativo forte; infatti chi viene da una scuola di giornalismo ha di per sé almeno due anni di confronto anche intellettuale e quindi di studio su quello che la nostra professione deve essere.

L'informazione deve essere immediata…

Nel mio primo editoriale da direttore del Giornale Radio ho garantito tre cose ai radio ascoltatori: l'immediatezza, la completezza e la chiarezza dell'informazione . L'informazione deve essere a mio avviso immediata, completa e chiara. Immediata nel senso che la notizia si deve dare e possibilmente si deve dare subito, dopo aver fatto naturalmente le opportune verifiche e scrupolosamente tutti gli accertamenti del caso. Noi siamo un canale All News ed è giusto che, senza riserve, la notizia appena arriva si possa dare, dopo averla, ripeto, opportunamente certificata. Vi racconto un aneddoto: alcuni giorni fa ricevo a mezzanotte la telefonata del mio inviato ad Avetrana Paolo Poggio che mi dice che l'assassino di Sarah è lo zio e mi chiede cosa fare. La parola d'ordine che mi è arrivata immediatamente dal cuore è stata prudenza . Diamo la notizia, facciamo un collegamento nel giornale della mezzanotte e con la prudenza che è dovuta, diciamo che al termine di un interrogatorio lo zio di Sarah Scazzi avrebbe confessato l'omicidio. La notizia andava data perché era ormai, come dire, certificata dall'interrogatorio, ma non sparata senza filtri e con troppi indicativi presenti. Il giorno dopo nel GR1 delle 13 il capo fascia mi porta i titoli e mi trovo sparato come primo titolo "La confessione del mostro", devo dire che ho avuto un attimo di incavolatura. Ho anche ripensato ad un'esperienza che ho vissuto durante la scuola di giornalismo di Perugia per il caso Chiatti, non so quanti di voi lo ricordano, il giovane che uccise due bambini: quando era stato ucciso il primo bambino, Simone Allegretti, apparve sulla scena dei cronisti un certo Stefano Spilotos che si accusò di essere l'assassino e per un paio di settimane questo ragazzo che in realtà era, poverino, un mitomane, fu sparato in prima pagina e rappresentato come il mostro che aveva ucciso il ragazzino; con ciò, purtroppo, noi giornalisti abbiamo anche causato una sorta di frenata alle indagini, per cui Chiatti, in quel periodo indisturbato, poté compiere il secondo omicidio. Questo mi è venuto in mente quando la collega mi ha portato quel titolo ed io quasi d'impulso ho detto ma scusate, ma perché gli diamo del mostro? Ma se questa è una confessione falsa, se poi questo ritratta, se poi invece la cosa non è così e c'è dell'altro... Ecco un anticorpo spontaneo che mi è venuto, per cui abbiamo cancellato quel titolo e ne abbiamo fatto uno più oggettivo, più asettico, ma che rappresentava semplicemente la confessione dello zio di Sarah. Questo è il bagaglio che uno si porta dietro, questo è ascoltare la propria coscienza di giornalista, la propria riflessione di giornalista e non farsi prendere né dal vizio della spettacolarizzazione né da quello dell'immediatezza a tutti i costi senza verifica.

…completa…

Completezza: secondo punto di riferimento. Le notizie si danno e non si danno a metà. Se una notizia c'è, non ha senso tenerla rinchiusa nel cassetto della propria scrivania, uno perché ci sarà almeno un altro, se non più, che sarà capace di darla prima e forse anche meglio di quello che tu puoi fare e in secondo luogo perché in questo modo manchi veramente di rispetto, oltre che a te stesso, al pubblico che ti ascolta e che si fida di te.

…chiara

Chiarezza. Non basta dare notizie verificate con immediatezza e con completezza, è opportuno che siano chiare, bisogna che si spieghi esattamente a tutti che cosa si vuol dire. Io nel mio editoriale di presentazione ho citato un direttore di Radio 3, un certo Enzo Forcella, che molti di voi forse avranno conosciuto, il quale nel 1959 scrisse un saggio bellissimo che si intitolava "Millecinquecento lettori". Forcella faceva una critica feroce dell'informazione politica del tempo e diceva che i giornali parlavano soltanto a 1500 lettori... 630 deputati, 315 senatori e una manciata di politici locali, sindacalisti, confindustriali e uomini di Chiesa. Questo sosteneva Forcella. È incredibile, io me lo sono andato a rileggere subito dopo la mia nomina a direttore, e mi sono reso conto di quanto quello che diceva Forcella fosse ancora incredibilmente attuale, la politica ridotta al linguaggio per iniziati, la politica, la logica del pastone di X che parla e di Y che risponde, la politica non spiegata… Per questo che mi faccio un po' perdonare se qualche volta nei miei giornali radio c'è un pizzico di politica in più rispetto al dosaggio medio giornaliero, ma semplicemente perché bisogna spiegarle le cose, bisogna che la gente capisca che cosa c'è dietro la dichiarazione di un politico e dietro la risposta di un altro altrimenti ritorniamo a Forcella e parliamo soltanto a 1500 persone. Per fortuna chi ci ascolta, chi ascolta il servizio pubblico della Rai, è un pubblico molto, molto, molto, molto più grande… Io non so se quello che faccio lo faccio bene, vi posso semplicemente dire che lo faccio con grande passione e con grande buona fede.

Stefano Trasatti

E' anche vero che il giornale radio si può permettere delle cose che la tv non può e quindi avete voi questo vantaggio. Entrando dentro a questo tema che ovviamente è irrisolvibile, ti chiedo se un pò di politica in meno ci può stare dentro l'informazione italiana e non parlo solo del pastone politico o dello spazio dedicato alla politica; ad esempio qui stamattina e ieri abbiamo trattato dei temi come l'immigrazione, fine della vita, finanza, Calabria... non è che questi temi non vengono trattati, è che vengono trattati sempre in chiave politica: sul fine vita parlano i politici, sull'immigrazione si parla in quel linguaggio lì… Ti chiedo come si fa a scardinare questo e se voi della radio ne avete il potere...

Antonio Preziosi

Io sono la persona sbagliata a cui fare questa domanda e sai perché? Perché sono fortunato, ho tanto spazio a disposizione che non è soltanto quello del giornale radio ma anche quello di un canale che ormai 24 ore su 24 è completamente dedicato l'informazione e all'approfondimento, per cui veramente non ho molti sensi di colpa. Spiego la politica proprio come ho detto prima, facendo anche un po' di autoironia, forse un po' al di là del dosaggio medio giornaliero, però proprio con l'intento di far capire quello che sta succedendo, però non la butto tutta in politica...

Stefano Trasatti

Io lo chiedevo a te come giornalista che conosce molto bene la politica e che ha relazioni anche molto forti, ovviamente; insomma, come si può dare una chiave? L'anno scorso qui c'è stato Mario Calabresi, altro proveniente dalla scuola di giornalismo, giovane ancor più di te, che ha fatto una scelta unilaterale su La Stampa, dando meno pagine alla politica e in genere al fatto del giorno…

Antonio Preziosi

Non è un problema di dare più o meno spazio alla politica, è quello di porsi in coscienza di dare il giusto spazio alla politica o il giusto spazio alla cronaca, agli approfondimenti… Come si fa ad esempio a non cadere nel sospetto, e qui ti ribalto la domanda, che uno voglia fare ad esempio tanta cronaca proprio per nascondere magari dei problemi che ci sono di politica… Il problema secondo me è sviscerare il problema, di farlo nel day by day, istante per istante, volta per volta. Io non mi son dato una regola, non dico che i prezzi devono essere tutti lunghi un minuto e cinque e che la politica non deve superare i tre minuti o che la cronaca non deve superare i cinque minuti… Affronto il tutto nel momento della giornata per me più importante ossia durante la riunione di redazione; l'ho scritto anche nel mio piano editoriale, è quello il luogo dove si compone il giornale, dove si fa il giornale e non ci sono dei paletti, non ci sono delle linee rigide, per cui volta per volta, caso per caso, decido appunto qual è il dosaggio che bisogna dare alle singole situazioni, ai singoli fatti, ai singoli accadimenti. Naturalmente se ci sono da parte vostra delle proposte concrete delle quali io possa far tesoro, esattamente come 13 anni fa, tornando a Roma in auto poi le rielaborerò, me le porterò con me, ma credo che al momento sia questo la cosa più saggia e più giusta da fare nell'articolazione, diciamo così, giornaliera.

StefanoTrasatti

Noi non abbiamo da lamentarci, anzi delle testate abbonate probabilmente il Giornale Radio è quella che usa di più Redattore Sociale e si vede...

* Testo non rivisto dagli autori.